Capitolo 23 (2^parte)

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«Un'ammirevole interpretazione sentimentale» commentò Valentine «per quanto improbabile. Tu non conosci i Lightwood come li conoscevo io.» Sembrò non vedere come Jace sobbalzò o, se lo vide, lo ignorò. «Ma alla fine ha poca importanza» aggiunse. «I Lightwood dovevano essere una protezione per Jace, non una famiglia sostitutiva. Lui ha una famiglia. E ha un padre. Io.»
Jace si schiarì la gola e si scostò le mani dal viso. «Mia madre...»
«Fuggì dopo la Rivolta» disse Valentine. «Io ero caduto in disgrazia, il Conclave mi avrebbe dato la caccia se avesse pensato che ero ancora vivo. Lei non sopportava di essere associata a me e scappò.» Il dolore nella sua voce era palpabile e... falso, pensò amareggiata Clary. Che schifoso manipolatore! «Io all'epoca non sapevo che fosse incinta. Di Clary.» Fece un piccolo sorriso mentre sfiorava con un dito il bicchiere. «Ma il sangue non è acqua» disse. «Il fato ci ha riuniti tutti qui. La nostra famiglia, ancora insieme. Possiamo usare il Portale» disse guardando Jace. «Andare a Idris. Tornare alla nostra tenuta...»
Jace ebbe un piccolo brivido, ma annuì, senza staccare gli occhi dalle sue mani.
«Staremo insieme» disse Valentine. «Come dovrebbe essere.»
Ma che bella idea!, pensò Clary. Soltanto tu, tua moglie in coma, tuo figlio in preda a shock post-traumatico e tua figlia che ti odia con tutta se stessa. Per non parlare del fatto che i tuoi due bambini potrebbero essere innamorati. Sì, mi sembra proprio la riunione di famiglia migliore che si possa immaginare. Ma ad alta voce disse soltanto: «Io non vado da nessuna parte con te, e nemmeno mia madre.»
«Ha ragione lui, Clary» disse Jace con la voce roca. Piegò le mani: le punte delle dita erano macchiate di rosso. «È l'unico posto in cui possiamo andare. Lì risolveremo tutto.»
«Non puoi parlare seriamente...»
Dal piano di sotto arrivò un colpo fortissimo, come se fosse crollata una parete dell'ospedale. Luke, pensò Clary balzando in piedi.
Jace, nonostante la sua espressione di orrore nauseato, reagì istintivamente, e stava per alzarsi dalla sedia, la mano che correva alla cintura.
«Padre, hanno...»
«Hanno sfondato le porte.» Valentine si alzò. Si sentì un rumore di passi. Un momento dopo, la porta della stanza si spalancò e Luke comparve sulla soglia.
Clary riuscì a fatica a non urlare. Era coperto di sangue, i jeans e la camicia scuri e fradici, la metà inferiore del volto come dipinta di rosso. Le sue mani erano coperte fino ai polsi di sangue ancora caldo e fluido. Clary non sapeva se parte di quel sangue fosse suo. Sentì urlare il suo nome, poi attraversò di corsa la stanza, quasi inciampando per la fretta di afferrare la camicia di Luke e restarvi attaccata come non faceva più da quando aveva otto anni.
Per un istante la grande mano di Luke salì ad accarezzarle la nuca, stringendola a sé con un abbraccio da orso. Poi la scostò delicatamente. «Sono coperto di sangue» disse. «Non preoccuparti... non è mio.»
«E allora di chi è?» Era la voce di Valentine, e Clary si voltò mentre Luke le appoggiava un braccio protettivo dietro la schiena. Valentine li stava osservando, gli occhi socchiusi e calcolatori. Jace si era alzato in piedi, aveva fatto il giro del tavolo e si era messo dietro il padre con un'espressione esitante. Clary non ricordava di avergli mai visto fare prima di allora nulla di esitante.
«Di Pangborn» disse Luke. La sua mano strinse la spalla di Clary tanto forte da farle male.
Valentine si passò una mano sul volto, come se quella notizia lo addolorasse. «Capisco. Lo hai sgozzato con i denti?»
«A dire la verità» disse Luke «l'ho ucciso con questo.» Con la mano libera sollevò il lungo pugnale sottile che Clary gli aveva visto addosso, quello con le pietre blu sull'elsa. «Te lo ricordi?»
Valentine lo guardò e Clary lo vide irrigidire la mascella. «Sì» disse, e Clary si chiese se anche lui stesse ripensando alla conversazione che avevano avuto poco prima.
Questo è un kindjal, un pugnale circasso. Questo esemplare in particolare faceva parte di una coppia.
«Me lo desti diciassette anni fa e mi dicesti di usarlo per togliermi la vita» disse Luke stringendo in mano quell'arma. Clary notò che la lama era più lunga del kindjal dall'elsa rossa alla cintura di Jace. Era una via di mezzo tra un pugnale e una spada, e la sua lama era appuntita come uno spillo. «E io fui sul punto di farlo.»
«Ti aspetti che lo neghi?» C'era dolore nella voce di Valentine, il ricordo di un antico lutto. «Ho cercato di salvarti da te stesso, Lucian. Ho fatto un grave errore. Se solo avessi avuto la forza di ucciderti, avresti potuto morire da uomo.»
«Come te?» chiese Luke, e in quel momento Clary vide in lui qualcosa del Luke che aveva sempre conosciuto, il Luke che riusciva a capire se lei stava mentendo o fingendo, che quando si comportava in modo arrogante o falso glielo faceva sempre notare. Nell'amarezza della sua voce, sentì l'amore che aveva provato un tempo per Valentine e che si era trasformato in un odio esausto. «Un uomo che incatena la moglie priva di conoscenza a un letto nella speranza di estorcerle delle informazioni con la tortura quando si sarà svegliata? È questo il tuo coraggio?»
Jace stava fissando suo padre. Clary vide lo spasmo di rabbia che attraversò brevemente i tratti contorti di Valentine, e poi svanì, e il suo volto tornò quello di prima. «Non l'ho torturata» disse. «Ed è incatenata per la sua stessa sicurezza.»
«Da cosa?» chiese Luke avanzando nella stanza. «L'unica cosa che la mette in pericolo sei tu. L'unica cosa che l'abbia mai messa in pericolo. Ha passato la sua vita a fuggire da te.»
«Io la amavo» disse Valentine. «Non le avrei mai fatto del male. Sei stato tu a metterla contro di me.»
Luke scoppiò a ridere. «Non aveva bisogno di me per mettersi contro di te. Ha imparato da sola a odiarti.»
«Questa è una menzogna!» ruggì Valentine con uno scoppio di rabbia improvviso mentre estraeva la spada che portava in vita. La lama era piatta e nera, con un disegno di stelle argentate. Puntò la spada al cuore di Luke.
Jace fece un passo verso Valentine. «Padre...»
«Jonathan, stai zitto!» urlò Valentine, ma era troppo tardi. Clary vide lo shock sul volto di Luke mentre fissava Jace.
«Jonathan?» sussurrò.
La bocca di Jace si contrasse. «Non chiamarmi così» disse con un'espressione feroce e gli occhi dorati in fiamme. «Se mi chiami così ti uccido.»
Luke, ignorando la lama puntata al suo cuore, non staccò gli occhi da Jace. «Tua madre sarebbe fiera di te» disse così piano che anche Clary che gli stava accanto fece fatica a sentirlo.
«Io non ho una madre» gli rispose Jace. Le sue mani stavano tremando. «La donna che mi ha partorito mi ha abbandonato prima che imparassi a ricordare il suo volto. Non ero niente per lei e lei non è niente per me.»
«Non è stata tua madre ad abbandonarti» disse Luke spostando lentamente lo sguardo su Valentine. «Credevo che neppure uno come te potesse abbassarsi a usare come esca la tua carne e il tuo sangue. Ma immagino di essermi sbagliato.»
«Basta così.» Il tono di Valentine era quasi languido, ma c'era in lui della ferocia, una minaccia affamata di violenza. «Lascia mia figlia o ti ucciderò immediatamente.»
«Io non sono tua figlia» rispose Clary, ma Luke la allontanò da sé con tanta forza che la ragazza quasi cadde.
«Esci di qui. Mettiti al sicuro.»
«Io non ti lascio!»
«Clary, non sto scherzando. Esci di qui!» Luke stava già sollevando il suo pugnale. «Questa non è la tua battaglia.»
Clary si allontanò barcollando e si diresse verso la porta che dava sul pianerottolo. Forse avrebbe potuto chiedere aiuto, cercare Alaric...
E poi Jace fu di fronte a lei, bloccandole la via d'uscita. Aveva dimenticato quanto si muoveva in fretta, morbido come un gatto e veloce come il lampo. «Sei impazzita?» sibilò. «Hanno sfondato la porta d'ingresso. Questo posto è pieno di Dimenticati.»
Lei lo spinse via. «Lasciami andare...»
Jace la afferrò con una presa d'acciaio. «Perché possano farti a pezzi? Non ci penso neppure.»
Un forte rumore metallico risuonò alle spalle di Clary, che si scostò da Jace e vide che Valentine aveva attaccato Luke, che aveva risposto al suo colpo con una parata spaccatimpani. Le lame si separarono e i due iniziarono a girare in un vortice di finte e affondi. «Oh, mio Dio» sussurrò Clary. «Si uccideranno.»
Gli occhi di Jace divennero quasi neri. «Tu non capisci» disse. «È così che si fa...» Si interruppe ed emise un piccolo risucchio quando Luke superò la guardia di Valentine e lo colpì sopra la spalla. Il sangue iniziò a scorrere copioso, macchiandogli la camicia bianca.
Valentine gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere. «Bel colpo» disse.
«Non credevo ne fossi ancora capace, Lucian.»
Il coltello di Luke impediva a Clary di vedere il suo volto. «Me l'hai insegnata tu, questa mossa.»
«Ma è successo anni fa» disse Valentine con una voce che ricordava la seta grezza «e da allora non hai avuto molto bisogno di usare un'arma, giusto? Avevi artigli e zanne a disposizione.»
«Li userò per strapparti il cuore.»
Valentine scosse il capo. «Lo hai già fatto anni fa» disse, e nemmeno Clary avrebbe saputo dire se la tristezza nella sua voce fosse vera o finta. «Quando mi hai tradito e abbandonato.» Luke fece un altro affondo, ma Valentine si spostò agilmente. Per essere un uomo tanto grosso, si muoveva con sorprendente leggerezza. «Sei stato tu a mettere mia moglie contro la sua stessa gente. L'hai cercata quando era più debole. Io ero lontano, e lei ha pensato che tu la amassi. È stata una stupida.»
Jace era teso come una corda di violino accanto a Clary. Lei lo sentiva come si sentono le scintille rilasciate da un cavo elettrico abbattuto. «È di tua madre che Valentine sta parlando» gli disse.
«Mi ha abbandonato» disse Jace. «Bella madre.»
«Pensava che fossi morto. E sai come faccio a saperlo? Perché teneva una scatola in camera sua. Sopra c'erano le tue iniziali, J.C.»
«Dunque aveva una scatola. Un sacco di persone hanno delle scatole. Ci tengono dentro le cose. Mi dicono che va molto di moda.»
«Dentro c'era una ciocca dei tuoi capelli. Capelli di bambino. E una fotografia, forse due. Le tirava fuori una volta all'anno e piangeva. Piangeva a dirotto, come se avesse il cuore spezzato...»
La mano di Jace si strinse a pugno lungo il suo fianco. «Smettila» mormorò tra i denti.
«Di fare cosa? Di dirti la verità? Pensava che fossi morto... Non ti avrebbe mai lasciato se avesse saputo che eri vivo. Tu pensavi che tuo padre fosse morto...»
«Io l'ho visto morire! Non l'ho solo... sentito dire, come lei!»
«Ha trovato le tue ossa carbonizzate» disse sottovoce Clary. «Tra le rovine di casa sua. Insieme a quelle di suo padre e sua madre.»
Finalmente Jace la guardò. Lei vide l'incredulità nei suoi occhi, e attorno a essi la fatica di conservare intatta quell'incredulità. Vide, come attraverso un incantesimo, la fragile struttura della sua fiducia in suo padre che indossava come un'armatura trasparente per proteggersi dalla verità. Da qualche parte, pensò Clary, c'era una crepa in quell'armatura. Da qualche parte, se fosse riuscita a trovare le parole giuste, avrebbe potuto penetrarla. «È ridicolo» disse lui. «Io non sono morto... non potevano esserci delle ossa.»
«C'erano.»
«E allora era un incantesimo.»
«Chiedi a tuo padre cosa è successo ai suoi suoceri» disse Clary. Allungò una mano per toccarlo. «Chiedigli se era un incantesimo anche quello...»
«Stai zitta!» Jace perse il controllo e si voltò verso di lei, livido. Clary vide Luke spostare lo sguardo su di loro, preoccupato da quel rumore, e in quell'istante di distrazione Valentine si infilò sotto la sua guardia e, con un'unica stoccata, infilò la lama della sua spada nel petto di Luke, appena sotto la clavicola.
Gli occhi di Luke si spalancarono più per lo stupore che per il dolore. Valentine ritrasse la mano e la lama scivolò fuori, macchiata di rosso fino all'elsa. Con una risata secca Valentine affondò di nuovo. Il pugnale di Luke cadde sul pavimento con un rumore sordo e Valentine gli tirò un calcio e lo spedì sotto il tavolo, mentre le ginocchia di Luke cedevano e lui crollava a terra.
Valentine sollevò la spada nera sopra il corpo prono di Luke, pronto a mettere a segno il colpo fatale. Le stelle argentate brillavano lungo la lama, e Clary pensò, come congelata in un momento di orrore, Come può una cosa così letale essere così bella?
Jace, come se sapesse cosa avrebbe fatto Clary prima ancora di lei, si voltò verso la ragazza. «Clary...»
Il momento di stasi era terminato. Clary si allontanò da Jace, evitò le sue mani tese verso di lei e corse da Luke. Era a terra e si reggeva su un braccio, Clary gli si gettò addosso, proprio mentre la spada di Valentine iniziava la sua discesa.
Vide gli occhi di Valentine mentre la lama scendeva verso di lei. Sembrarono passare dei secoli, anche se fu solo una frazione di secondo. Vide che, se avesse voluto, lui avrebbe potuto fermare il colpo. Vide che, se non l'avesse fatto, avrebbe potuto colpirla. Vide che l'avrebbe fatto comunque.
Alzò le mani e chiuse gli occhi...
E ci fu un rumore secco seguito da un sibilo, mentre qualcosa le sfrecciava davanti al volto. Sentì Valentine urlare, e quando sollevò lo sguardo vide la sua mano disarmata e sanguinante. Il kindjal dall'elsa rossa era a qualche metro di distanza, sul pavimento di pietra, accanto alla spada nera. Clary si voltò sbalordita e vide Jace accanto alla porta, il braccio ancora sollevato, e si rese conto che doveva avere lanciato il pugnale con abbastanza forza da sbalzare la spada nera dalla mano del padre.
Abbassò lentamente il braccio. Era pallidissimo. I suoi occhi, spalancati e imploranti, incontrarono quelli di Valentine. «Padre, io...»

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