«Perché» disse Jace lentamente «è solo da poco tempo che le donne possono diventare Cacciatrici come gli uomini. Voglio dire, ci sono sempre state donne nel Conclave. Studiavano le rune, creavano le armi, insegnavano le Arti Mortali. Ma pochissime erano guerriere, solo quelle che avevano abilità eccezionali. Dovevano lottare per essere addestrate. Maryse fa parte della prima generazione di donne del Conclave che sono state addestrate e credo che non abbia mai insegnato a Isabelle a cucinare per timore che, se l'avesse fatto, Isabelle sarebbe stata relegata per sempre in cucina.»
«E sarebbe successo?» chiese Clary curiosa. Pensò a Isabelle al Pandemonium, a quanto era sicura di sé e all'abilità con cui usava la sua frusta.
Jace sorrise. «No di certo. Isabelle è uno dei migliori Cacciatori che io abbia mai conosciuto.»
«È più brava di Alec?»
Church, che stava avanzando silenziosamente davanti a loro, si bloccò all'improvviso e miagolò verso una scala a chiocciola di ferro che si insinuava nella semioscurità sopra di loro. «Ah, è nella serra» disse Jace. Clary impiegò un istante a rendersi conto che stava parlando con il gatto.
«Non c'è da stupirsi.» «La serra?» chiese Clary.
Jace salì sul primo gradino. «A Hodge piace andarsene lassù. Coltiva piante medicinali, cose che ci possono servire. La maggior parte di esse cresce solo a Idris. Credo che gli ricordino casa sua.»
Clary lo seguì. I suoi passi risuonavano sui gradini di ferro, quelli di Jace no. «È più bravo di Isabelle?» chiese di nuovo. «Alec, intendo.»
Jace si fermò a guardarla, chinandosi dal gradino su cui si trovava come se stesse cadendo. Lei ricordò il sogno che aveva fatto: angeli che cadevano e bruciavano. «Più bravo?» le fece eco Jace. «A uccidere i demoni? No, direi di no. Non ne ha mai ucciso uno.»
«Davvero?»
«Non so perché. Forse perché si preoccupa sempre di proteggere me e Izzy.» Erano arrivati in cima alle scale. Li accolse una porta doppia decorata con bassorilievi di foglie e piante rampicanti. Jace la aprì con una spallata.
L'odore la colpì nell'istante in cui oltrepassò la porta: un odore verde, pungente, odore di cose che vivono e crescono, di terra e radici che si allungano. Si era aspettata qualcosa di più piccolo, qualcosa come la piccola serra dietro la St. Xavier's dove gli studenti di biologia clonavano i baccelli dei piselli e roba del genere. Questa invece era un'enorme sala dalle pareti di vetro fiancheggiata da alberi i cui rami carichi di foglie davano all'aria un respiro fresco e verde. C'erano cespugli pieni di bacche rosse, viola e nere, e alberelli da cui pendevano bizzarri frutti che non aveva mai visto.
Clary sospirò. «Profuma di...» Primavera, pensò. Prima che arrivi il caldo a bruciare le foglie e a far appassire i petali dei fiori.
«Casa» disse Jace. «Almeno per me.» Spostò di lato un grosso ramo frondoso e abbassò la testa per passarvi sotto. Clary lo seguì.
La serra, agli occhi non abituati di Clary, non corrispondeva ad alcuno schema particolare, ma ovunque guardasse c'era un'esplosione di colori: fiori violacei che si riversavano dal fianco di una siepe verdissima, un rampicante in cui erano incastonati boccioli arancione simili a gioielli. Alla fine, emersero in uno spazio aperto dove una bassa panchina di granito poggiava contro il tronco di una specie di salice piangente con foglie dalle sfumature argentee. In una vasca di pietra scintillava dell'acqua. Hodge era seduto sulla panchina, col suo corvo appollaiato sulla spalla. Stava fissando l'acqua con aria pensosa, ma quando si avvicinarono sollevò lo sguardo. Clary seguì la direzione dei suoi occhi e vide il tetto di vetro della serra che brillava sopra di loro come la superficie di un lago alla rovescia.
«Hai l'aria di uno che sta aspettando qualcosa» osservò Jace staccando una foglia da un ramo vicino e rigirandosela tra le dita. Per una persona tanto controllata, aveva un sacco di tic nervosi. Ma forse era solo perché gli piaceva essere sempre in movimento.
«Ero perso nei miei pensieri.» Hodge si alzò in piedi e allungò un braccio verso Hugo. Il sorriso svanì dal suo volto quando guardò bene i due ragazzi. «Cosa è successo? Sembrate...»
«Siamo stati attaccati» tagliò corto Jace. «Un Dimenticato.»
«Dei guerrieri Dimenticati? Qui?»
«Un guerriero» disse Jace. «Ne abbiamo visto uno solo.»
«Ma Dorothea ha detto che ce n'erano degli altri» aggiunse Clary.
«Dorothea?» Hodge sollevò una mano. «Sarà meglio che mi raccontiate tutto dall'inizio.»
«Va bene.» Jace rivolse uno sguardo ammonitore a Clary, interrompendola prima che iniziasse a parlare. Poi si lanciò nel resoconto degli eventi di quel pomeriggio, tralasciando un solo dettaglio: il fatto che gli uomini che avevano visto nell'appartamento di Luke erano gli stessi che sette anni prima avevano ucciso suo padre. «Lo zio di Clary... o chiunque sia... si fa chiamare Luke Garroway» concluse Jace. «Ma quei due uomini che dicevano di essere emissari di Valentine lo chiamavano Lucian Graymark.»
«E i loro nomi erano...»
«Pangborn» disse Jace «e Blackwell.»
Hodge era impallidito. La cicatrice che gli attraversava la guancia risaltava come un filo rosso sulla pelle ingrigita. «È come temevo» disse quasi tra sé. «Il Circolo sta risorgendo.»
Clary si voltò verso Jace, che però sembrava perplesso quanto lei. «Il Circolo?» chiese il ragazzo.
Hodge scosse il capo come per liberarsi il cervello dalle ragnatele. «Venite con me» disse. «È tempo che vi mostri una cosa.»
Le lampade a gas della biblioteca erano accese e le lucide superfici dei mobili di tek scintillavano come gioielli. I volti severi e rigati dalle ombre degli angeli di legno che sorreggevano l'enorme scrivania sembravano ancora più addolorati. Clary si sedette sul divano rosso e si strinse le gambe al petto. Jace si appoggiò irrequieto al bracciolo del divano, accanto a lei. «Hodge, se ti serve aiuto per cercare...»
«No.» Hodge emerse da dietro la scrivania spazzandosi via un po' di polvere dalle ginocchia dei pantaloni. «L'ho trovato.»
Aveva in mano un grosso libro rilegato in pelle marrone. Lo sfogliò con dita ansiose, socchiudendo gli occhi come un gufo dietro gli occhiali e borbottando: «Dove... dove... ah, eccolo!» Si schiarì la voce, prima di iniziare a leggere: Giuro incondizionata obbedienza al Circolo e ai suoi principi... Sarò pronto a rischiare la vita in qualsiasi momento perché il Circolo preservi la purezza del sangue di Idris e per il mondo mortale della cui sicurezza ci facciamo carico.
Jace fece una smorfia. «Che cos'è?»
«Questo, vent'anni fa, era il giuramento di fedeltà del Circolo di Raziel» disse Hodge. Sembrava stranamente stanco.
«È inquietante» disse Clary. «Ricorda un'organizzazione nazista o roba del genere.»
Hodge mise giù il libro. Sembrava addolorato e stanco come gli angeli di legno sotto la scrivania. «Era un gruppo» disse lentamente «di Cacciatori guidati da Valentine che perseguiva l'eliminazione di tutti i Nascosti e la restaurazione di un mondo più "puro". Il loro piano era aspettare che i Nascosti arrivassero a Idris per firmare gli Accordi. Devono essere firmati ogni quindici anni affinché la loro magia conservi la propria potenza» aggiunse a beneficio di Clary. «Progettarono di massacrarli tutti mentre erano disarmati e indifesi. Questo atto terribile, pensavano, avrebbe scatenato una guerra tra gli umani e i Nascosti... una guerra che avevano intenzione di vincere.»
«È la Rivolta» disse Jace riconoscendo nella storia di Hodge un evento che gli era già familiare. «Lo sapevo già. L'unica cosa che non sapevo era che Valentine e i suoi seguaci avessero un nome.»
«È un nome che non viene pronunciato spesso, oggigiorno» spiegò Hodge. «La loro esistenza è ancora una fonte di imbarazzo per il Conclave.
La maggior parte dei documenti che li riguardano è stata distrutta.» «Allora come mai tu hai una copia di quel giuramento?» chiese Jace.
Hodge esitò. Fu solo un istante, ma Clary se ne accorse e sentì un piccolo e inspiegabile brivido di apprensione risalirle la schiena. «Perché» disse infine Hodge «ho contribuito a scriverlo.»
Jace lo guardò. «Tu facevi parte del Circolo?»
«Sì. Molti di noi ne facevano parte.» Hodge guardava dritto davanti a sé.
«Anche la madre di Clary.»
Clary balzò indietro come se l'avesse schiaffeggiata. «Cosa?»
«Ho detto...»
«Lo so cosa hai detto! Mia madre non avrebbe mai fatto parte di una cosa del genere. Una specie... una specie di gruppo di fanatici.» «Non era...» cominciò Jace, ma Hodge lo interruppe.
«Dubito» disse lentamente, come se quelle parole gli provocassero dolore «che avesse molta scelta.»
Clary lo guardò. «Di cosa stai parlando? Perché non aveva molta scelta?»
«Perché» disse Hodge «era la moglie di Valentine.»
STAI LEGGENDO
Shadowhunters - Città di Ossa
Fantasyavevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃