Capitolo 6 (3^parte)

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«Non guardare» disse lui avvicinandosi al corpo pieno di cicatrici. Sollevò la lama sopra la testa e la abbassò di scatto. Il sangue zampillò dalla gola del gigante e schizzò sugli stivali di Jace. Clary restò a fissare a bocca spalancata, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Si aspettava quasi che il gigante svanisse, accartocciandosi su se stesso come il ragazzo del Pandemonium. Ma non accadde. L'aria era satura dell'odore del sangue, pesante e ferroso. Jace emise un suono basso dalla gola. Era pallido, ma Clary non avrebbe saputo dire se era per il dolore o per il disgusto. «Ti avevo detto di non guardare» disse.
«Credevo che sarebbe scomparso» disse lei. «Avevi detto che... tornavano alla loro dimensione.»
«Ho detto che è quello che succede quando muore un demone.» Con una smorfia si scosse dalle spalle la giacca, lasciando scoperta la parte superiore del braccio sinistro. «Ma questo non era un demone.» Con la mano destra estrasse qualcosa dalla cintura. Era il cilindretto lucido che aveva usato per incidere i cerchi concentrici sulla pelle di Clary. Guardandolo, la ragazza si sentì bruciare l'avambraccio.
Jace vide che lo stava fissando e si produsse nel fantasma di un sorriso. «Questo» disse «è uno stilo.» Lo avvicinò a un marchio che aveva appena sotto la spalla, una strana forma simile a una stella. Due punte della stella erano più lunghe delle altre, e non erano collegate. «E questo» proseguì Jace «è quello che succede quando un Cacciatore si ferisce.»
Con la punta dello stilo tracciò una linea che collegava i due bracci della stella e chiuse la runa. Quando abbassò la mano, il marchio scintillava come fosse inciso con inchiostro fosforescente. Mentre Clary lo osservava, affondò nella pelle come un oggetto pesante nell'acqua. Si lasciò dietro un memento spettrale: una cicatrice pallida e sottile, quasi invisibile.
Un'immagine sorse nella mente di Clary. La schiena di sua madre, nei punti lasciati scoperti dal costume da bagno: le scapole e la curva della spina dorsale, cosparse di piccoli segni bianchi. Era come qualcosa visto in sogno... Ora la schiena di sua madre non aveva quell'aspetto, lo sapeva.
Ma quell'immagine continuò a tormentarla.
Jace sospirò, e la tensione del dolore lasciò il suo volto. Mosse il braccio, prima lentamente e poi più tranquillamente. Lo sollevò e lo riabbassò, strinse il pugno. Evidentemente non era più rotto.
«È fantastico!» esclamò Clary. «Come...?»
«Era un iratze. Una runa guaritrice» spiegò Jace. «Finendo la runa con lo stilo, la si attiva.» Si infilò lo stilo nella cintura e si rimise la giacca. Con la punta dello stivale pungolò il cadavere del gigante. «Dovremo fare rapporto a Hodge» disse. «Che andrà fuori di testa» aggiunse come se quell'idea lo riempisse di soddisfazione. Jace, pensò Clary, era il genere di persona a cui piaceva che succedesse qualcosa, anche se quel qualcosa era poco piacevole.
«Perché andrà fuori di testa?» chiese Clary. «Ma se quel coso non è un demone... è per questo che il sensore non lo ha rilevato, giusto?»
Jace annuì. «Vedi le cicatrici che ha in faccia?»
«Sì.»
«Sono state fatte con uno stilo. Come questo» aggiunse sfiorando il cilindretto appuntito che portava alla cintura. «Volevi sapere cosa succede quando fai un marchio a qualcuno che non ha sangue di Cacciatori. Un marchio solo ti brucia. Ma se te ne fanno molti, e anche potenti, e se li incidono nella pelle di un essere umano qualsiasi, che non ha neppure una goccia di sangue di Shadowhunters, ecco, il risultato è questo.» Indicò il cadavere con il mento. «Le rune sono terribilmente dolorose. I marchiati impazziscono, il dolore li fa uscire di senno. Diventano assassini feroci e folli. Non dormono e non mangiano di propria iniziativa e di solito muoiono presto. Le rune hanno un grande potere e possono essere usate per fare il bene... ma anche per fare il male. I Dimenticati sono dalla parte del male.»
Clary lo guardò sconvolta. «Ma perché qualcuno si farebbe una cosa del genere?»
«Non sono loro a farsela. Viene fatta contro la loro volontà. Da uno stregone, magari, o da un qualche Nascosto degenerato. I Dimenticati restano fedeli a colui che li ha marchiati, e sono assassini spietati. Obbediscono a semplici comandi. È come avere... un esercito di schiavi.» Passò sopra la testa del Dimenticato e si voltò a guardare Clary. «Io torno di sopra.»
«Ma non c'è niente.»
«Potrebbero esserci altri Dimenticati» disse lui, quasi come se sperasse che ci fossero. «È meglio che tu aspetti qui.» Si avviò su per le scale.
«Se fossi in te, non lo farei» disse una voce stridula e familiare. «Ce ne sono altri, nel posto da cui è venuto questo qui.»
Jace, che era quasi giunto in cima alle scale, si voltò di scatto. Clary fece altrettanto, anche se aveva già capito chi aveva parlato. Quel timbro rauco era inconfondibile.
«Madame Dorothea?» sussurrò.
La vecchia inclinò regalmente il capo. Era in piedi sulla soglia del suo appartamento, con indosso quella che sembrava una tenda di seta grezza viola. Catenelle d'oro le luccicavano ai polsi e intorno al collo. I lunghi capelli da tasso le sfuggivano dalla crocchia che portava in cima alla testa. Jace la stava ancora fissando. «Ma...» «Altri cosa?» disse Clary.
«Altri Dimenticati» rispose Dorothea con una baldanza che a Clary non sembrò affatto adatta alle circostanze. La vecchia guardò in giro per l'ingresso. «Avete fatto un bel caos, eh? E di sicuro non avete neanche pensato a dare una ripulita. Tipico.»
«Ma lei è una mondana» finalmente Jace parlò.
«Che spirito d'osservazione!» commentò Dorothea con gli occhi che luccicavano. «Il Conclave ha fatto proprio un bel lavoro, con te.»
Lo stupore stava svanendo dal volto di Jace, sostituito da una rabbia crescente. «Lei sa del Conclave?» chiese. «Lei sapeva di loro e sapeva che c'erano dei Dimenticati in questa casa e non ha avvisato il Conclave? Anche la sola esistenza di un Dimenticato è un crimine contro l'Alleanza...»
«Né il Conclave né l'Alleanza hanno mai fatto qualcosa per me» replicò Madame Dorothea con gli occhi che lampeggiavano di rabbia. «Io non gli devo un bel niente.» Per un istante il suo pietroso accento newyorkese scomparve, sostituito da qualcos'altro, un accento più profondo, che Clary non riconobbe.
«Jace, smettila» disse Clary. Si rivolse a Madame Dorothea. «Se sa del Conclave e dei Dimenticati» disse «forse lei sa anche cosa è successo a mia madre?»
Dorothea scosse il capo, facendo ondeggiare gli orecchini. Sul suo volto comparve qualcosa di simile alla compassione. «Il consiglio che ti do» disse «è di dimenticare tua madre. È andata.»
Il pavimento sembrò vacillare sotto i piedi di Clary. «Vuole dire che è morta?»
«No.» Dorothea pronunciò quella parola quasi con riluttanza. «Sono sicura che è ancora viva. Per ora.»
«Allora la devo trovare» disse Clary. Il mondo aveva smesso di vacillare; Jace era in piedi alle sue spalle, una mano sul suo gomito, come per abbracciarla, ma lei se ne accorse appena. «Ha capito? Devo trovarla prima che...»
Madame Dorothea sollevò una mano. «Non voglio aver niente a che vedere con gli affari dei Cacciatori.»
Clary insistette. «Ma lei conosceva mia madre. Era la sua vicina...»
«Questa è un'indagine ufficiale del Conclave» la interruppe Jace. «Posso sempre tornare coi Fratelli Silenti.»
«Oh, per il...» Le labbra di Dorothea si contrassero in una smorfia. Guardò la porta, poi Jace e Clary. «Direi che a questo punto potreste anche entrare» concluse. «Vi dirò quello che posso.» Si avviò verso la porta, ma si fermò sulla soglia. «Se riferirai a qualcuno che ti ho aiutato, Cacciatore, domani ti sveglierai con dei serpenti al posto dei capelli e con un paio di braccia in più.»
«Non sarebbero male due braccia in più» rispose Jace. «Potrebbero tornare utili in combattimento.»
«Ma non se ti escono dal...» Dorothea fece una pausa e sorrise al ragazzo, non senza una certa malizia. «... collo.» «Accidenti» disse Jace.
«Puoi ben dirlo, Jace Wayland» disse Dorothea. Dopodiché entrò in casa a passo di marcia, con la tenda viola che le svolazzava attorno come una bandiera al vento.
Clary guardò Jace. «Wayland?»
«È il mio cognome.» Jace sembrava scosso. «E non posso dire che mi faccia piacere che lei lo sappia.»
Clary diede un'occhiata all'appartamento di Dorothea. Le luci erano accese e un forte odore di incenso stava già invadendo l'ingresso, mescolandosi in modo tutt'altro che piacevole al fetore di sangue. «Credo che dovremmo comunque provare a parlare con lei. Cosa abbiamo da perdere?» «Quando avrai passato un po' più di tempo nel nostro mondo» disse Jace
«non mi farai più domande del genere.»

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