Capitolo 9 (2^parte)

32 1 0
                                    

Era una cucina enorme e, a differenza del resto dell'Istituto, modernissima, con banconi d'acciaio e vetrinette con file di stoviglie. Accanto a una cucina di ferro rossa, c'era Isabelle con un mestolo in mano, i capelli neri raccolti sopra la testa. La pentola fumava e c'erano ingredienti sparsi dappertutto: pomodori, aglio e cipolle a fettine, mazzetti di erbe, cumuli di formaggio grattugiato, noccioline sgusciate, una manciata di olive e un pesce intero che fissava il soffitto con sguardo vitreo.
«Sto preparando la zuppa» disse Isabelle ondeggiando il mestolo in direzione di Jace. «Avete fame?» Poi guardò alle spalle del ragazzo e vide che insieme a Clary c'era anche Simon. «Oddio» disse secca. «Hai portato qui un altro mondano? Hodge ti ucciderà.»
Simon si schiarì la voce. «Io sono Simon.»
Isabelle lo ignorò. «JACE WAYLAND» disse. «Giustificati!»
Jace scoccò un'occhiataccia al gatto. «Ti avevo detto di portarmi da Alec! Giuda traditore!»
Church si gettò sulla schiena e iniziò a fare le fusa soddisfatto.
«Non dare la colpa a Church» disse Isabelle. «Non è colpa sua se Hodge ti ucciderà.» Immerse di nuovo il mestolo nella pentola. Clary si chiese che sapore potesse avere una zuppa di noccioline, pesce, olive e pomodoro.
«Non potevo fare altrimenti» disse Jace. «Isabelle... oggi ho visto due degli uomini che hanno ucciso mio padre.»
Le spalle della ragazza si irrigidirono, ma quando si voltò sembrava più arrabbiata che sorpresa. «Immagino che lui non sia uno di loro, vero?» chiese indicando Simon con il mestolo.
Con grande sorpresa di Clary, Simon non ribatté. Era troppo impegnato a fissare Isabelle, rapito e a bocca aperta. Naturalmente, pensò Clary, provando una fitta acuta di irritazione. Isabelle era esattamente il tipo di Simon: alta, affascinante e bellissima. A dire la verità, probabilmente era il tipo di chiunque. Clary smise di interrogarsi sulla zuppa di noccioline, pesce, olive e pomodoro e si chiese cosa sarebbe successo se avesse rovesciato in testa a Isabelle il contenuto della pentola.
«Ovviamente no» disse Jace. «Pensi che se lo fosse sarebbe ancora vivo?»
Isabelle rivolse un'occhiata indifferente a Simon. «Immagino di no» disse lasciando cadere distrattamente un pezzo di pesce sul pavimento. Church gli balzò addosso in un istante.
«Non c'è da meravigliarsi che ci abbia portati qui» disse Jace disgustato. «Non ci posso credere che gli stia dando dell'altro pesce. È decisamente una botte.»
«Non è una botte. E poi voi non mangiate mai niente. Ho avuto questa ricetta da un folletto acquatico al Chelsea Market, ha detto che era deliziosa...»
«Se tu sapessi cucinare, forse io mangerei» borbottò Jace.
Isabelle si bloccò, soppesando minacciosamente il mestolo. «Cosa hai detto?»
«Ho detto che mi andrò a cercare qualcosa da mettere sotto i denti.»
«Ah, ecco.» Isabelle tornò a dedicarsi alla sua zuppa. Simon continuava a fissarla. Clary, inspiegabilmente furiosa, gettò per terra la sua borsa di stoffa e seguì Jace verso il frigorifero.
«Non posso credere che tu riesca a pensare a mangiare» sibilò.
«E cosa dovrei fare, sennò?» chiese Jace con una calma irritante spalancando lo sportello del frigorifero. L'interno era pieno di cartoni di latte scaduti da diverse settimane e contenitori di plastica con delle etichette scritte in inchiostro rosso: HODGE. NON TOCCARE.
«Wow! È come un compagno di stanza pazzo!» osservò Clary divertita.
«Chi, Hodge? È solo che gli piace che tutto sia al proprio posto.» Jace prese uno dei contenitori dal frigorifero e lo aprì. «Mmm... spaghetti.» «Non rovinarti l'appetito» urlò Isabelle.
«È esattamente quello che intendo fare» disse Jace chiudendo il frigorifero con un calcio e prendendo una forchetta da un cassetto. Poi guardò
Clary: «Ne vuoi un po'?» Lei scosse il capo.
«Per forza» disse lui con la bocca piena. «Ti sei mangiata tutti quei tramezzini...»
«Non erano così tanti.» Clary guardò Simon, che era riuscito ad avviare una conversazione con Isabelle. «Adesso possiamo andare a cercare Hodge?»
«Sembra proprio che tu abbia una gran voglia di uscire di qui.»
«Non vuoi raccontargli quello che abbiamo visto?»
«Non ho ancora deciso.» Jace mise giù il contenitore e si leccò distrattamente il sugo dalle nocche. «Ma se proprio vuoi andare...» «Sì» lo incalzò Clary.
«Bene.» Adesso era veramente calmo, pensò, non spaventocalmo come prima, persino più contenuto di quanto avrebbe dovuto essere. Clary si chiese quante volte lasciasse che barlumi del suo vero sé facessero capolino dalla sua facciata dura e lucida come la lacca delle scatole giapponesi di sua madre.
«Dove andate?» Simon sollevò lo sguardo su di loro mentre raggiungevano la porta. Qualche ciocca di capelli scuri gli cadde davanti agli occhi, dandogli un'aria imbambolata, pensò Clary poco gentilmente, come se qualcuno gli avesse tirato una bastonata alla nuca.
«A cercare Hodge» disse Clary «Gli devo raccontare quello che è successo da Luke.»
Isabelle la guardò. «Hai intenzione di dirgli che hai visto quegli uomini, Jace? Quelli che...»
«Non lo so» la interruppe lui. «Quindi per ora tientelo per te.»
Isabelle scrollò le spalle. «Va bene. Hai intenzione di tornare? Vuoi un po' di zuppa?»
«No» disse Jace.
«Pensi che Hodge ne voglia un po'?»
«Nessuno vuole la tua zuppa.»
«Io la voglio, la tua zuppa» disse Simon.
«No che non la vuoi» disse Jace. «Vuoi soltanto andare a letto con Isabelle.»
Simon rimase di stucco. «Non è vero!»
«Grazie tante» borbottò Isabelle guardando la pentola, ma stava ridacchiando.
«Oh, sì che è vero» disse Jace. «Dai, chiediglielo, così lei può dirti di no e noi possiamo continuare a farci i fatti nostri mentre tu ti crogioli nell'umiliazione.» Schioccò le dita. «Muoviti, mondano, abbiamo del lavoro da fare.»
Simon distolse lo sguardo, rosso d'imbarazzo. Clary, che un istante prima avrebbe malvagiamente goduto di quella scenetta, sentì un impeto di rabbia nei confronti di Jace. «Lascialo stare» scattò. «Non c'è bisogno che tu faccia il sadico solo perché non è uno di voi.»
«Uno di noi» disse Jace, ma il suo sguardo affilato se n'era andato dai suoi occhi. «Io vado a cercare Hodge... tu puoi venire o restare, fai come vuoi.» La porta della cucina si chiuse alle sue spalle, lasciando Clary sola con Simon e Isabelle.
Isabelle versò un po' di zuppa in una ciotola e la spinse sul bancone verso Simon, senza guardarlo. Ma Clary sentiva che stava ancora sorridendo. La zuppa era verde scuro e c'erano delle cose marroni che galleggiavano in superficie.
«Io vado con Jace» disse Clary. «Simon...?»
«Crdcrstrquì» borbottò il ragazzo guardandosi i piedi.
«Cosa?»
«Credo che resterò qui.» Simon si parcheggiò su uno sgabello. «Ho fame.»
«Va bene.» Clary sentì una stretta in gola, come se avesse inghiottito qualcosa di molto caldo o molto freddo. Uscì dalla cucina a passo di marcia, mentre Church le sgattaiolò attorno ai piedi come un'ombra grigia e vaporosa.
In corridoio Jace stava rigirandosi tra le dita una spada angelica. Quando vide Clary la infilò in tasca. «Carino da parte tua lasciare soli i due piccioncini.»
Clary gli fece una smorfia. «Ma perché devi sempre essere così idiota?» «Idiota, io?» Jace la guardò come se stesse per scoppiare a ridere.
«Quello che hai detto a Simon...»
«Stavo solo cercando di risparmiargli qualche sofferenza. Isabelle gli strapperà via il cuore e poi ci camminerà sopra con i tacchi a spillo. Fa sempre così coi ragazzi.»
«Ha fatto così anche con te?» chiese Clary, ma Jace si limitò a scuotere il capo per poi rivolgersi a Church.
«Da Hodge» disse. «E questa volta che sia davvero Hodge. Se ci porti da qualche altra parte ti trasformo in una racchetta da tennis.»
Il gatto sbuffò e si incamminò lungo il corridoio. Clary, rimasta dietro a Jace, notò la sua stanchezza e il suo stress dalla postura delle spalle. Si chiese se quella tensione lo abbandonasse mai. «Jace.»
Lui la guardò. «Cosa?»
«Scusa se sono scattata.»
Lui ridacchiò. «Quale delle tante volte?»
«Anche tu però scatti con me, sai?»
«Lo so» ammise lui sorprendendola. «In te c'è qualcosa di così...» «Irritante?»
Lui rise ancora. «Spiazzante.»
Clary avrebbe voluto chiedergli se era un complimento o un insulto, ma non lo fece. Aveva troppa paura che la prendesse in giro. Cercò qualcos'altro da dire. «È sempre Isabelle a cucinare per voi?» chiese.
«No, grazie a Dio. Perlopiù ci sono i Lightwood, ed è Maryse, la madre di Isabelle, che cucina. È una cuoca fantastica.» Assunse uno sguardo sognante simile a quello di Simon mentre guardava Isabelle.
«E com'è che non ha insegnato a cucinare a Isabelle?» Stavano attraversando la sala della musica, dove la mattina aveva trovato Jace che suonava il pianoforte. Gli angoli erano stati conquistati dalle ombre.

Shadowhunters - Città di OssaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora