Capitolo 3 (1^parte)

75 5 0
                                    

capitolo 3
SHADOWHUNTERS

Quando arrivarono al Java Jones, Eric era già sul palco e ondeggiava davanti al microfono con gli occhi chiusi. Per l'occasione si era tinto di rosa le punte dei capelli. Alle sue spalle Matt, con l'aria strafatta, picchiava a intervalli irregolari su un bongo.
«Sarà uno schifo di gara» predisse Clary. Prese Simon per una manica e lo tirò verso la porta. «Se ci muoviamo subito possiamo ancora battercela.»
Lui scosse il capo con un'aria decisa. «Io sono un uomo di parola» disse tutto impettito. «Tu cerca un tavolino e io vado a prendere da bere. Cosa vuoi?»
«Caffè. Nero... come la mia anima.»
Simon si diresse verso il bancone borbottando qualcosa fra sé. Clary andò a cercare da sedersi.
Il locale era pieno, per essere un lunedì: la maggior parte dei divani e delle poltrone consunte era occupata da adolescenti che si godevano la loro uscita infrasettimanale. Il profumo del caffè e di sigarette speziate era ovunque. Alla fine Clary trovò un divanetto libero in un angolo semibuio in fondo alla sala. L'unica persona nei paraggi era una ragazza bionda con una canottiera arancione tutta presa a trafficare con il suo iPod. Bene, pensò Clary. Eric non riuscirà a trovarci qua dietro, dopo la lettura, così non potrà chiederci com'erano le poesie.
La bionda si protese sopra il bracciolo della sua poltrona e sfiorò la spalla di Clary. «Scusa.» Lei sollevò lo sguardo sorpresa. «Quello è il tuo ragazzo?» chiese la ragazza indicando qualcuno.
Clary seguì lo sguardo della ragazza, già pronta a rispondere: "No, non lo conosco", quando si accorse che quello che stava indicando era Simon. Era diretto verso di loro e aveva un'espressione concentrata, nel tentativo di non rovesciare due bicchieri di plastica. «Oh, no» disse Clary. «È un mio amico.»
La ragazza sorrise. «È carino. Ha la ragazza?»
Clary esitò un secondo di troppo prima di rispondere. «No.»
La ragazza assunse un'espressione sospettosa. «È gay?»
Clary poté evitare di rispondere a quest'ultima domanda, perché a quel punto Simon le aveva raggiunte. La ragazza si rimise subito a sedere, mentre Simon appoggiava i bicchieri sul tavolino e si stravaccava accanto a Clary. «Odio quando finiscono le tazze. Questi cosi scottano.» Si soffiò sulle dita e fece una smorfia. Clary cercò di nascondere un sorriso mentre lo guardava. Di solito non le capitava di chiedersi se Simon fosse carino o no. Be', aveva dei begli occhi scuri, e nell'ultimo anno aveva messo su un po' di muscoli. Con il taglio di capelli giusto...
«Mi stai fissando» disse Simon. «Perché mi fissi? Ho qualcosa in faccia?»
Glielo dovrei dire, pensò Clary, anche se una parte di lei era stranamente riluttante a farlo. Sarei una pessima amica se non lo facessi. «Non guardare subito, ma quella tipa bionda ti trova carino» sussurrò.
Gli occhi di Simon scattarono di lato a cercare la ragazza, che tentava di mostrarsi tutta presa dalla lettura di un manga. «Quella con la canottiera arancione?» Clary annuì. Simon sembrava dubbioso. «E cosa te lo fa pensare?»
Diglielo, forza, diglielo. Clary aprì la bocca per rispondere, ma fu interrotta dal sibilo di un amplificatore che andava in feedback. Trasalì e si coprì le orecchie, mentre Eric, sul palco, lottava con il suo microfono.
«Scusate, ragazzi!» urlò. «Allora, io sono Eric Churchill, e quello alle percussioni è il mio amico Matt. La mia prima poesia si chiama Senza titolo.» Fece una smorfia come se gli facesse male la pancia e si mise a ondeggiare davanti al microfono. «Venite, mio falso colosso e miei scellerati lombi! Spianate ogni protuberanza con arido zelo!»
Simon si insaccò sul divanetto. «Ti prego, non dire a nessuno che lo conosco.»
Clary ridacchiò. «Ma chi è che usa la parola "lombi"?»
«Eric» disse Simon con aria tetra. «Nelle sue poesie ci sono sempre, i lombi.»
«Turgido è il mio tormento!» ululò Eric. «L'agonia enfia di dentro!» «Cacchio!» disse Clary mentre si incassava nel divano accanto a Simon.
«Comunque, per quanto riguarda la ragazza che ti trova carino...»
«Lascia stare» disse Simon prendendo Clary in contropiede. «C'è una cosa di cui ti volevo parlare.»
«Le Talpe Furiose non mi sembra un buon nome per la band» lo prevenne Clary.
«Non era questo» disse Simon. «Riguarda la cosa di cui stavamo parlando prima. Il fatto che io non ho una ragazza.»
«Ah.» Clary scrollò le spalle. «Be', non saprei. Prova a chiedere di uscire a Jaida Jones» suggerì facendo il nome di una delle ragazze della St. Xavier che le piacevano davvero. «È simpatica e tu le piaci.»
«Non voglio uscire con Jaida Jones.»
«Perché no?» chiese Clary, trovandosi inaspettatamente a provare una fitta di vago risentimento. «Non ti piacciono le ragazze intelligenti? Vuoi una con un corpo da paura, come dici tu?»
«No» disse Simon, che appariva nervoso. «Non voglio chiederle di uscire perché non sarebbe giusto nei suoi confronti.»
La sua voce si era ridotta a un sussurro. Clary si chinò verso di lui. Con la coda dell'occhio vide che anche la ragazza bionda si protendeva verso di loro: stava evidentemente origliando. «Perché no?» «Perché mi piace un'altra persona» disse Simon.
«Ah, okay.» Simon sembrava un po' verdastro, come quella volta che si era rotto una caviglia giocando a calcio al parco e aveva dovuto tornare a casa saltellando. Clary si chiese come mai il fatto che gli piacesse qualcuno potesse mettergli addosso un'ansia del genere. «Non sei gay, vero?»
Simon si fece ancora più verde. «Se lo fossi mi vestirei meglio.»
«E allora chi è questa ragazza?» chiese Clary. Stava per aggiungere che, se si era innamorato di Sheila Barbarino, Eric l'avrebbe preso a calci nel sedere, quando sentì qualcuno tossire alle sue spalle. Era quel genere di colpo di tosse che si fa per camuffare una risata.
Si voltò.
Seduto su un divano verde stinto lì vicino c'era Jace. Indossava gli stessi abiti neri che aveva addosso l'altra volta. Le sue braccia erano nude e coperte di simboli scuri, di strani disegni di schemi e linee. Ai polsi portava grossi bracciali di metallo e da quello di sinistra Clary vide Spuntare il manico d'osso di un coltello. La stava guardando con l'angolo della bocca sollevato in una smorfia divertita. Ma il fatto di sentirsi derisa era niente in confronto all'assoluta convinzione che lì, pochi minuti prima, Jace non c'era.
«Cosa c'è?» Simon aveva seguito il suo sguardo, ma dalla sua espressio-
ne era evidente che non vedeva Jace.
Io però ti vedo. Pensando a questo, Clary fissò Jace, il quale sollevò una mano affusolata per salutarla. Un anello scintillò tra le sue dita. Il ragazzo si alzò in piedi e si avviò senza alcuna fretta verso la porta. Le labbra di Clary si dischiusero per la sorpresa. Jace se ne stava andando.
Sentì la mano di Simon sul braccio. Stava chiamando il suo nome, le stava chiedendo se c'era qualcosa che non andava. Lei lo sentiva a malapena. «Torno subito» gli disse senza pensarci, dopodiché schizzò giù dal divano, dimenticando quasi di appoggiare il bicchiere del caffè sul tavolino. Corse verso la porta, lasciandosi dietro Simon, che la fissava sbalordito.

Clary sfrecciò fuori col terrore che Jace fosse scomparso come un fantasma tra le ombre del vicolo. E invece era lì, appoggiato al muro. Aveva appena tirato fuori dalla tasca qualcosa e stava premendo dei pulsanti. Sollevò lo sguardo stupito quando la porta del locale si chiuse alle spalle della ragazza.
Nella luce del crepuscolo, i capelli di Jace sembravano di rame e d'oro.
«Le poesie del tuo amico sono spaventose» disse.
Clary fu colta in contropiede da quell'osservazione. «Cosa?»
«Ho detto che le sue poesie sono spaventose. Sembra che s'è mangiato un vocabolario e ha iniziato a vomitare fuori le parole a caso.»
«Non me ne frega niente delle poesie di Eric.» Clary era furente. «Voglio sapere perché mi stai seguendo.»
«E chi lo dice che ti sto seguendo?»
«Bel comportamento. E stavi pure origliando. Vuoi dirmi che storia è questa o preferisci che chiami la polizia?»
«Per dire cosa?» chiese Jace sprezzante. «Che ci sono dei tizi invisibili che ti danno fastidio? Fidati, ragazzina, la polizia non si metterà ad arrestare gente che non riesce nemmeno a vedere.»
«Non chiamarmi ragazzina» disse lei a denti stretti. «Mi chiamo Clary.»
«Lo so» disse Jace. «Bel nome. Come l'erba, la clary sage, la salvia sclarea. Una volta si credeva che mangiando i semi di quell'erba si potessero vedere le fate. Lo sapevi?»
«Non ho la minima idea di cosa stai dicendo.»
«Non sai un granché, vero?» disse Jace. Nei suoi occhi dorati c'era una sorta di indolente disprezzo. «Tu sembri una mondana come tutte le altre, eppure mi vedi. È un bel rompicapo.»
«Cos'è una mondana?»
«Una mortale. Una persona del mondo degli umani. Una come te.»
«Ma anche tu sei umano.»
«Sì» disse lui. «Ma non sono come te.» Il suo tono non era di chi sta sulla difensiva. Sembrava che non gli importasse che lei gli credesse oppure no.
«Tu ti credi migliore di noi» disse Clary. «Per questo ridevi, vero?»
«Stavo ridendo perché le dichiarazioni d'amore mi divertono, soprattutto quando si tratta di amori non corrisposti» disse. «E perché il tuo amico Simon è uno dei mondani più mondani che abbia mai incontrato. E perché Hodge ha detto che puoi essere pericolosa, ma se lo sei non te ne rendi conto.»

Shadowhunters - Città di OssaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora