Capitolo 37

6.5K 250 32
                                    

Sono costretta a seguire Zac che mi ha artigliato un braccio e non si decide a mollarlo neanche per un secondo. Con un nodo allo stomaco mi giro a lanciare un ultimo sguardo irritato all'auto di Kyle che si allontana. Dannato lui. Non doveva mantenerla la sua dannata promessa. Non doveva lasciarmi andare con così tanta facilità. Non doveva guardarmi con quella malinconia negli occhi. No. Dannata me. Sono io che non avrei dovuto costringerlo a fermarsi. Adesso sarei insieme a lui a festeggiare e non trascinata quasi di peso verso un posto in cui non voglio andare, con una persona che sembra odiarmi. 

Zac. La sorte si fa beffe di me. Come si dice? Fai attenzione a quello che desideri perché potresti ottenerlo. Finché l'ho voluto lui non mi ha mai considerata e ora che sono finalmente riuscita a sbarazzarmi dell'oscuro potere che aveva su di me, lui decide di irrompere come un bulldog nella mia vita. Potrebbe tranquillamente mordermi da come continua a trascinarmi senza troppi riguardi.

«Mi fai male!» lo rimprovero e lui per tutta risposta mi spinge malamente dentro casa sbattendo con forza la porta alle sue spalle.

«E questa secondo te è un'entrata silenziosa? Non dovevamo sgattaiolare in bagno?» Lo rimbecco irritata.

Lui lancia le chiavi sul mobiletto d'ingresso e si toglie il giubbotto per appenderlo all'appendiabiti. Se la prende con comodo e quando risponde il tono che usa è più freddo dell'Antartide.

«Non c'è nessuno in casa.»

«Non lo avevo capito.» Ironizzo passandomi una mano tra i capelli. Lui segue il mio gesto con attenzione.

«Non ti spogli? » mi incalza avanzando minaccioso. Non so perché ma l'istinto mi suggerisce di stringermi la giacca ancora di più addosso, quasi fosse uno scudo protettivo.

«No?» Continua Zac. «Certo, sei già abbastanza nuda, non è vero?» prosegue di fronte al mio silenzio. Questa storia non mi piace. Non mi piace il modo sfrontato con cui mi squadra da capo a piedi e mi piacciono ancora meno le sentenze che sputa dalla bocca.

«Non fare lo stronzo. Come decido di vestirmi non sono affari tuoi. »  tendo  il mento verso alto. Chi crede di essere? Non ha nessun diritto di farmi una scenata del genere! Non ha nessun diritto di fare da giudice e giuria.

Però quando mi afferra per le spalle e mi scuote con forza, strabuzzo gli occhi sorpresa.

«Sarei io lo stronzo vero? » mi urla in faccia. Il suo sguardo furioso mi trafigge mentre cerco di divincolarmi dalla sua presa ferrea.

«Mi fai male, Zac. » protesto ma lui non ascolta preso com'è dalla sua follia.

«Non sono affari miei, vero? » Continua a stringere e a scuotermi sempre più forte finché non mi ritrovo contro il muro. «Cosa hai da nascondere? » mi urla in faccia disgustato lasciando finalmente la presa ma solo per armeggiare con la zip della mia giacca.

«Cosa ti sei messa? » A fatica cerco di ostacolarlo, combatto contro le sue mani da piovra che sembrano essere ovunque ma lui è più veloce di me e anche più determinato. Quando la zip cede sotto i suoi ripetuti attacchi sono già oltre il mio limite di sopportazione. Vuole vedere cosa ho indosso? Lo accontento. Mi sfilo la giacca e gliela tiro addosso.

«Contento adesso? » gli ringhio contro. Mi rendo conto di aver commesso un fatale errore con un attimo di ritardo. Le pupille dilatate, il respiro affannoso, Zac non è più in sé. Mi guarda famelico, con una luce carica di rancore negli occhi.

«Ti sei fatta scopare da Sanders. » mi accusa a denti stretti. Provo a scuotere la testa anche se so già che il mio tentativo di farlo ragionare cadrà nel vuoto. E' oltre ogni possibilità di ragionamento.

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora