Venerdì. Quinto giorno.
Se ripenso ai periodi peggiori della mia seppur breve esistenza, non riesco a ricordarne nessuno in cui non sono riuscita a chiudere occhio per due notti di seguito. In genere la stanchezza ha il sopravvento su qualsiasi tipo di preoccupazione e mi permette, non di scivolare tra le braccia di Morfeo, ma di essere io stessa a trascinarmelo dietro come una zavorra.
Ho dormito come un ghiro il primo giorno di scuola; ho dormito quando, cadendo da un albero, mi sono fratturata il braccio in due punti; ho dormito per terra sotto le stelle, sulla spiaggia con la musica a palla, in macchina con in chiacchierio di sottofondo dei miei genitori; e ho dormito anche quando i vicini hanno ristrutturato casa demolendo tutto con un martello pneumatico.
Ho sempre pensato che se non fossi riuscita a decidere che lavoro fare, avrei optato per la collaudatrice di materassi. Ormai credo che questa carriera sia miseramente naufragata.
Ho perso il tocco magico e sbuffare o rigirarsi fra le coperte non porta a grandi risultati. Ho anche preso in considerazione di sgraffignare qualche sonnifero di quelli che usa mia nonna. Lei è così vecchia e rimbambita che sicuramente non ne sentirebbe la mancanza. Peccato che sia mia madre a occuparsi delle sue pillole e, poiché mantiene un conteggio rigoroso, neanche questa soluzione è praticabile.
Che cosa mi rimane da fare? Scrivere un SMS a Kyle. Sono le cinque del mattino? Pazienza. Mi aveva ordinato di usare il cellulare solo per le emergenze? Questo è solo un motivo in più per mandargli un bel messaggio e non un deterrente. Problema: cosa scrivo?
Ieri non ti sei fatto vedere. Tutto bene? Blea! Patetico. Cancello tutto e riprovo.
Dove diavolo ti sei cacciato ieri? Non penserai di poterti liberare di me così facilmente vero? No. Assurdo. É stato assente un solo giorno e non una settimana.
Ero presente quando hai chiamato Daniele e sono così preoccupata che non riesco a chiudere occhio. Dove sei? Scuto la testa sconsolata. Troppo vicino alla realtà.
Quando è ormai ora di alzarsi, e non ho ancora concluso niente, l'urlo di mia madre mi rimbomba nella testa come lo scoppio di un cannone a lunga gettata.
«Sam? É ora di andare a scuola!»
Perché mi ostino a mettere la sveglia se lei è molto più puntuale e molto più fastidiosa? I misteri della vita. No. Il vero mistero è come farò ad arrivare viva al pomeriggio.
Semplice: dormo sul banco tanto, a parte Natascia che mi guarda sempre più preoccupata, non se ne accorge nessuno.
Se John fosse stato presente, mi avrebbe martirizzata fino a farmi sputare ogni singola parola ma lui non c'è. Mi avrà già scritto un centinaio di e-mail ma il tormento telematico non è come quello fisico, non è stato particolarmente difficile rispondere senza raccontare assolutamente nulla. So che non appena lo rivedrò me la farà pagare ma ormai sto imparando l'arte di vivere alla giornata, senza preoccuparmi troppo del futuro.
Questa volta non suono semplicemente il campanello della porta di Clarisse ma ci rimango appiccicata finché la porta non si apre davanti a me permettendomi di catapultarmi dentro.
«Kyle dov'è?» la aggredisco senza indugi.
«Non mi tiene aggiornata dei suoi spostamenti.» C'è una nota di rammarico nella voce di Clarisse, quasi fosse dispiaciuta di non potermi aiutare.
«E come ti metti in contatto con lui se ne hai bisogno?».
Il cambiamento di Clarisse è repentino. Il suo volto diventa scuro come se quella possibilità fosse troppo pericolosa per essere anche solo presa in considerazione. «Non lo contatto e tu dovresti fare altrettanto.» Anche il tono che usa è serio, quasi il suo fosse un ordine più che un consiglio, ma io ormai sono ben oltre la ragionevolezza. Afferro il cellulare, digito il numero e aspetto con trepidazione di sentire gli squilli. Wind il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a riprovare più tardi. La voce pre-registrata dell'operatrice telefonica mi fa cadere nella più oscura disperazione.
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Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)
Chick-LitAvevo sempre odiato i cattivi ragazzi e lui era il peggiore: spocchioso, arrogante, tenebroso, arrivato a scuola scortato dalla polizia. Avrei dovuto sotterrare il mio senso di giustizia e lasciarlo a marcire nella melma da cui era arrivato, invece...