Valentine si guardò la mano insanguinata e per un istante Clary vide uno spasmo di rabbia attraversargli il volto, come una luce che si spegne tremolando. Ma la sua voce, quando parlò, era calma. «Ottimo lancio, Jace.»
Jace esitò. «La tua mano... io volevo solo...»
«Non avrei fatto del male a tua sorella» disse Valentine, muovendosi velocemente per recuperare la spada e il kindjal dall'elsa rossa, che si infilò nella cintura. «Avrei fermato il colpo. Comunque il tuo attaccamento alla famiglia è encomiabile.»
Bugiardo. Ma Clary non aveva tempo per le mistificazioni di Valentine. Si voltò a guardare Luke ed ebbe un attacco di nausea. Era steso sulla schiena, gli occhi semichiusi, il respiro irregolare. Dal buco nella camicia strappata usciva del sangue. «Mi servono delle bende» disse Clary con voce strozzata. «Dei tovaglioli, qualsiasi cosa... Jace, il tuo stilo...»
«Fermo, Jonathan» disse Valentine con una voce d'acciaio, e Jace si bloccò dov'era, con la mano a metà strada verso la tasca dove teneva lo stilo. «Clarissa» proseguì Valentine con una voce untuosa come acciaio imburrato «quest'uomo è un nemico della nostra famiglia, un nemico del Conclave. Noi siamo Shadowhunters, e questo vuol dire che a volte dobbiamo uccidere. Certamente questo lo capisci.»
«Cacciatori di demoni» disse Clary. «Uccisori di demoni. Non assassini.
È diverso.»
«Lui è un demone, Clarissa» replicò Valentine nello stesso tono morbido. «Un demone con un volto da uomo. Io so quanto possono essere ingannevoli questi mostri. Ricordi? Io stesso l'ho risparmiato una volta.»
«Mostri?» gli fece eco Clary. Pensò a Luke, a Luke che la spingeva in altalena quando aveva cinque anni, in alto, sempre più in alto; a Luke alla cerimonia per il diploma delle medie, con la macchina fotografica che scattava a mitraglia come quella di un padre orgoglioso; a Luke che passava in rassegna tutti gli scatoloni di libri appena arrivavano in negozio per cercare qualcosa che potesse piacerle e tenerglielo da parte; a Luke che la sollevava per cogliere le mele dall'albero accanto alla sua fattoria. A Luke di cui questo uomo sadico, bugiardo e omicida voleva prendere il posto di padre. «Luke non è un mostro» disse con una voce tanto dura da reggere il confronto con quella di Valentine. «E nemmeno un assassino. Tu sì.» «Clary!» Era Jace.
Clary lo ignorò. I suoi occhi erano fissi in quelli grigi e freddi di suo padre. «Tu hai ucciso i genitori di tua moglie, non in battaglia ma a sangue freddo» disse. «E scommetto che hai ucciso anche Michael Wayland e suo figlio e hai gettato i loro corpi insieme a quelli dei miei nonni, in modo che mia madre pensasse che tu e Jace eravate morti. Hai messo il tuo ciondolo al collo di Michael Wayland prima di bruciarlo, in modo che tutti pensassero che quelle ossa erano le tue. Dopo tutto il tuo parlare della purezza del sangue del Conclave, non hai pensato per un attimo al loro sangue e alla loro innocenza quando li hai uccisi, vero? Massacrare vecchi e bambini a sangue freddo, questo è mostruoso.»
Un altro spasmo di rabbia contorse i lineamenti di Valentine. «Basta così!» ruggì sollevando di nuovo la spada nera, e Clary sentì nella sua voce la verità su chi era suo padre, la rabbia che lo aveva sorretto per tutta la vita. L'odio implacabile. «Jonathan! Porta via tua sorella o per l'Angelo giuro che la ucciderò insieme al mostro che sta proteggendo!»
Per un brevissimo istante Jace esitò, poi sollevò il capo. «Certo, padre» disse avvicinandosi a Clary. Prima che lei potesse sollevare le mani per allontanarlo, lui l'aveva afferrata brutalmente per un braccio. La rimise in piedi di peso, allontanandola da Luke.
«Jace» sussurrò lei sgomenta.
«No» disse lui. Le sue dita affondarono dolorosamente nel braccio di lei.
Odorava di vino e metallo e sudore. «Non parlarmi.»
«Ma...»
«Ho detto di non parlare.» La scosse, forte. Lei inciampò, ritrovò l'equilibrio e quando sollevò lo sguardo, vide Valentine che torreggiava trionfante sopra il corpo contorto di Luke. Allungò un piede e fece rotolare Luke sulla schiena con una spinta. Luke emise un suono strozzato.
«Lascialo stare!» urlò Clary cercando di liberarsi dalla presa di Jace. Fu inutile... era troppo forte.
«Smettila» le sibilò il ragazzo all'orecchio. «Stai solo rendendo le cose più difficili. È meglio che non guardi.»
«Come fai tu?» gli rispose. «Chiudere gli occhi e far finta che qualcosa non stia succedendo non serve a niente, Jace, dovresti saperlo bene...»
«Clary, basta.» Il suo tono di voce riuscì quasi a zittirla. Sembrava disperato. Valentine stava ridendo. «Se solo mi fosse venuto in mente» disse «di portare con me una spada d'argento, avrei potuto finirti come si fa con quelli della tua specie, Lucian.»
Luke ringhiò qualcosa che Clary non riuscì a sentire. Sperò fosse un insulto. Provò a divincolarsi. Le scivolò un piede e lui la prese al volo, tirandola su con una forza incredibile. Aveva le braccia attorno a lei, pensò, ma non come aveva sperato una volta, non come aveva sempre immaginato.
«Almeno lasciami alzare» disse Luke. «Concedimi di morire in piedi.» Valentine lo guardò da dietro la lama della spada e scrollò le spalle. «Puoi morire sulla schiena o in ginocchio» disse. «Solo un uomo merita di morire in piedi, e tu non sei un uomo.»
«NO!» urlò Clary, mentre Luke, senza guardarla, iniziò a sollevarsi dolorosamente in ginocchio.
«Perché devi rendere le cose così difficili?» chiese Jace con un sussurro basso e teso. «Ti ho detto di non guardare.»
Clary stava ansimando per la fatica e il dolore. «E tu perché devi mentire a te stesso?»
«Non sto mentendo!» La sua presa si strinse anche se lei non aveva provato a liberarsi. «Voglio solo quel poco che c'è di buono nella mia vita... mio padre... la mia famiglia... non posso perdere tutto un'altra volta...»
Luke era ormai in ginocchio. Valentine aveva sollevato la spada macchiata di sangue. Gli occhi di Luke erano chiusi e stava mormorando qualcosa: le sue ultime parole, una preghiera, Clary non lo sapeva. Si divincolò tra le braccia di Jace per poterlo guardare in faccia. Le labbra di Jace erano una linea sottile, la sua mascella era tesa, ma i suoi occhi...
La sua fragile armatura si stava spezzando. Serviva solo un'ultima spinta. Clary cercò le parole giuste.
«Tu hai già una famiglia» disse. «La tua famiglia sono le persone che ti vogliono bene. Come i Lightwood... Alec, Isabelle...» La sua voce si incrinò. «La mia famiglia è Luke, e tu stai per farmi assistere alla sua morte come tu hai assistito a quella di tuo padre quando avevi dieci anni? È questo che vuoi, Jace? È questo il tipo di uomo che vuoi essere? Come...»
Si interruppe, improvvisamente terrorizzata all'idea di essere andata troppo oltre, di averlo perso.
«Come mio padre» disse lui.
La sua voce era gelida, distante, piatta come la lama di un coltello.
L'ho perso, pensò Clary disperata.
«Giù» disse lui spingendola con forza. Lei inciampò, cadde a terra, si mise in ginocchio. Da quella posizione vide Valentine sollevare la spada sopra la testa. La luce del candeliere appeso al soffitto esplose sulla lama, scoccandole negli occhi scintillanti punte di freccia. «Luke!» urlò.
La lama calò... sul pavimento. Luke non era più lì. Jace, muovendosi più velocemente di quanto Clary credesse possibile anche per un Cacciatore, lo aveva spinto via. E ora stava dritto di fronte a suo padre, sopra l'elsa vibrante della spada, il volto bianco ma lo sguardo fermo.
«Penso che dovresti andartene» disse.
Valentine guardò incredulo suo figlio. «Cosa hai detto?»
Luke si era messo a sedere. La sua camicia era macchiata da altro sangue. Guardò Jace allungare una mano e accarezzare in modo delicato, quasi disinteressato, l'elsa della spada che si era conficcata nel pavimento.
«Penso che tu mi abbia sentito, padre.»
La voce di Valentine era come una frusta. «Jonathan Morgenstern...»
Veloce come un fulmine, Jace afferrò l'elsa della spada, la strappò dal pavimento e la sollevò. La tenne dritta, con tocco leggero, la punta pochi centimetri sotto il mento del padre. «Non è quello il mio nome» disse. «Io mi chiamo Jace Wayland.»
Gli occhi di Valentine erano ancora fissi in quelli di Jace. Sembrò accorgersi a stento della spada puntata alla sua gola. «Wayland?» ruggì. «In te non scorre il sangue dei Wayland! Michael Wayland non è nessuno per te...»
«E neanche tu» disse tranquillamente Jace. Mosse leggermente la spada verso sinistra. «Allontanati da Luke.»
Valentine scosse il capo. «Mai. Non prenderò ordini da un ragazzino.»
La punta della spada toccò la gola di Valentine. Clary li fissava immobile, in preda a una sorta di orrore affascinato. «Sono un ragazzino molto ben addestrato» disse Jace. «Mi hai insegnato tu stesso la sottile arte di uccidere. Devo muovere solo due dita per tagliarti la gola, lo sai, vero?» I suoi occhi erano d'acciaio. «Immagino di sì.»
«Sei abbastanza abile» disse Valentine. Aveva ancora un tono di superiorità, ma Clary notò che restava perfettamente immobile. «Ma non riusciresti a uccidermi. Sei sempre stato un debole.»
«Forse lui non ci riuscirebbe.» Era stato Luke a parlare. Era di nuovo in piedi, per quanto pallido e insanguinato. «Ma io sì. E non sono del tutto sicuro che lui potrebbe fermarmi.»
Gli occhi febbrili di Valentine si posarono su Luke e poi di nuovo sul figlio. Jace non si era voltato quando Luke aveva parlato, era rimasto immobile come una statua, la spada perfettamente ferma nella sua mano. «Hai sentito il mostro minacciarmi, Jonathan» disse Valentine. «E tu ti schieri con questo animale?»
«Non ha torto» rispose Jace in tono tranquillo. «Non sono sicuro che potrei fermarlo se volesse farti del male. I licantropi guariscono così in fretta...»
Valentine fece una smorfia. «Così» sputò «sei come tua madre, preferisci questa creatura, questo demone bastardo, al tuo sangue, alla tua famiglia?»
Per la prima volta la spada di Jace ebbe un tremito. «Tu mi hai lasciato quando avevo dieci anni» disse con una voce misurata. «Mi hai fatto credere che tu fossi morto e mi hai mandato a vivere con degli estranei. Non mi hai mai detto che avevo una madre e una sorella. Mi hai lasciato solo.» L'ultima parola fu come un urlo.
«L'ho fatto per te... perché fossi al sicuro...» protestò Valentine.
«Se ti fosse importato qualcosa di Jace, se ti fosse importato della tua famiglia, non avresti ucciso i suoi nonni. Tu hai assassinato degli innocenti...» intervenne Clary furiosa.
«Innocenti?» rispose Valentine. «In guerra non esistono innocenti! Si erano schierati con Jocelyn, contro di me! Avrebbero lasciato che lei mi portasse via mio figlio!»
Luke sospirò. «Sapevi che ti avrebbe lasciato» disse. «Lo sapevi ancora prima della Rivolta?»
«Ma certo che lo sapevo!» ruggì Valentine. Il suo autocontrollo era crollato e Clary vide la rabbia fusa che ribolliva in lui stirare i tendini del suo collo e stringere le sue mani a formare dei pugni. «Ho fatto quello che dovevo per proteggere ciò che era mio e alla fine ho dato loro più di quanto meritassero... la pira funebre riservata solo ai più grandi guerrieri del Conclave!»
«Li hai bruciati» disse Clary.
«Sì» urlò Valentine. «Li ho bruciati.»
Jace emise un suono strozzato. «I miei nonni...»
«Non li hai mai conosciuti» disse Valentine. «Non simulare un dolore che non provi.»
La punta della spada ora tremava più velocemente. Luke appoggiò una mano sulla spalla di Jace. «Calmati» gli disse.
Jace non lo guardò. Ansimava come se avesse appena corso. Clary vide il sudore scintillare lungo la linea marcata delle sue clavicole e incollargli i capelli alle tempie. Sul dorso delle sue mani erano ben visibili le vene. Lo ucciderà, pensò. Ucciderà Valentine.
Avanzò velocemente. «Jace... abbiamo bisogno della Coppa. Oppure sai che cosa ne farà.»
Jace si leccò le labbra. «La Coppa, padre. Dov'è?»
«A Idris» disse Valentine senza scomporsi. «Dove non la troverete mai.»
La mano di Jace stava tremando. «Dimmi...»
«Dammi la spada, Jonathan.» Era Luke, e la sua voce era calma, addirittura gentile.
Jace, invece, sembrava che parlasse dal fondo di un pozzo. «Cosa?»
Clary fece un passo avanti. «Dai la spada a Luke. Dagliela, Jace.»
Il ragazzo scosse il capo. «Non posso.»
Lei avanzò. Un altro passo ancora e sarebbe stata abbastanza vicina da toccarlo. «Sì, puoi» gli disse dolcemente. «Ti prego.»
Lui non la guardò. I suoi occhi erano fissi in quelli di suo padre. Il momento si dilatò e parve interminabile. Alla fine il ragazzo annuì velocemente, senza abbassare la mano. Però permise a Luke di affiancarsi a lui e di mettere la mano sopra la sua, sull'elsa della spada. «Adesso puoi lasciarla, Jonathan» disse Luke. Poi vide il volto di Clary e si corresse. «Jace.»
Jace parve non averlo sentito. Lasciò l'elsa e si allontanò da suo padre. Gli era tornato un po' di colore in viso e ora era leggermente meno pallido. Clary avrebbe voluto toccarlo, gettargli le braccia al collo, ma sapeva che lui non glielo avrebbe consentito.
«Avrei un suggerimento» disse Valentine a Luke con un tono sorprendentemente leggero.
«Fammi indovinare» disse Luke. «È "non uccidetemi", giusto?»
Valentine scoppiò a ridere, una risata che non aveva nulla di allegro. «Non mi abbasserei certamente a pregarti.»
«Bene» Luke gli sfiorò il mento con la spada. «Non ti ucciderò, a meno che tu non mi costringa, Valentine. Non voglio ucciderti davanti a tuo figlio. Quello che voglio è la Coppa.»
I ruggiti al piano di sotto si erano fatti più forti. Clary sentì quelli che le parvero dei passi nel corridoio che portava alla stanza in cui si trovavano.
«Luke...»
«Ho sentito» la rassicurò lui.
«La Coppa è a Idris, ve l'ho già detto» disse Valentine guardando al di là di Luke.
Luke stava sudando. «Se è a Idris, hai usato il Portale per arrivarci. Andremo insieme a riprenderla.» Gli occhi di Luke si mossero velocemente. C'era del trambusto in corridoio, urla, oggetti che andavano in pezzi. «Clary resta con tuo fratello. Dopo che saremo andati via, usate il Portale per andare in un posto sicuro.»
«Non ti lascio qui» disse Jace.
«E invece sì.» Qualcosa picchiò contro la porta. Luke alzò la voce. «Valentine, il Portale. Subito.»
Valentine allargò le braccia. «Come desideri.»
STAI LEGGENDO
Shadowhunters - Città di Ossa
Fantasyavevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃