Daniele è un tiranno, ma un tiranno che sa il fatto suo. Non mi lascia un attimo di respiro spingendomi un po' oltre i miei limiti di resistenza ma senza forzare troppo. Dopo un'ora di tortura, quando il mio corpo issa bandiera bianca, finalmente si decide a lasciarmi libera di gettarmi sotto la doccia.
Sospiro soddisfatta. Il mio primo giorno è terminato e io sono assurdamente felice di essere arrivata fino in fondo, felice di constatare che non è stato così terribile, felice che sia finita.
Non mi resta che salutare Clarisse. Busso leggermente sulla porta del suo studio e la apro senza riflettere. Con un colpo al cuore mi accorgo che lei non c'è. Di spalle alla porta, sprofondato nella poltrona dietro la scrivania, al suo posto c'è Kyle che parla al telefono.
«Non mi rifilare queste stronzate patetiche, risolvi la questione, immediatamente o lo farò io a modo mio.» dice gelido paralizzandomi sul posto.
Non sono le sue parole, ma il tono di voce che usa: quella calma glaciale, fredda, spietata che non ammette repliche. Non ha mai usato questo tono con me, neanche la volta che si è intrufolato nella mia stanza.
Capisco in batter d'occhio che non dovrei essere qui, che non sono affari miei, che devo andarmene prima che si accorga della mia presenza. Forse se scivolo silenziosamente verso l'uscita senza fare troppo rumore ...
«Rimani dove sei, ragazzina. Non ti morderò.» Ordina Kyle facendo ruotare lentamente la poltrona su se stessa. «Non oggi almeno.» aggiunge perfido.
Senza una parola per il suo interlocutore chiude la conversazione di scatto lanciando il cellulare sul mogano scuro della scrivania prima di fissarmi attento. Dalla luce che gli brilla nello sguardo sarei quasi tentata di pensare che sia felice di vedermi ma scaccio risolutamente questa idea dalla mente. Non lo voglio felice. In questo momento la mia unica preoccupazione è come uscire il più rapidamente possibile da quella porta.
«Sono venuta a salutare. Vado a casa.» La mia voce è un po' stridula ma perfettamente udibile. Lui non dà alcun peso a quello che dico. Si alza in piedi, fa il giro della scrivania e vi si appoggia leggermente accavallando una gamba sull'altra, perfettamente a suo agio, completamente padrone della situazione.
Non è un vero assenso il suo ma poiché non mi sta bloccando la strada non ho nessuna intenzione di aspettare la sua prossima mossa così faccio un passo verso la porta.
«Le lezioni di oggi non sono finite.» dice con tono piatto e queste poche parole bastono per bloccarmi mentre ogni singolo recettore del mio corpo si mette in allerta. Mi guardo intorno.
Clarisse non c'è. Che debba aspettarla? Lui non mi concede altre spiegazioni e io non ho il coraggio di chiederne. Lascio scivolare lo zaino a terra e appoggio la schiena alla porta quasi potesse darmi la forza che mi manca. Potrei sedermi in una delle comode poltroncine che sono di fronte la scrivania ma questo significherebbe avvicinarmi a Kyle e, per una ragione che non so spiegare, non ho voglia di farlo.
«Avvicinati.» Ordina con un tono che non ammette repliche ma io rimango impietrita al mio posto. «Così hai mentito quando dicevi di non aver paura di me?» So cosa sta cercando di fare, ma il trucchetto della psicologia inversa con me non funziona, non questa volta.
«Non ho paura di te.» Bisbiglio e sappiamo entrambi che è la verità. Mi sento in tanti modi quando lui è vicino: intimidita, infastidita, furente, in imbarazzo, ma mai minacciata. Mai.
«Se non hai paura di me allora hai paura di te stessa.» continua lui subdolo. Forse è così o forse non lo è ma non ho intenzione di scoprirlo adesso. Il fatto che non mi fa paura non vuol dire che io mi senta a mio agio da sola con lui in questa stanza. Tutt'altro.
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Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)
Literatura FemininaAvevo sempre odiato i cattivi ragazzi e lui era il peggiore: spocchioso, arrogante, tenebroso, arrivato a scuola scortato dalla polizia. Avrei dovuto sotterrare il mio senso di giustizia e lasciarlo a marcire nella melma da cui era arrivato, invece...