Capitolo 11

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Ovviamente questa notte non ho chiuso occhio. Mi sono girata e rigirata sotto le coperte finché non sono caduta in un dormiveglia agitato popolato di lupi e ombre che mi inseguivano senza tregua. E oggi alla prima ora c'è anche Bizzini. Non potrebbe andare peggio di così!

«Ciao, Sam.» mi saluta Zac mentre attraverso svogliatamente il portone d'ingresso. Mi fermo per osservarlo salire i gradini di marmo a due a due, mentre regala un sorriso malizioso a chiunque incontri. Sono già rossa come un peperone, e lo so, lo sto fissando un po' troppo a lungo. Chiunque potrebbe accorgersene, ma lui è così bello mentre cerca di domare con la mano un ciuffo ribelle e i suoi occhi sono così blu mentre saluta Claudio e ride di cuore. Ecco se adesso si girasse e mi guardasse penso che potrei anche toccare il cielo con un dito, ma lui si allontana e il suo posto c'è Kile Sanders che mi scruta attento. Apro la bocca senza sapere bene che cosa dire ma lui mi precede, volta le spalle e si allontana.

«Hai un aspetto orribile, Sam. Che cosa ti è successo?» Natascia mi accoglie con la sua solita delicatezza.

«Non ho dormito.» borbotto appoggiando lo zaino sul banco con uno sbadiglio.

«Tu? Non hai dormito?» mi guarda stralunata. Capisco perfettamente il suo sbalordimento e per un secondo nel cuore mi s'insinua un insensato desiderio.

«Allora?» m'incalza lei. Sarebbe così semplice raccontarle tutto ma in un attimo la vedo riversa sull'asfalto, completamente insanguinata, ferita, distrutta e sarebbe solo colpa mia. Non posso dirle niente.

Il bip del cellulare mi dà una scusa buona per non rispondere. Ci vediamo dove hai parcheggiato il motorino, dopo la scuola. Numero sconosciuto. É lui non ho dubbi. Stringo con forza i denti. Un altro bip. Ho quasi paura ad aprire il messaggio. ASPETTAMI. Arg! Ha usato le maiuscole. Chi crede di essere questo tizio per potermi comandare a bacchetta? Inserisco una risposta rapida. NO. Poi spengo il cellulare ghignando soddisfatta.

«Chi era?» Chiede Natascia allungando il collo curiosa. Adesso cosa m'invento?

«Mia madre.» Sospiro facendo un sorriso tirato. Lei non se l'è bevuta neanche un po'. «Ieri sera mi ha dato il tormento. Sai la storia di Sanders, il fatto che non ho ragazzi.» aggiungo nervosa agitando una mano nel tentativo di essere il più convincente possibile. «Piuttosto sai che fine ha fatto John?» Lo cerco con lo sguardo. È strano per lui arrivare in ritardo.

Lei distoglie lo sguardo e si guarda le scarpe, giocando distrattamente con una ciocca di capelli. «Non ne ho la più pallida idea.» È evidente che sta mentendo ed io dovrei metterla sotto torchio e farle sputare la verità fino all'ultima parola ma non ne ho la forza. Almeno sono riuscita a distrarla.

La mattinata passa al rallentatore tra l'assenza di John che è anche irraggiungibile al cellulare e la spada di Damocle dell'appuntamento.

Ho deciso che la fuga è la mia opzione più ragionevole quindi l'ultima ora la passo facendo dondolare una gamba e guardando l'orologio. Tutte le mie cose sono pronte dieci minuti prima della fine delle lezioni e appena suona la campanella mi catapulto fuori come una scheggia.

In un minuto sono già accanto al mio motorino a guardarmi intorno agitata. Lui non è ancora arrivato. Bene. Mi chino per sganciare la catena dalla ruota. Qual è la combinazione? 7869. Non funziona. Riprovo. 7896. Chiudo gli occhi per un attimo mentre la vena della fronte mi pulsa un po' troppo rapidamente. Calma. Un bel respiro profondo e riproviamo. La prima cifra è un sette, sono sicura. Quasi. Poi potrebbe essere sei, otto, nove. Non funziona. Tiro la catena con rabbia. Non è possibile dimenticare la combinazione. E adesso cosa faccio? Pian piano il parcheggio si svuota lasciandomi da sola ad andare incontro al mio destino che ha nome e cognome: Kile Sanders.

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora