Capitolo 54

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A grande richiesta Sam e Kyle tornano per voi... anche solo con qualche capitolo.

Kyle POV

La porta si chiude senza fare alcun rumore ma io non trovo la forza di staccare gli occhi. Lei se n'è andata, come se ne vanno le cose belle, silenziosamente, senza voltarsi indietro neanche una volta, dicendomi addio senza una esitazione, triste, fiera,determinata.

«Ti amo.» bisbiglio nella stanza vuota, quando ormai non c'è nessuno che può udirmi se non me stesso.

Sì. Il fuoco dei suoi occhi mi ha stregato, il suo spirito indomito mi ha sedotto, la sua spontaneità ha fatto entrare una ventata di dolcezza nel mio cuore arido. E' un fiore cresciuto sull'asfalto. Bellissima, fragile e tenace al tempo stesso, da proteggere. Sì la amo, e non ho avuto il coraggio di dirglielo neanche una volta. Se ne è andata convinta che io l'abbia abbandonata, che l'abbia lasciata da sola ad affrontare tutto, Samantha. Scuoto la testa con rabbia, guardo la porta di fronte a me, e poi a terra. Non avrei dovuto cercarla, non avrei dovuto desiderarla. E' questa la mia vera colpa. Ho voluto essere una persona qualunque, uno tra mille, come quell'Alessandro,  avere la libertà di portarla al cinema, a prendere insieme un caffè, un gelato, poter passeggiare mano per mano per strada, senza dover temere di essere riconosciuto. Ho sognato di potermi liberare dei fantasmi del mio passato e ricominciare una vita nuova, diversa, una vita vera. Illuso. Sono stato un illuso ma la cosa peggiore è che il prezzo della mia superficialità sarà lei a pagarlo.

Mi squilla il cellulare. Non rispondo. Lo lascio suonare a lungo finché non torna muto. Squilla di nuovo, di nuovo e di nuovo ancora, quasi volesse anche lui darmi il tormento. Suona, vibra, si agita sul mogano scuro della scrivania finché non mi decido ad affrontare la realtà.

«E' arrivato il momento di incontrarci, non credi?»

Sbarro gli occhi, stringo le mani fino a far sbiancare le nocche delle dita e serro i denti. Di Vincenzo. Peggio di un serpente velenoso, si è tenuto nell'ombra per tutto questo tempo, ha saputo aspettare e adesso, con G. la suo fianco, vuole la rivincita.

«Dove e quando.» ribatto deciso.

«Mando una macchina a prenderti.»

Riaggancia subito dopo. Non ha bisogno di una conferma, sa che ci sarò. Mi guardo attorno confuso cercando di dominare la rabbia, la tristezza mentre i ricordi continuano a tornare a galla, non mi danno scampo. Perdere il sangue freddo in questo momento equivale a mandare in fumo tutti gli sforzi fatti fino ad ora, ne sono consapevole, eppure il mio cervello si arrovella sempre sullo stesso pensiero. Sapevo che poteva succedere. Sapevo che i mostri del mio passato potevano venire a galla. Sapevo che era pericoloso farla entrare nella mia vita. Adesso il mio peggiore incubo si è realizzato. Vuole usarla per manovrarmi, per tenermi in pugno, farmi diventare creta fra le sue mani. Mi prendo la testa tra le mani e mi tiro la radice dei capelli. Il dolore è mio amico. Mi permette di restare attaccato alla realtà, di non sprofondare nel buio della disperazione. Poi d'un tratto la porta si spalanca.

«Kyle, che cosa sta succedendo?» Alzo la testa di scatto. Clarisse e Daniele sono solo un altro colpo al cuore.

Sono entrambi preoccupati, ora cosa dovrei dirgli? Cosa farebbero se sapessero da chi sto andando? La vedo ancora Clarisse, dentro una vasca colma d'acqua, il viso esangue piegato in una posa innaturale, la bocca socchiusa, i polsi tagliati appoggiati alle piastrelle intrise di sangue fresco. C'è andata così vicina quella volta. L'abbiamo ripresa per i capelli. Non posso dirglielo. Distruggerei anche lei. E Daniele? Si è rifatto una vita ormai.

Mi alzo, mi trascino verso la porta e afferro la giacca di pelle.«Esco.» sussurro a testa bassa.

Riconosco subito la macchina che mi aspetta.

Una Mercedes nera con i vetri oscurati che sicuramente sono antiproiettile ,non si vede spesso da queste parti. Divora la strada silenziosa per uscire dalla città fino ad inerpicarsi nelle curve della collina. E' qui che vivono i vip, è qui che danno sfoggio della loro ricchezza, è qui che si consumano le peggiori atrocità dietro una parvenza di normalità.

Venti minuti dopo la macchina rallenta e si ferma, avanza di qualche metro e poi si ferma di nuovo. Il sistema di sicurezza, impenetrabile ci rallenta. Conto tre posti di blocco prima che l'auto si fermi definitivamente ma quando cerco di aprire la portiera, mi rendo conto che è bloccata. Devo aspettare l'autista per poter uscire.

Nella tana del capo due colossi mi scortano verso l'ala ovest della villa, oltre una doppia porta di metallo, verso una palestra grande come un campo da calcio, con un parquet tirato a lucido e un soffitto alto almeno sette metri. Qua e là ci sono materassini azzurri, oltre ad ogni attrezzo che ogni atleta possa desiderare, ma è il centro della stanza che cattura la mia attenzione. Su un ring da boxe di dimensioni regolamentari due sfidanti si fronteggiano : uno è Di Vincenzo, l'altro non so chi sia ma è in evidente difficoltà. E' giovane, robusto e con un'altezza fuori media, ma questo più che aiutarlo sembra ostacolare i suoi movimenti come se non avesse abbastanza dimestichezza con il suo corpo.

Di Vincenzo al contrario si muove pochissimo . Calmo e misurato conserva le energie, si china, schiva ogni colpo con impressionante rapidità. E' lui a dettare il ritmo mentre l'altro lo insegue sul ring tentando una reazione che viene bloccata con un avambraccio . Quando si decide a sferrare un attacco colpisce l'avversario in pieno stomaco assestando un calcio che va subito a segno. Il ragazzo si piega in due, barcolla incerto sulle gambe, non si regge in piedi, cerca un appoggio a terra per mantenere l'equilibrio.

«In piedi!» gli urla il boss.

Il giovane con un ringhio si alza e torna a fronteggiare l'avversario , nonostante il fiato corto e le gambe traballanti. Prende un sinistro in faccia, due calci al torace ma è il calcio all'inguine a metterlo carponi, battuto, esausto, privo di forze.

«Qui non c'è posta per la pietà.» Lo informa Di Vincenzo prendendogli la testa per i capelli. Con una ginocchiata in pieno volto lo stende definitivamente a terra.

«Poppante.» lo sento borbottare. «Trovatemi qualcun altro con cui allenarmi. » ordina sbrigativo mentre con calma gelida si avvicina al bordo del ring, solleva le corde e con un salto scende dal quadrato proprio di fronte a me. Sa che sono qui, sa che ho assistito alla scena. Sorride e chiede:

«Vorresti fare un round contro di me, Kyle?»

«Perché dovrei farlo? Ci ha già pensato Samantha a metterti al tappeto, no?» Di Vincenzo si blocca per un istante, solo un istante e mi osserva con l'attenzione di un falco. Valuta i miei punti deboli e il fatto che continuo a sostenere il suo esame gli piace, lo fa sorridere, freddo, implacabile.

«Ho sempre ammirato il tuo senso dell'umorismo.» ribatte.

«Che cosa vuoi?»

Lui allarga le braccia. «La tua attenzione.»

«Ce l'hai. »

«No, non ancora, ma conto di ottenerla. » Questa frase sibillina non suona come una minaccia, lo è. Ne sono certo. Sta macchinando qualcosa, ma cosa?

«Vieni, ti offro da bere. » Afferra l' asciugamano che gli viene teso da uno degli uomini della scorta, e si dirige verso l'uscita. Non è gentilezza la sua. Vuole portarmi in un posto preciso e io non ho altra scelta che seguirlo. Percorriamo lentamente un corridoio che sembra uscito da una rivista di moda con il suo arredo opulento e lussuoso, curato nei minimi dettagli, come pura ostentazione di ricchezza.  

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora