62 - Sei una ragazzina

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Non soddisfatto di fissarmi dall'alto al basso di fianco a me, Kyle fa una mossa inconsulta. Scavalca il mio corpo con una gamba e si posiziona a gambe divaricate sopra di me.
«Venti. » Insiste serio mentre mi guarda dritta negli occhi.

Lo osservo dal basso delle ciglia, non ne posso fare a meno e il mio cuore prende una rincorsa sfrenata. Perché il suo corpo scultoreo mi attira ancora come una calamita e per il modo in cui mi fa sentire, fragile, delicata e in suo completo dominio. Non dovrebbe piacermi la posizione di inferiorità in cui mi lascia, non dovrei sentirmi andare a fuoco. La rabbia, quella è qualcosa che posso gestire, il desiderio insensato che ho di farmi divorare da lui, un po' meno.

Siamo soli in questo momento. Io potrei sputargli addosso tutto il veleno che ho accumulato nell'ultima ora e lui potrebbe... scuoto la testa per scacciare l'immagine che si è costruita in un istante nella mia mente. Lui sulle mie labbra, che me le divora, che mi rivendica ancora una volta come sua. Invece non succede niente. Io  me ne sto zitta ad osservarlo, ad aspettare che faccia qualcosa e lui non aggiunge altro se non i suoi occhi di fuoco su di me che non mi danno tregua. Dannato Kyle, dannato il suo fascino, dannata la sua prepotenza.

È arrabbiato con me. Lo percepisco dalla rigidità del suo corpo marmoreo e dal suo sguardo fermo.  Non ne capisco il motivo. Sono io a non essere stata considerata, io quella con la voglia di urlare:" che cavolo sta succedendo?", io, io, solo io.  Allora mi sollevo sui gomiti. Stringo i denti. Non li faccio i suoi esercizi. Perché dovrei?

E lui cosa fa? Si piega sulle ginocchia, non abbastanza da poggiare sul mio bacino, ma a sufficienza da tenermi incastrata sotto di lui. Vigliacco. Lo conosce il mio corpo. La conosce alla perfezione la  mia a lui. Se prima ero rossa ora vado a fuoco e ho il fiato corto, ma non ho intenzione di cedere.

«No. » Ribatto perché non ci voglio rinunciare al mio orgoglio, anche se la voce un po' mi trema, anche se quasi non mi ricordo più il motivo per cui sono distesa a terra a dirgli di no, quando tutto il mio corpo mi urla di gettargli le braccia al collo e stringerlo a me. Mi rendo conto che non è solo l'orgoglio a frenarmi, c'è anche la paura infida di essere rifiutata. Non lo sopporterei se lui lo facesse, andrei in mille pezzettini. Allora sto zitta, caparbia, infelice, scura.

«Sam... » Mormora a denti stretti e io mi inviperisco perché non può chiamarmi in quel modo, soprattutto non se fino a poco tempo fa mi ha dato del lei e mi ha torturata in ogni modo possibile.

E sono incavolata come una fiera con me stessa, perché ancora una volta sentire il mio nome su quelle labbra di velluto mi fa perdere la cognizione del tempo e dello spazio, in un sospiro che rimane sospeso a mezz'aria, condiviso tra di noi. E lui lo capisce. Non so come, sembra che riesca a scavarmi dentro, in luoghi in cui perfino io ho paura ad accedere. Mi pesa, mi osserva e insiste.

«Venti addominali signorina Rush. »  Con crudele determinazione mi sfida a sfidarlo.

È una lotta di volontà la nostra sfida. Gli esercizi non c'entrano niente. Cosa vuole? Vuole che io mi pieghi? Che mi arrenda? Non lo capisco, come non capisco niente in questo momento. So solo che non ho nessuna intenzione di muoversi, così come non ce l'ha neanche lui.

Si avvicina di più e io sento solo la pressione dei suoi muscoli sui fianchi, il calore del suo corpo, il profumo della sua pelle, inebriante come il più peccaminoso frutto proibito dell'eden.

Quando si china in avanti e poggia le mani lati della mia testa sono già persa. Ha vinto lui, farò qualsiasi cosa mi chiederà  quando me lo chiederà, solo perché è lui a farlo.  Deve solo ribadire ancora una volta il suo volere, impormelo. Io lo so, Kyle lo sa.

Non capisco perché si ostina a rimanere in silenzio a torturarmi con la sua presenza, vicina ma non abbastanza.
«Sei una ragazzina. » Borbotta all'improvviso. Non è un'accusa la sua, è solo la constatazione di un dato di fatto che non posso in alcun modo confutare.

Si alza, mi libera dalla sua presa e risucchia dentro di sé tutto il calore della stanza.

Nooo. Mi vieni voglia di urlare mentre un pezzo di cuore mi si stacca dal petto. Era quello che volevo, no? Mi ha lasciata la vittoria eppur mai come in questo momento il mio puntiglio mi sembra sciocco e infantile. Capisco. Era solo un pretesto per urlargli contro il mio dolore.

A fatica mi alzo da terra sotto il suo sguardo attento, serio, imperturbabile.  Ha eretto un muro fra di noi. Alto fino al cielo o forse più e ora mi impedisce di vedere e capire cosa sente davvero.

Capisco che se la sua rabbia mi turbava, la sua indifferenza è peggio di un coltello infilato tra le viscere che mi dissangua a poco a poco.

«Niente di diverso rispetto a ieri o a domani. » Rispondo con una freddezza che sono ben lungo dal provare.

Annuisce solo con la testa mentre fa un passo indietro per farmi spazio.

«Professore noi stiamo andando via. »
È la voce di Mandy con un tempismo perfetto a costringere entrambi a tornare alla dura realtà:  quella di una studentessa e un professore separati da una linea invisibile che non può essere oltrepassata.

Lo sento lo sguardo della mia compagna che ci fissa con morbosa curiosità.
«Può andare anche lei Signorina Rush. » Dice Kyle e io serro i pugni. Non c'è tempo per le spiegazioni e non c'è spazio per un confronto perché la stronza rimane sulla soglia ad aspettare che io vada via in attesa di prendere il mio posto.

Giro sui tacchi e mi allontano. Prima di uscire però mi volto a guardare Kyle per un'ultima volta. Se crede davvero di potermi trattare in questo modo senza alcuna spiegazione si sbaglia di grosso. Per quanto lo possa evitare prima o poi sarà costretto a dirmi che cosa è successo nelle ultime ventiquattrore ore da cambiare in modo radicale il suo comportamento.

Esco sbattendo la porta dello spogliatoio e quando arrivo al mio armadietto,  chiudo con così tanta  rabbia anche quello che il suono rimbomba nel locale deserto come un monito acuto.

Perché? Perché? Perché? D'un tratto la doccia non ha molta importanza. Niente lo ha se non le spiegazioni.

Torno sui miei passi, lo cerco, lo trovo, ancora in palestra con la cara Mandy che cerca di flirtare spudoratamente con lui. Kyle non la asseconda, ma non la manda via. Sembra che si diverta a farsi corteggiare sotto i miei occhi, o a mettermi in difficoltà, oggi.

No. Questa volta non me ne andrò con la coda tra le gambe.
«Posso parlarle un attimo professore?»

Mandy non si sposta. Lui non le dice di andare via. Appoggiato al muro incrocia le braccia sul petto.
« Dica pure, Signorina Rush. » Acconsente.
«In privato, se possibile. » Aggiungo.

Ancora una volta sono con il fiato sospeso ad aspettare una sua parola, un suo cenno. Qualcosa gli brucia dentro, lo percepisco più che vederlo insieme ad un attimo di indecisione che gli incupisce lo sguardo.

È combattuto? Non riesco a capirlo perché lui è rapido a rimettersi in faccia la sua maschera di indifferenza, troppo. E lo vedo il suo rifiuto prima ancora che lo espliciti a parole.
«Non c'è niente che lei non possa dirmi davanti la sua compagna. » Asserisce mentre Mandy gongola come la sciocca che è.

«Mi viene da vomitare.» Ribatto poggiando una mano sullo stomaco e in parte è vero, in parte no.

La mia mezza verità sarebbe anche stata credibile dato che mi sento davvero uno straccetto, se non fosse per il fatto che appena pronuncio quelle parole Kyle scatta come una molla e io non riesco a trattenere un sorriso. Non è così indifferente come vuole sembrare. Questo per me è sufficiente.

«Vado in infermeria. » Continuo tornando sui miei passi. Non passa un secondo che Kyle mi affianca.
«La accompagno. » 

Sì, sarò anche una ragazzina, ma sono una ragazzina intelligente.

Il mio nome è Samantha Rush (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora