Capitolo 45

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La relatività del tempo; non bisogna essere Einstein per sperimentarla sulla propria pelle. Mi scivola fra le dita alla rapidità della luce quando sono felice e rallenta inesorabilmente fino a congelarsi se sono preoccupata o in ansia. Misurare la stanza, torcersi le mani, tormentare i capelli, arrovellarsi le budella, niente può convincerlo a modificare il suo passo. Inesorabile, il rintocco dei secondi conta le mie pene e le amplifica fino a farle diventare dei giganti con volti deformi. Dov'è Kyle? Cosa sta facendo?

Lo squillo del cellulare mi fa sobbalzare ma, invece di affrettarmi per rispondere, mi muovo al rallentatore. La gamba si solleva, si piega, si distende e quando la pianta del piede poggia a terra l'altro piede torna ad alzarsi in un sincronismo perfetto. Quando sono sufficientemente vicina all'oggetto dei miei desideri, un altro squillo mi scava i timpani delle orecchie ma io, con il respiro affannato e lo sguardo vitreo, non riesco ad allungare la mano per rispondere. Tutto rimane pietrificato come se il mio cervello fosse troppo piccolo per riuscire ad afferrare tutte le conseguenze di una singola azione che come una bomba dispiega inesorabilmente la sua onda d'urto. Non ho nessuna possibilità di fuggire. Nessuna possibilità di evitarne le conseguenze se non fermare il tempo.

«Non rispondi, Sam? » mi incita Clarisse. Mi giro verso di lei senza vederla poi sbatto le palpebre. In meno di un istante tutto riprende a scorrere e i miei muscoli si muovono senza che io abbia dato alcun comando. Guardo l'immagine sul cellulare. Natascia.

«Pronto?» balbetto stringendo la cornetta come se fosse la mia unica ancora di salvezza.

«Sam. Zac è all'ospedale. E' stato aggredito da tre teppisti.» Provo ad aprire bocca per dire qualcosa, per avere maggiori informazioni ma ho la gola arida, la lingua gonfia.

«Kyle.» Sento singhiozzare Natascia. Chiudo gli occhi e mi passo una mano tra i ricci ribelli. Mi rendo solo vagamente conto di tremare. Perderò anche la mia migliore amica adesso?

«Kyle, lo ha salvato.» Bisbiglia lei.

Sì. Lo so che è stato Kyle. Ho provato a fermarlo. Non ci sono riuscita. Una lacrima silenziosa mi riga il volto. Perché nessuno mi dà mai ascolto? «Kyle ha chiamato il 118.» Continua a farneticare Natascia.

Un momento. Ci deve essere un errore. Ha detto che Kyle lo ha salvato? «Kyle, ha fatto cosa?» ripeto.

«Kyle lo ha salvato. Ha allontanato i teppisti e ha chiamato il 118. Ho sentito dire che lo hanno portato alla centrale di polizia per interrogarlo.»

Le parole di Natascia si fanno strada dentro il mio cervello lentamente ma inesorabilmente. Calde lacrime adesso mi rigano il volto. Non lo ha ucciso. Lo ha salvato! Lo ha salvato? Dopo quello che mi ha fatto si è preso la briga di salvarlo? Perché? Era inferocito quando è andato via da casa mia. Cosa è successo nel frattempo da fargli cambiare idea? Sì. Mi scoppia il cervello. Non so neanche io che cosa voglio. Credevo di non volere vendetta ma forse in fondo... stringo la cornetta con foga eccessiva.

«Kyle è stato arrestato?»

«No. E' un testimone. Deve descrivere gli aggressori. Zac adesso è in sala operatoria. Gli riducono le fratture ma i medici dicono che se la caverà.»

Dopo un rapido saluto che io non riesco neanche a sentire, Natascia riaggancia e io mi accascio sulla poltroncina. Zac aggredito. Kyle che lo salva. Niente ha senso. Niente. Neanche il fuoco che mi avvolge nelle sue spire. Rabbia. Dolore e anche paura. Sì, paura, ma di cosa?

«Sam?» Chiede Clarisse allarmata ma io non ho il tempo di rispondere perché il mio cellulare squilla di nuovo. E' John questa volta.

«Sono quasi davanti Via Togliatti. Scendi, ti accompagno a casa.»

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora