Capitolo 1 (terza parte)

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«Jace» lo richiamò Isabelle secca. «Basta così.»
«Tu sei pazzo» disse Clary arretrando. «Ho chiamato la polizia. Saranno qui da un momento all'altro.»
«Sta mentendo» disse Alec, ma sul suo volto si intuiva il dubbio. «Jace, tu...»
Non riuscì a finire la frase. In quell'istante il ragazzo coi capelli blu, con un urlo acuto e ferino si liberò dalle corde che lo tenevano legato alla colonna e si lanciò contro Jace.
Caddero a terra e rotolarono avvinghiati. Il ragazzo coi capelli blu lacerava la pelle di Jace con le mani che scintillavano come se le punte delle dita fossero di metallo. Clary arretrò: avrebbe voluto fuggire, ma inciampò in un rotolo di cavi elettrici, cadde e rimase a terra senza fiato per la botta. Sentì Isabelle strillare. Rotolò su un fianco e vide il ragazzo coi capelli blu seduto sul petto di Jace. Le punte dei suoi artigli affilati come rasoi luccicavano di sangue.
Isabelle e Alec corsero verso i due contendenti. Isabelle brandiva la sua frusta. Il ragazzo coi capelli blu cercò di colpire il volto di Jace coi suoi artigli, Jace sollevò un braccio per proteggersi, e gli artigli lo dilaniarono, facendo schizzare sangue dappertutto. Il ragazzo coi capelli blu tentò un nuovo affondo... quando la frusta di Isabelle si abbatté sulla sua schiena. Il ragazzo emise una specie di ululato e cadde su un fianco.
Veloce come la frusta di Isabelle, Jace rotolò di lato e nelle sue mani comparve di nuovo il coltello. Affondò la lama nel petto del ragazzo coi capelli blu. Un liquido nerastro esplose attorno all'elsa. Il ragazzo inarcò la schiena senza alzarsi dal pavimento. Jace si rimise in piedi con una smorfia. La sua camicia nera in alcuni punti era ancora più nera per il sangue che la infradiciava. Volse lo sguardo sulla figura che si contorceva ai suoi piedi, si abbassò, ed estrasse il coltello dal suo corpo. L'elsa era resa scivolosa da un fluido nero.
Gli occhi del ragazzo coi capelli blu si aprirono di scatto. Erano fissi su Jace e sembravano bruciare. Poi sibilò tra i denti: «Così sia. Il Rinnegato vi prenderà tutti.»
Jace parve quasi ringhiare. Gli occhi del ragazzo si rovesciarono all'indietro. Il suo corpo iniziò a tremare e a sussultare mentre si accartocciava, ripiegandosi su se stesso e facendosi sempre più piccolo, finché non scomparve del tutto.
Clary si rimise freneticamente in piedi, scalciando via il cavo elettrico. Iniziò a indietreggiare. Nessuno di loro le stava prestando attenzione... Alec aveva raggiunto Jace e gli stava tenendo il braccio. Gli tirava la manica, forse per dare un'occhiata alle ferite. Clary si voltò per scappare... e si trovò la strada bloccata da Isabelle, con la frusta in mano. La lunga arma dorata era macchiata di fluido nero. Scosse rapidamente la frusta verso Clary e la sua estremità le avvolse il polso. Clary sussultò di dolore e sorpresa.
«Stupida piccola mondana» disse Isabelle tra i denti. «Avresti potuto far uccidere Jace.»
«È pazzo» disse Clary cercando di liberarsi il polso. La frusta affondò ancora di più nella sua pelle. «Siete tutti pazzi. Cosa credete di essere, dei giustizieri della notte? La polizia...»
«La polizia non interviene se non c'è nessun cadavere» disse Jace. Attraversò la stanza ingombra di cavi stringendosi il braccio al petto e si avvicinò a Clary. Alec lo seguì con un'espressione arcigna in volto.
Clary diede uno sguardo al punto in cui era scomparso il ragazzo e non disse nulla. Non c'era nemmeno una macchia di sangue, nulla che potesse far credere che quel ragazzo fosse mai esistito.
«Quando muoiono tornano alla loro dimensione originaria» spiegò Jace.
«Nel caso te lo stessi chiedendo.»
«Jace» sibilò Alec. «Attento a quello che dici.»
Jace ritrasse il braccio. Sul volto aveva un macabro schizzo di sangue. A Clary continuava a ricordare un leone, con gli stessi occhi distanti e chiari e la criniera dorata. «Ci può vedere, Alec» disse. «Sa già fin troppo.» «E allora, cosa vuoi che faccia di lei?» chiese Isabelle.
«Lasciala andare» disse Jace tranquillamente. Isabelle gli lanciò uno sguardo sorpreso, quasi rabbioso, ma non fece discussioni. La frusta ebbe un fremito e liberò il braccio di Clary. La ragazza si massaggiò il polso indolenzito e si chiese come diavolo sarebbe uscita da quella situazione.
«Forse dovremmo portarla via con noi» disse Alec. «Scommetto che a
Hodge piacerebbe farci due chiacchiere.»
«Non esiste che la portiamo all'Istituto» disse Isabelle. «È una mondana.»
«Ne sei sicura?» disse Jace sottovoce. Il suo tono pacato faceva più paura del nervosismo di Isabelle o della rabbia di Alec. «Tu hai mai avuto a che fare con i demoni, ragazzina? Te ne sei andata in giro con gli stregoni? Hai parlato con i Figli della Notte? Hai...»
«Non chiamarmi ragazzina» lo interruppe Clary. «E non ho idea di cosa stia parlando.» Davvero? disse una voce nel retrobottega del suo cervello. Hai visto quel ragazzo scomparire nel nulla. E Jace non è pazzo... Ti piacerebbe che lo fosse, ma non è così. «Io non credo nei... nei demoni o in qualunque cosa voi...»
«Clary?» Era la voce di Simon. La ragazza si voltò di scatto. Il suo amico era sulla porta del magazzino e accanto a lui c'era uno dei buttafuori che facevano gli stampini all'ingresso. «Tutto bene?» Simon guardò la stanza semibuia alle spalle di Clary. «Cosa ci fai qui da sola?» le chiese. «E cosa è successo ai tizi... i tizi con i coltelli?»
Clary lo guardò e poi si guardò alle spalle e vide Jace, Isabelle e Alec. Alec aveva ancora la camicia insanguinata e il coltello in mano. Le sorrise e scrollò le spalle come se volesse scusarsi e prenderla in giro allo stesso tempo. Evidentemente non era stupito che né Simon né il buttafuori potessero vederli.
E in qualche modo non lo era nemmeno Clary. Si voltò lentamente verso Simon, intuendo come doveva apparirgli, sola in quel magazzino umido, i piedi avvolti nella plastica dei cavi elettrici. «Credevo fossero entrati qui» tentò di giustificarsi. «Ma mi sa che mi sono sbagliata. Mi spiace.» Il suo sguardo si spostò da Simon, la cui espressione stava passando dalla preoccupazione all'imbarazzo, al buttafuori, che sembrava infastidito. «Mi spiace davvero, sì.»
Sentì Isabelle che ridacchiava alle sue spalle.

«Non ci credo» disse Simon mentre Clary, ferma sul marciapiede, cercava disperatamente di fermare un taxi. Mentre erano nel locale, gli spazzini avevano pulito la Orchard e adesso la strada era nera e lucida di acqua saponata.
«Lo so» rispose lei. «Non ci si può proprio credere che sia così difficile trovare un taxi libero. Dove vanno tutti quanti, a mezzanotte di domenica?» Si voltò verso l'amico e scrollò le spalle. «Dici che potrebbe andarci meglio sulla Houston?»
«Non stavo parlando dei taxi» disse Simon. «Parlavo di te. Non ci credo. Non ci credo che quei tizi coi coltelli siano scomparsi nel nulla.»
Clary sospirò. «Forse non c'erano, quei tizi con i coltelli. Forse mi sono immaginata tutto.»
«Figurati.» Simon alzò la mano sopra la testa, ma il taxi in arrivo gli sfrecciò davanti schizzandolo d'acqua sporca. «Ho visto la faccia che avevi quando sono entrato nel magazzino. Eri completamente fuori, come se avessi visto un fantasma.»
Clary pensò a Jace e ai suoi occhi da felino. Si guardò il polso, attorno al quale era disegnato un sottile braccialetto rosso, nel punto in cui si era stretta la frusta di Isabelle. No, nessun fantasma, pensò. Era qualcosa di più strano di un fantasma.
«È stato semplicemente un errore» disse senza sbilanciarsi troppo. Si chiese perché non gli dicesse la verità. Be', forse perché a quel punto avrebbe pensato che era impazzita. E in quel che era successo, nel sangue nero che gocciolava dal coltello di Jace, nella sua voce quando gli aveva chiesto "Hai parlato con i Figli della Notte?", c'era qualcosa che Clary voleva tenere per sé.
«Be', è stato un errore molto imbarazzante» disse Simon. Diede un'occhiata al club alle sue spalle, dove una sottile coda serpeggiava ancora fuori dalla porta e arrivava a metà isolato. «Non credo che ci faranno più entrare, al Pandemonium.»
«Cosa te ne frega? Tu lo odi, il Pandemonium.» Clary sollevò ancora la mano, quando vide una sagoma gialla che si avvicinava a tutta velocità nella nebbia. Questa volta il taxi inchiodò in mezzo al loro incrocio e l'autista si attaccò al clacson, come se avesse bisogno di attirare la loro attenzione.
«Finalmente un po' di fortuna.» Simon aprì la portiera del taxi e si infilò sul sedile posteriore ricoperto di plastica. Clary lo seguì, inspirando il familiare odore di taxi newyorkese: fumo stantio di sigarette, pelle e lacca per capelli. «Brooklyn» disse Simon al taxista. Poi si voltò verso Clary:
«Senti, sai che a me puoi dire tutto, vero?»
Clary esitò per un istante, e poi annuì. «Certo, Simon» rispose. «Lo so.» Chiuse la portiera del taxi e l'auto partì nella notte.

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