Capitolo 13 (2^parte)

28 1 0
                                    

Jace, che continuava a serrare e riaprire le mani, sembrava sul punto di insultare Magnus, ma Alec si alzò in piedi e gli mise una mano sulla spalla. Clary nella semioscurità non vide bene, ma sembrava che Alec stesse stringendo abbastanza forte. «Dici sul serio?» chiese.
Magnus lo guardò con aria divertita. «Non sarebbe la prima volta.»
Jace sussurrò qualcosa ad Alec, che lo lasciò andare. Il ragazzo si avvicinò a Clary. «Stai bene?» le chiese sottovoce.
«Credo di sì. Non mi sento diversa...»
Magnus, in piedi accanto alla porta, schioccò le dita con un gesto impaziente. «Sbrigatevi, ragazzini. L'unica persona che ha il permesso di fare ciccipucci nella mia camera da letto è il vostro splendido ospite Magnus
Bane.»
«Fare ciccipucci?» ripeté Clary che non aveva mai sentito quell'espressione.
«Splendido?» ripeté Jace per fare l'attaccabrighe. Magnus ringhiò qualcosa che suonava come: «Fuori.»
Uscirono dalla stanza e Magnus restò indietro per chiudere a chiave la porta. L'atmosfera della festa a Clary parve essere leggermente cambiata. Forse era solo la sua visione lievemente alterata, ma tutto sembrava più chiaro e i contorni erano più cristallini e definiti. Guardò un gruppo di musicisti salire sul piccolo palco al centro della sala. Indossavano abiti sgargianti, color oro, viola e verde, e le loro voci alte erano nitide e affilate.
«Io odio le band di fate» borbottò Magnus, mentre i musicisti eseguivano un'altra canzone inquietante, la cui melodia era delicata e trasparente come il cristallo. «Non fanno altro che suonare ballate strappalacrime.»
Jace scoppiò a ridere mentre si guardava attorno. «Dov'è Isabelle?»
Un'ondata di senso di colpa assalì Clary. Si era scordata di Simon. Si voltò per cercare le sue ben note spalle ossute e la sua zazzera di capelli scuri. «Non lo vedo. Non li vedo, volevo dire.»
«Eccola.» Alec aveva individuato la sorella e le fece segno di avvicinarsi con un'espressione sollevata. «Vieni qui, Iz. E stai attenta al puka.»
«Stai attenta al puka?» ripeté Jace guardando un tizio magro con la pelle marrone e un gilet a disegno cashmere verde che stava fissando Isabelle.
«Prima, quando gli sono passato davanti, mi ha dato un pizzicotto» disse rigido Alec. «In una zona estremamente personale.»
«Be', mi sa che se è interessato alle tue zone estremamente personali, probabilmente non lo è a quelle di tua sorella.»
«Non necessariamente» disse Magnus. «Il Piccolo Popolo non va tanto per il sottile.»
Jace fece una smorfia allo stregone. «Sei ancora qui?»
Isabelle li raggiunse prima che Magnus potesse rispondere: aveva il volto di un rosa più intenso, con delle macchioline rosse e l'alito che sapeva d'alcol. «Jace! Alec! Dove siete stati? Vi ho cercati dappertutto...» «Dov'è Simon?» la interruppe Clary.
Isabelle barcollò. «È un ratto» disse sottovoce.
«Ti ha fatto qualcosa?» Alec era tutto preoccupazione fraterna. «Ti ha toccata? Se ha provato a...»
«No, Alec» disse Isabelle irritata. «Voglio dire che è un ratto. Letteralmente.»
«È ubriaca» disse Jace iniziando a voltarsi disgustato.
«No» si indignò Isabelle. «Be', forse un pochino, ma non è questo il punto. Il punto è che Simon ha bevuto uno di quei cocktail blu... io gli ho detto di non farlo, ma non ha voluto ascoltarmi... e si è trasformato in un topo.»
«Un topo?» ripeté Clary incredula. «Non vorrai dire...»
«Voglio dire un topo» ripeté Isabelle. «Piccolo. Grigio. Coda lunga.»
«Al Conclave non piacerà» disse Alec. «Sono abbastanza sicuro che trasformare i mondani in topi sia contro la Legge.»
«Tecnicamente non è stata lei a trasformarlo in un topo» puntualizzò Jace. «Il peggio di cui possa essere accusata è negligenza.»
«Ma chi se ne frega della vostra stupida Legge!» urlò Clary afferrando
Isabelle per un polso. «Il mio migliore amico è un topo!»
«Ahi!» Isabelle cercò di liberarsi il polso. «Lasciami andare!»
«Solo dopo che mi hai detto dov'è.» Clary non aveva mai desiderato prendere a pugni qualcuno come voleva fare con Isabelle in quel momento. «Non ci posso credere che tu lo abbia abbandonato... sarà terrorizzato...» «Se non lo hanno calpestato» sottolineò Jace con scarso tatto.
«Non sono stata io a lasciarlo lì... è corso sotto il bancone» protestò Isabelle indicando la zona bar. «Mollami! Mi stai rovinando il braccialetto.»
«Stronza» disse Clary furente lasciando andare il polso di Isabelle, che assunse un'espressione sbalordita. Clary non aspettò la sua reazione, ma si lanciò di corsa verso il bancone. Si buttò in ginocchio e sbirciò nello spazio buio sotto il bar. In quella semioscurità muffosa le sembrò di intravedere un paio di occhietti luccicanti.
«Simon?» disse con la voce strozzata. «Sei tu?»
Simon-il-topo si fece un po' più vicino, coi baffi che tremavano. Clary distinse il contorno delle sue piccole orecchie tondeggianti appiattite contro la testa e la punta affilata del naso. Cercò di reprimere un senso di repulsione... non le erano mai piaciuti i topi, con i loro denti squadrati e pronti a mordere. Avrebbe preferito che Simon fosse stato trasformato in un criceto.
«Sono io, Clary» disse lentamente. «Stai bene?»
Jace e gli altri la raggiunsero. Adesso Isabelle sembrava più infastidita che preoccupata. «È là sotto?» chiese Jace curioso.
Clary, ancora a carponi, annuì. «Ssh. Lo farete scappare.» Infilò le dita con molta cautela sotto il bancone e le mosse piano. «Dai, vieni fuori, Simon. Diremo a Magnus di annullare l'incantesimo. Andrà tutto bene.»
Si sentì uno squittio e il nasino rosa del topo spuntò da sotto il bancone. Con un'esclamazione di sollievo Clary lo prese in mano. «Simon! Hai capito quello che ho detto?!»
Il topo, accucciato nel palmo della sua mano, emise uno squittio depresso. Clary se lo strinse al petto, felicissima. «Oh, povero piccolo» cantilenò, quasi come se fosse un vero animaletto domestico. «Povero Simon, andrà tutto bene, te lo prometto...»
«Io non sarei tanto dispiaciuto per lui» disse Jace. «Probabilmente non è mai stato abbracciato così da una ragazza in tutta la sua vita.»
«Piantala!» Clary lo guardò furente, ma allentò la presa sul topo. L'animaletto aveva i baffi che tremavano, ma la ragazza non avrebbe saputo dire se era per la rabbia, l'agitazione o il terrore. «Chiamate Magnus» disse secca. «Dobbiamo ritrasformarlo.»
«Non c'è fretta.» Jace stava ridacchiando, il bastardo. Allungò una mano verso Simon, come se volesse coccolarlo. «È carino così. Guarda che bel nasino rosa.»
Simon scoprì i lunghi denti gialli e fece per morderlo. Jace ritrasse la mano. «Izzy, vai a cercare il nostro splendido ospite.» «Perché io?» protestò Isabelle.
«Perché è colpa tua se il mondano è diventato un topo, imbecille» disse, e Clary fu colpita da quanto raramente, a eccezione di Isabelle, pronunciassero il vero nome di Simon. «E non possiamo lasciarlo qui.»
«Saresti più che felice di lasciarlo qui, se non fosse per lei» disse Isabelle riuscendo a iniettare in quell'unica sillaba una quantità di veleno sufficiente a uccidere un elefante. Se ne andò con passo deciso, la gonna che le svolazzava sui fianchi.
«Non ci posso credere che ti abbia lasciato bere quella roba blu» disse Clary a Simon-il-topo. «Adesso avrai imparato cosa succede a fare gli stupidi.»
Simon squittì nervosamente. Clary sentì qualcuno ridacchiare, e quando sollevò lo sguardo vide Magnus che si chinava su di lei. Isabelle era alle sue spalle, l'espressione furiosa. «Rattus norvegicus» disse Magnus guardando Simon. «Un comune topo grigio, niente di esotico.»
«Non mi interessa che tipo di topo è» sbottò Clary. «Voglio che tu lo faccia tornare normale.»
Magnus si grattò la testa pensieroso, sollevando una nuvoletta di glitter.
«Non serve» disse.
«È quello che ho detto anch'io.» Jace sembrava contento.
«NON SERVE?» urlò Clary tanto forte che Simon nascose la testolina sotto il suo pollice. «COME FAI A DIRE CHE NON SERVE?!»
«Perché tornerà normale da solo nel giro di poche ore» disse Magnus. «L'effetto dei cocktail è temporaneo. Non ha senso fargli un incantesimo di trasformazione: servirebbe solo a traumatizzarlo. Troppa magia è difficile da reggere per i mondani, il loro sistema non ci è abituato.»
«Non credo che il suo sistema sia abituato a essere un topo» fece notare Clary. «Tu sei uno stregone, non puoi semplicemente annullare l'incantesimo?»
Magnus ci pensò un po' sopra. «No.»
«Vuoi dire che non vuoi farlo.»
«Non gratis, cara. E tu non ti puoi permettere i miei servigi.»
«Non posso nemmeno portarmi dietro un topo in metropolitana» si lamentò Clary. «Potrei farlo cadere, oppure mi arresterebbero per avere portato degli animali infestanti sui mezzi pubblici.» Simon emise uno stridio offeso. «Non che tu sia veramente infestante, certo.»
Una ragazza che urlava accanto alla porta era stata raggiunta da sei o set-
te altre persone. Il suono di voci arrabbiate si levò sopra il brusio della festa e le note della musica. Magnus levò gli occhi al soffitto. «Vogliate scusarmi» disse infilandosi fra la folla, che gli si chiuse subito dietro.
Isabelle sospirò barcollando sui sandali. «È stato proprio d'aiuto...»
«Be'» disse Alec «potresti sempre infilartelo nello zainetto.»
Clary gli lanciò un'occhiataccia, ma non riuscì a trovare nulla di sbagliato in quell'idea. E comunque non aveva tasche in cui metterlo: il vestito di Isabelle era troppo aderente perché potesse avere delle tasche. Clary trovava sorprendente anche solo il fatto che Isabelle potesse starci dentro.
Si scrollò lo zainetto dalle spalle e trovò un nascondiglio per il topino che era stato Simon, annidato tra la sua felpa arrotolata e l'album da disegno. Il topo si acciambellò sopra il portafogli con un'espressione risentita. «Mi dispiace» disse Clary.
«Lascia perdere» disse Jace. «Non capisco proprio perché voi mondani continuiate a prendervi la responsabilità di cose che non sono colpa vostra.
Non sei stata tu a costringere questo idiota a bersi quel cocktail.» «Se non fosse per me, lui non sarebbe nemmeno qui» disse piano Clary.
«Non sopravvalutarti. Lui è venuto per Isabelle.»
Clary chiuse lo zainetto con uno strattone rabbioso e si alzò in piedi.
«Andiamo via. Questo posto mi ha stufato.»
Il gruppo di persone urlanti sulla porta era composto da altri vampiri, facilmente riconoscibili dalla pelle pallida e dai capelli corvini. Se li devono tingere, pensò Clary. Non può essere che siano tutti mori naturali, e poi alcuni hanno le sopracciglia bionde. Si stavano lamentando rumorosamente del fatto che qualcuno aveva danneggiato le loro moto e che dei loro amici erano scomparsi nel nulla. «Probabilmente si sono ubriacati e sono svenuti da qualche parte» disse Magnus agitando annoiato un lungo dito bianco. «So benissimo come voialtri tendete a trasformarvi in pipistrelli o in mucchietti di polvere quando avete ingollato qualche Bloody Mary di troppo.»
«È un cocktail di vodka e sangue» spiegò Jace all'orecchio di Clary.
La pressione del suo respiro la fece rabbrividire. «Sì, l'avevo immaginato, grazie.»
«Non possiamo andarcene in giro a raccogliere tutta la polvere che c'è qui intorno nella speranza che domani mattina si trasformi in Gregor» disse una ragazza con la bocca imbronciata e le sopracciglia disegnate.
«Gregor non corre alcun rischio, non passo quasi mai la scopa qua dentro» la tranquillizzò Magnus. «Domani sarò lieto di rispedire a casa tutti i dispersi... in un'auto con i vetri oscurati, naturalmente.»
«E le nostre moto?» chiese un ragazzo magro con la crescita bionda sotto una pessima tintura. Dal lobo sinistro gli pendeva un orecchino a forma di paletto. «Ci vorranno ore per aggiustarle.»
«Avete tempo fino all'alba» disse Magnus che stava evidentemente perdendo la pazienza. «Vi consiglierei di iniziare a darvi da fare.» E poi, a voce più alta: «Va bene, basta così! La festa è finita! Tutti fuori!» Agitò le braccia spargendo in giro nuvolette di glitter.
La band smise di suonare con un forte pizzicato all'unisono. Un brusio di lamentele si alzò dagli invitati, che però si avviarono obbedienti verso la porta. Nessuno si fermò a ringraziare Magnus per la festa.
«Andiamo.» Jace spinse Clary verso l'uscita. C'era un sacco di gente. Clary si tenne lo zainetto davanti al petto, proteggendolo con le mani. Qualcuno la spintonò e lei urlò e si spostò di lato, andando quasi a sbattere contro Jace. Una mano le sfiorò lo zainetto. Clary sollevò lo sguardo e vide il vampiro coi capelli argentati e l'orecchino a forma di paletto che le sorrideva. «Ehi, carina» le disse. «Cos'hai nella borsa?»
«Acqua santa» disse Jace comparendo accanto a Clary come se fosse stato un genio biondo, sarcastico e dal pessimo carattere evocato lì per lì. «Perché, hai sete?»
«Oooh, un Cacciatore» disse il vampiro. «Che paura!» Strizzò l'occhio e tornò a confondersi nella folla.
«I vampiri sono delle tali primedonne» sospirò Magnus sulla porta.
«Non so proprio perché mi ostino a dare queste feste.» «Per il tuo gatto» gli ricordò Clary.
Magnus si rianimò. «È vero. Il presidente Miao merita tutti i miei sforzi.» Guardò la ragazza e il gruppetto di Cacciatori alle sue spalle. «Ve ne andate?»
Jace annuì. «Non vorremmo abusare della tua ospitalità.»
«Ma quale ospitalità?» disse Magnus. «Vorrei poter dire che è stato un piacere, ma non è così. Non che non siate tutti dei tipi carini. E per quanto riguarda te...» strizzò un occhio glitterato ad Alec, che reagì con un'espressione sbalordita «... chiamami quando vuoi.»
Alec arrossì e balbettò qualcosa, e probabilmente sarebbe andato avanti così tutta la notte se Jace non lo avesse preso per un gomito e trascinato verso la porta. Isabelle li seguì. Clary stava per fare lo stesso quando qualcosa le sfiorò un braccio: era Magnus. «Ho un messaggio per te» le disse.
«Da parte di tua madre.»
Clary restò tanto sbalordita che lasciò quasi cadere lo zainetto. «Da mia madre? Vuoi dire che ti ha chiesto di dirmi qualcosa?»
«Non esattamente» disse Magnus. Per una volta i suoi occhi felini, attraversati dalle pupille verticali come brecce in un muro verde e dorato, erano seri. «Però la conoscevo, in un modo diverso da come la conoscevi tu. Ha fatto quello che ha fatto per tenerti fuori da un mondo che odiava. Tutta la sua esistenza, la sua fuga, la latitanza... le sue bugie, come le chiami tu... avevano lo scopo di tenerti al sicuro. Non sprecare tutti i suoi sacrifici rischiando la vita. Lei non lo vorrebbe.»

Shadowhunters - Città di OssaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora