Capitolo 4

7.5K 246 2
                                    

L'atrio di rimpetto l'ufficio della preside è gremito di ragazzi che parlottano al alta voce. Riusciamo ad afferrare solo una parola: Sanders. Il nome mi è familiare ma faccio fatica ad associarlo a un volto. Natascia vedendo la mia faccia perplessa mi illumina: «Kyle Sanders! Quello nuovo! Sei tremenda. Sono settimane che ti parlo di lui e neanche ti ricordi come si chiama!» Le restituisco un sorriso finto. Il mio problema è che resetto completamente dalla memoria le informazioni che reputo non necessarie e sapere come si chiama il delinquente che frequenta la nostra scuola non è sicuramente un'informazione da immagazzinare. In ogni caso non avevo dubbi sul fatto che c'era lui dietro questa storia.

Qualunque cosa abbia combinato per mettersi nei guai non è una faccenda che mi riguarda, anzi sono assolutamente certa che questo rientra perfettamente nel suo modo di fare considerata la scena a cui ho assistito qualche ora prima. Guardo l'orologio accigliata. Voglio solo tornare a casa a leccarmi le ferite dell'ultima umiliazione subita dal prof di italiano, e non perdere tempo con queste stupidaggini. Purtroppo i miei amici non la pensano come me.

«Vado ad indagare.» propone John dileguandosi nel nulla mentre io sbuffo impaziente. In punta di piedi Natascia cerca di vedere oltre il muro di gente ma con scarsi risultati, allora afferra un ragazzo per la manica e chiede: «Sai cosa succede?» Il povero malcapitato eccitatissimo per essere stato interpellato arrossisce come un peperone: «Hanno arrestato Kyle Sanders.» «Per cosa?» Lo incalza Nat. Lui si stringe le spalle.«Non saprei.» Io sogghigno. Lo avranno arrestato per atti vandalici. Magari gli faranno ripulire il muro della scuola. Qualche minuto dopo arriva John un po' scompigliato.

«Grandi notizie ragazze. L'ufficio della preside è stato messo sottosopra. Hanno distrutto quasi tutto a parte il computer. Sospettano di Sanders.» Lo guardo stralunata. Ma come fa? E' più accurato, più veloce, più efficiente di un investigatore privato. Mi stringo le spalle.

«Niente di nuovo allora. Io vado a casa.» Non mi ascoltano. Sono troppo presi a confabulare tra di loro.

«Scusa ma come fanno a essere così sicuri che è stato lui?» chiede Natascia pensierosa.

«Alla quarta ora lui era assente e la preside si è assentata dalle undici e quaranta fino a mezzogiorno e mezza. Quando è tornata ha trovato il caos. Non può essere una coincidenza no? Con i suoi precedenti ...»

Non finisco di ascoltare le parole di John.Mi blocco sul posto. «Merda!» impreco senza ritegno portandomi una mano alla testa nel tentativo di fermare il concerto di tamburi che vi si sta scatenando. Quarta ora vuol dire undici e trenta - dodici e trenta, cioè stanza delle fotocopie. Lui era fuori della scuola e non poteva essere nell'ufficio della preside. Sento gli sguardi dei mie amici pesarmi addosso ma non ho il coraggio di guardarli. Forse era un sosia quello che ho visto. Magari l'ho scambiato per un altro, cerco di convincermi. Va bene qualsiasi spiegazione che metta a tacere la mia coscienza senza farmi immischiare in questa storia.

«Che succede, Sam?» Natascia mi guarda con aria interrogativa.

All'improvviso si crea un varco nella folla dei ragazzi assiepati nel corridoio. Un poliziotto in divisa spintona Sanders per farlo camminare più rapidamente. Lui lo incenerisce con lo sguardo, incurante della sua posizione di inferiorità, incurante delle conseguenze, tiene sempre la testa alta con fare sprezzante.

Quando lo vedo le forze mi abbandonano completamente. È lui. Non ci sono dubbi. Non posso mentire a me stessa. Sicuramente ha orchestrato tutto dal retro della scuola ma questo assolve la mia coscienza? Mi dibatto in un atroce dilemma: dico la verità o faccio finta di niente?

Facendo appello a un coraggio che non possiedo, gli lancio una fugace occhiata quando passa davanti a noi e rimango impietrita. Lui sorride. Un sorriso spavaldo, provocatorio ed è rivolto proprio a me. Sa che io so e forse si sta chiedendo se avrò il fegato di farmi avanti. Probabilmente pensa che me ne starò tranquilla in un angolo aspettando che lui venga scagionato per mancanza di prove. Il sangue mi arriva al cervello in un secondo e le mie gambe si muovono dotate di forza propria costringendomi a ostacolargli la strada.

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora