Capitolo 1 (seconda parte)

123 5 0
                                    

Anche se devo ammettere che tua madre è una donna estremamente attraente, per la sua età.»
«Li vedi quei tipi?» Clary puntò il dito con foga e quasi colpì una ragazza nera tutta curve che ballava lì accanto. La ragazza le lanciò un'occhiataccia. «Scusa... scusa!» Poi Clary tornò a voltarsi verso Simon. «Li vedi quei due tizi laggiù? Quelli vicino alla porta?»
Simon prima strizzò gli occhi e poi scrollò le spalle. «Non vedo niente.»
«Sono in due... stavano seguendo il tizio coi capelli blu...»
«Quello che ti piaceva?»
«Sì, ma non è questo il punto. Il biondo ha tirato fuori un coltello...»
«Sei sicura?» Simon cercò di vedere meglio e scosse il capo. «Io continuo a non vedere nessuno.»
«Sono sicura.»
Improvvisamente serio, Simon assunse un'aria determinata. «Vado a chiamare qualcuno della security. Tu stai qui. Si allontanò di gran carriera, facendosi strada tra la folla a spintoni.»
Clary si voltò appena in tempo per vedere il ragazzo biondo che si infilava dentro la porta con la scritta INGRESSO VIETATO, con l'amico alle calcagna.
La ragazza si guardò attorno: Simon stava ancora cercando di attraversare la pista da ballo, ma non è che facesse grandi progressi. Ora, anche se avesse urlato, nessuno l'avrebbe sentita, e prima del ritorno di Simon avrebbe potuto esser già successo qualcosa di terribile. Clary si morse forte il labbro inferiore e iniziò a insinuarsi fra la folla.

«Come ti chiami?»
Lei si voltò e sorrise. La poca luce che c'era nel magazzino entrava dalle alte finestre sbarrate e impolverate. Il pavimento era pieno di pile di cavi elettrici, rottami di palle stroboscopiche, latte di vernice avanzata.
«Isabelle» disse lei.
«Bel nome.» Lui avanzò, guardando dove metteva i piedi nel caso qualche cavo elettrico fosse ancora collegato. Nella luce fioca, lei sembrava semitrasparente, scolorata, ammantata di bianco come un angelo. Sarebbe stato bello farla cadere e... «Non ti ho mai visto qui.»
«Vuoi sapere se vengo qui spesso?» ridacchiò lei, coprendosi la bocca con una mano. Aveva una specie di braccialetto, sotto il polsino del vestito. Poi, mentre le si avvicinava, il ragazzo vide che non era un braccialetto, ma un disegno a inchiostro tracciato sulla pelle, una matrice di linee vorticose.
E si bloccò. «Tu sei...»
Non terminò la frase. La ragazza, muovendosi fulmineamente, lo colpì al petto con la mano aperta. Un colpo che l'avrebbe lasciato a terra senza fiato, se lui fosse stato un essere umano. Il ragazzo arretrò barcollando: ora lei aveva qualcosa in mano, una frusta, che lanciando scintillii dorati schioccò a terra, gli si attorcigliò alle caviglie e lo fece cadere. Il ragazzo si contorceva sul pavimento, con la frusta metallica che gli mordeva la pelle. Lei torreggiava davanti a lui, ridendo. Avrebbe dovuto capirlo: nessuna ragazza umana portava un vestito come quello di Isabelle. Lo indossava per coprirsi la pelle. Tutta la pelle.
Isabelle strattonò la frusta, stringendo la presa. Il suo sorriso scintillava come acqua velenosa. «È tutto vostro, ragazzi.»
Una bassa risata risuonò alle spalle del ragazzo, che si ritrovò delle mani addosso: mani che lo rimisero in piedi, mani che lo lanciarono contro una delle colonne di cemento, la pietra umida sulla schiena. Gli torsero le mani all'indietro e gli legarono i polsi con del filo dorato. Mentre si dibatteva, qualcuno uscì da dietro la colonna ed entrò nel suo campo visivo. Era un altro ragazzo, giovane come Isabelle e altrettanto bello. I suoi occhi fulvi scintillavano come schegge d'ambra. «Allora» disse. «Ce ne sono altri con te?»
Il ragazzo coi capelli blu sentiva che la circolazione interrotta dal filo metallico troppo stretto gli stava rendendo insensibili i polsi. «Altri cosa?»
«Finiscila.» L'altro ragazzo sollevò le braccia e le sue maniche scure scivolarono giù, mostrando le rune tracciate sui polsi, sul dorso delle mani, sui palmi. «Sai cosa sono.»
Dietro, dentro il suo cranio, la seconda serie di denti del ragazzo dai capelli blu iniziò a digrignare.
«Uno Shadowhunter, un Cacciatore» sibilò il demone.
Il ragazzo fece un sorriso da orecchio a orecchio. «Beccato» disse.

Clary aprì la porta del magazzino ed entrò. Per un istante pensò che non ci fosse nessuno. Le uniche finestre erano in alto ed erano munite di sbarre. Da lì entravano i deboli rumori della strada, il suono di clacson e di freni che stridevano. La stanza odorava di vernice vecchia e uno spesso strato di polvere copriva il pavimento, attraversato da impronte sbavate.
Qui non c'è nessuno, pensò guardandosi attorno sbalordita. Faceva freddo, in quella stanza, nonostante fosse agosto. Il sudore le si ghiacciò sulla schiena. Fece un passo avanti e un piede le si impigliò nei cavi elettrici. Si chinò per liberare la scarpa da ginnastica... e sentì delle voci. La risata di una ragazza, la risposta secca di un ragazzo. E quando si rialzò... li vide.
Era come se fossero sbucati fuori in un batter d'occhio. C'era la ragazza con il lungo vestito bianco e i capelli neri, che le scendevano lungo la schiena come alghe bagnate. Con lei c'erano i due ragazzi... quello alto con i capelli neri come i suoi e quello più basso e biondo, i cui capelli scintillavano come ottoni nella luce fioca che entrava dalle finestre. Era in piedi con le mani in tasca, di fronte al ragazzo coi capelli blu, che era legato a una colonna con una specie di corda di pianoforte, le mani tirate dietro la schiena, le gambe legate all'altezza delle caviglie. Aveva il volto teso per il dolore e la paura.
Con il cuore che le martellava nel petto, Clary si nascose dietro la colonna più vicina e diede un'occhiata furtiva. Vide il biondo camminare avanti e indietro, le braccia incrociate davanti al petto. «Allora?» disse. «Non mi hai ancora detto se qui ci sono altri come te.»
Come te? Clary si chiese di cosa stesse parlando. Forse era capitata in mezzo a una guerra tra gang.
«Non so di cosa parli» rispose il ragazzo coi capelli blu. Il suo tono di voce era sfrontato, nonostante il dolore.
«Di altri demoni» disse il ragazzo moro disegnando la parola nell'aria con le dita. «Cittadini dell'Inferno e servi di Satana, secondo la religione. Ma, secondo il Conclave, tutti i tipi di spirito, potere o principio malevolo e maligno che si trovi fuori dalla nostra dimensione originaria...» «Basta così, Jace» lo fermò la ragazza.
«Isabelle ha ragione» disse il ragazzo con la giacca impermeabile. «Qui a nessuno serve una lezione di semantica... e neppure di demonologia.»
Sono pazzi, pensò Clary. Pazzi completi. Demoni? Altre dimensioni? Cosa diavolo sta succedendo qui?
Jace sollevò la testa e sorrise. C'era qualcosa di feroce in quel gesto, qualcosa che a Clary ricordò i documentari sui leoni: il modo in cui i grandi felini sollevano la testa per annusare l'aria alla ricerca della preda. «Isabelle e Alec pensano che io parli troppo» disse in tono confidenziale. «Anche tu pensi che io parli troppo?»
Il ragazzo coi capelli blu non rispose. Poi iniziò a muovere la bocca. «Potrei darvi delle informazioni» disse. «So dove si trova Valentine.»
Jace guardò Alec, che scrollò le spalle. «Valentine è sotto terra. Questo coso ci sta prendendo in giro.»
Isabelle scrollò i capelli. «Uccidilo, Jace» concluse. «Non ci dirà niente.»
Jace sollevò la mano, e Clary vide la luce riflettersi sul coltello che impugnava. Era stranamente trasparente, con una lama chiara come cristallo e affilata come una scheggia di vetro.
Il ragazzo legato sussultò. «Valentine è tornato!» protestò strattonando i cavi che gli stringevano le mani dietro la schiena. «Lo sanno tutti i Mondi Infernali... Io, lo so... e posso dirvi dove...»
All'improvviso gli occhi di ghiaccio di Jace furono invasi dalla rabbia. «Per l'Angelo, ogni volta che catturiamo uno di voi bastardi dite sempre di sapere dove si trova Valentine. Be', lo sappiamo anche noi dove si trova. All'Inferno. E tu...» sollevò il lungo coltello, la lama scintillante come una linea di fuoco «puoi raggiungerlo.»
Clary non poté resistere oltre. Uscì da dietro la colonna. «Fermi!» urlò. «Non potete farlo...»

Jace si voltò di scatto, tanto sorpreso che il coltello gli sfuggì di mano e cadde sul pavimento di cemento. Anche Isabelle e Alec si voltarono, entrambi con un'espressione di stupore dipinta in volto. Il ragazzo coi capelli blu rimase fermo dove si trovava, sbalordito e a bocca aperta.
Fu Alec a parlare per primo. «Cos'è?» chiese guardando ora Clary ora i suoi compagni, come se loro sapessero cosa ci faceva lì quella ragazza.
«È una ragazza» disse Jace riprendendo il proprio autocontrollo. «Sicuramente ti sarà già capitato di vederne qualcuna, Alec. Tua sorella Isabelle, ad esempio.» Fece un passo verso Clary, socchiudendo gli occhi come se non riuscisse a credere fino in fondo a ciò che aveva davanti. «Una mondana» disse come tra sé. «E ci può vedere.»
«Certo che vi posso vedere» disse Clary. «Non sono mica cieca.»
«Oh, sì che lo sei» disse Jace chinandosi a raccogliere il coltello. «Solo che non lo sai.» Si raddrizzò. «È meglio che tu esca di qui, te lo dico per il tuo bene.»
«Non vado da nessuna parte» si rifiutò Clary. «Se me ne vado, voi lo ucciderete.» Indicò il ragazzo coi capelli blu.
«È vero» ammise Jace, rigirandosi il coltello tra le dita. «E a te perché dovrebbe importare se lo uccidiamo o no?»
«Perché...» farfugliò Clary. «Perché non si può andare in giro a uccidere le persone.»
«Hai ragione» disse Jace. «Non si può andare in giro a uccidere le persone.» Poi indicò il ragazzo coi capelli blu, che aveva gli occhi socchiusi. Clary si chiese se fosse svenuto. «Ma quello che vedi non è una persona, ragazzina. Può anche avere l'aspetto di una persona, e parlare come una persona, e magari anche sanguinare come una persona. Ma è un mostro.»

Shadowhunters - Città di OssaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora