Zac è sul piede di guerra. Ha in mente qualcosa ma non ha voluto assolutamente dirmi di cosa si tratta.
Il messaggio di Natascia continua a girarmi nella testa mentre il lunedì mattina affretto il passo lungo la salita che porta al liceo. Ormai conosco a memoria ogni singola pietra che calpesto, ogni buca, ogni albero, ogni anfratto. Dopo la prima curva a destra la salita diventa più ripida, più faticosa sotto il peso dello zaino ma ormai sono abituata. Niente potrebbe sorprendermi. Niente a parte Zac seduto sui gradini di marmo dell'ingresso che contempla il paesaggio con lo sguardo perso nel vuoto come se fosse in attesa di qualcosa o di qualcuno, bello come un sogno ma altrettanto lontano e irraggiungibile.
Mi fermo e inspiro forte. Il mio peggiore incubo sta per avverarsi: dovrò affrontarlo di nuovo, lo so. Quello che non so, è se voglio veramente farlo perché sono consapevole che quello di sabato è stato un puro miracolo e dubito seriamente di riuscire a fare una replica altrettanto dignitosa. Voglio dire, lui è pur sempre ... l'uomo dei miei sogni ed io sono pur sempre solo Samantha.
Ignaro del mio tormento, appena mi vede, Zac si scuote dalla sua immobilità e mi viene incontro con il suo passo deciso, le mani sprofondate nelle tasche. Mentre lo guardo avanzare il motivo per cui ha sempre avuto questo ascende su di me è proprio davanti ai miei occhi. Sono i suoi occhi blu come il mare in tempesta, i capelli biondi al vento, il suo modo di fare spavaldo e la sua innata capacità di sedurre chiunque sia nel suo raggio d'azione, ad abbagliarmi. Sì. Quando sono con lui mi sento come quando si fissa il sole. Mi ferisce gli occhi ma non riesco comunque a distogliere lo sguardo. Rimango immobile ad aspettare, ad aspettarlo.
«Buongiorno, Sam.» mormora con un sorriso che non raggiunge gli occhi. Non è né gentile, né rassicurante. E' solo una posa forzata la sua, un muscolo tirato per mascherare il suo vero stato d'animo ma io lo conosco troppo bene e l'ho osservato per troppo tempo per non vedere le sue vere emozioni: rabbia, dispetto, delusione. C'è un'accusa feroce dentro di lui. Non serve che la pronunci ad alta voce perché diventi reale. E' lì, nel tormento blu del suo sguardo, nella rigidità della sua postura. Quindi è così che stanno le cose? Adesso è anche colpa mia? La rabbia produce un inaspettato miracolo; mi fa scrollare rapidamente di dosso i miei sogni ad occhi aperti e anche le mie insicurezze per rispondergli come merita.
«Ciao Zac. Non riesci a trovare la strada per la tua aula?» ironizzo.
«Ti accompagno.» sibila lui mentre la maschera di naturalezza si dissolve nell'aria. Non è una gentilezza la sua ma un ordine impartito seccamente, senza possibilità di fuga.
«Non ce n'è bisogno.» ribatto decisa. Lui alza un sopracciglio scettico, come se la mia reticenza fosse superflua e anche non del tutto inaspettata per poi cambiare rapidamente atteggiamento.
Sorride di nuovo. Un altro sorriso falso anche questo. Quello del seduttore. Quello che ti fa credere di essere unica, irripetibile, meravigliosa. Conosco bene anche questo. Gliel'ho visto usare una marea di volta con le ragazze che voleva conquistare ma non lo ha mai usato con me, neanche una volta.
«Che cosa stai cercando di fare?» gli chiedo sospettosa quando il suo sguardo diventa più insidioso. Per tutta risposta lui afferra un mio riccio ribelle fra le dita e inizia a giocarci distrattamente come se il suo gesto fosse del tutto casuale ma non lo è.
«Non ti piaccio neanche un po' Sam?» domanda ammaliatore. Il colpo mi raggiunge il petto in un secondo. Fa male. Sanguina. Faccio un passo indietro incredula. Sta cercando di usare il suo fascino su di me, il traditore, non perché io gli interessi veramente ma solo per tenermi alla larga da Kile. Non avrei mai creduto che avrebbe potuto essere così crudele. Eppure per un secondo la tentazione di cedere, di abbandonare ogni lotta e arrendermi completamente nelle sue mani è un laccio sottile che mi si insinua sotto pelle fino a serrarmi la gola con così tanta forza da non permettermi di respirare. No. Non mi arrenderò. Ho scoperto di avere molta più forza di quella che pensavo ed è arrivato il momento di usarla.
Rispondo con un sorriso finto tanto quanto il suo. «Mi piaci moltissimo, Zac. É per questo che ti permetterò di accompagnarmi.»
Compiaciuto dalla mia arrendevolezza lui sogghigna e si fa da parte, tronfio della sua vittoria, convinto di poter ottenere tutto semplicemente schioccando le dita. Ridicolo. Non sa ancora cosa lo aspetta.
Mentre attraversiamo i corridoi gremiti di studenti tutti ci guardano camminare uno vicino all'altro. Zac, sorride e saluta esultante con un cenno della mano chiunque faccia anche solo il gesto di avvicinarsi per fermarci. Non vuole sfidare la sorte e fa bene. Non lo aspetterei. Lo sappiamo entrambi.
Io procedo incurante di tutto. Entro in classe con piglio sicuro. Faccio scivolare lo zaino dalla spalla, mi sfilo il cappotto pesante con lentezza premeditata, e lo appoggio alla sedia in trepidante attesa che il mio abbigliamento venga notato, poi aspetto. Aspetto che lui mi osservi da capo a piedi. Aspetto che recepisca bene il messaggio. Anche oggi sono vestita di nero e questa volta non è un caso. «Non pensare di potermi trattare come le sciacquette che ti porti dietro. » lo ammonisco. «Non sono come loro.»
L' espressione di Zac, per quanto cerchi di mascherarlo, diventa infuocata come un tizzone ardente in balia del vento.
«Non ne ho nessuna intenzione, Sam.» ribatte infatti. «Ma non pensare neanche per un secondo che io mi arrenda.» Strappa un foulard bordeaux dal collo di Natascia e me lo avvolge attorno al collo facendo leva con quello per attirarmi più vicino a lui. «Ci vediamo più tardi.» mi sussurra a un centimetro dal volto prima di allontanarsi verso il corridoio.
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Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)
ChickLitAvevo sempre odiato i cattivi ragazzi e lui era il peggiore: spocchioso, arrogante, tenebroso, arrivato a scuola scortato dalla polizia. Avrei dovuto sotterrare il mio senso di giustizia e lasciarlo a marcire nella melma da cui era arrivato, invece...