L'alito caldo sul suo volto puzzava di sangue. Clary non riusciva a respirare. Le sembrava che le si dovessero spezzare le costole da un momento all'altro. Il suo braccio era incastrato tra lei e il mostro, con il sensore che le affondava nel palmo. Si contorse, cercando di liberare la mano. «Lord Valentine non lo saprà mai, non ha parlato di una ragazza. Lord Valentine non si arrabbierà.» La bocca priva di labbra della creatura si contorse mentre apriva lentamente le mandibole e un'ondata di alito caldo e fetido colpiva il viso di Clary.
Clary riuscì a liberare la mano. Urlò e colpì la bestia: voleva ferirla, accecarla. Aveva quasi dimenticato il sensore. Quando la creatura si lanciò contro la sua faccia con le mandibole spalancate, Clary le infilò il sensore tra i denti sentendo la bava calda e acida della cosa ricoprirle il polso e bruciarle la pelle del volto e la gola. Sentì se stessa urlare, ma come in lontananza.
La creatura balzò indietro con un'aria stupita, col sensore incastrato tra due zanne. Ringhiò, emise una specie di profondo ronzio rabbioso e fece scattare la testa all'indietro. Clary la vide deglutire, vide il movimento della sua gola. La prossima sono io, pensò in preda al panico. La prossima...
All'improvviso la creatura iniziò a contorcersi. In preda a spasmi incontrollabili, lasciò libera Clary e cadde sulla schiena, con le zampe che mulinavano in aria. Dalla bocca le usciva un fluido nero.
Clary rotolò su un fianco, cercando di riprendere fiato, e iniziò ad allontanarsi dalla creatura. Aveva quasi raggiunto la porta quando sentì qualcosa fischiare nell'aria accanto alla sua testa. Cercò di abbassarsi ma era troppo tardi. Un oggetto la colpì alla nuca e lei crollò in avanti, svenuta.
La luce la feriva attraverso le palpebre, di blu, bianco e rosso. C'era un suono alto e ululante che si alzava di tono come l'urlo di un bambino terrorizzato. Clary ebbe un conato di vomito e aprì gli occhi.
Era distesa sull'erba fredda e umida. Sopra di lei c'era il cielo notturno in cui il bagliore di peltro delle stelle era soffocato dalle luci della città. Jace si inginocchiò accanto a lei. I bracciali d'argento che aveva ai polsi gettarono scintille di luce mentre faceva a brandelli il pezzo di stoffa che aveva in mano. «Non muoverti.»
L'ululato rischiava di spaccarle le orecchie. Clary disobbedì e voltò la testa di lato. Fu ricompensata da una fitta lancinante alla schiena. Era distesa sul prato dietro le adorate piante di rose di Jocelyn. Il fogliame nascondeva parzialmente la strada, dove un'auto della polizia con il lampeggiante blu e bianco acceso stava parcheggiando accanto al marciapiede a sirene spiegate. Si era già formato un gruppetto di vicini che guardavano mentre le portiere dell'auto si aprivano e ne uscivano due agenti in uniforme blu.
La polizia. Clary cercò di mettersi a sedere ed ebbe un altro conato. Le dita, in preda agli spasmi, le si conficcarono nella terra umida.
«Ti ho detto di non muoverti» sibilò Jace. «Il Divoratore ti ha colpito alla nuca. Era mezzo morto, per cui non è stata una gran puntura, ma dobbiamo portarti all'Istituto. Stai ferma.»
«Quella cosa... il mostro... parlava.» Clary era scossa da tremiti incontrollabili.
«Hai già sentito parlare un demone.» Le mani di Jace erano delicate, mentre le faceva scivolare la striscia di stoffa sotto il collo e la legava. Era spalmata con qualcosa di oleoso, come la pomata che sua madre usava per ammorbidire le mani screpolate dai colori e dall'acquaragia.
«Il demone del Pandemonium... sembrava una persona.»
«Era un Eidolon. Un mutante. I Divoratori sono come sono. Non proprio una bellezza, ma sono troppo stupidi per badarci.»
«Ha detto che mi avrebbe mangiata...»
«Ma non lo ha fatto. Lo hai ucciso.» Jace terminò il nodo e si mise a sedere.
Il dolore alla nuca diminuì subito e Clary riuscì a sollevarsi un po'. «È arrivata la polizia.» La sua voce sembrava il gracidio di una rana. «Dovremmo...»
«Loro non possono fare niente. Probabilmente qualcuno ti ha sentito gridare e li ha chiamati. Dieci a uno che quelli non sono veri poliziotti. I demoni sono molto bravi a cancellare le loro tracce.»
«Mia mamma...» disse Clary facendo uscire a forza le parole dalla sua gola gonfia.
«Al momento hai nelle vene il veleno del Divoratore. Se non vieni con me morirai nel giro di un'ora.» Jace la aiutò ad alzarsi in piedi. Sapeva di terra, sangue e metallo. «Ce la fai a camminare?»
«Credo di sì.» Clary diede un'occhiata attraverso le rose fiorite. Vide gli agenti risalire il vialetto. Una di loro, una donna bionda e snella, impugnava una torcia elettrica. Mentre la alzava, Clary vide che la sua mano era priva di carne, una mano scheletrica con le punte delle dita affilate. «La sua mano...»
«Te l'ho detto che potevano essere demoni.» Jace rivolse lo sguardo verso il retro della casa. «Dobbiamo andarcene da qui. Si può passare dal vicolo?»
Clary scosse il capo. «È chiuso da un muro. Non si può...» Le sue parole furono soffocate da un accesso di tosse. Si portò una mano alla bocca e quando la levò era rossa. Clary gemette: «Jace...»
Lui le afferrò il polso e lo girò in modo che la pelle bianca e vulnerabile dell'interno del suo braccio fosse illuminata dalla luna. Sotto la sua pelle si distingueva un intrico di vene blu che portavano il sangue avvelenato al cuore e al cervello. Clary sentì che le ginocchia le cedevano. C'era qualcosa nella mano di Jace, qualcosa di affilato, color argento. La ragazza cercò di liberare la mano, ma la presa di lui era troppo forte: sentì un bacio pungente contro la pelle. Quando Jace la lasciò andare, Clary vide un simbolo nero tracciato con l'inchiostro, simile a quelli che coprivano la pelle di Jace, appena sotto la piega del polso. Il simbolo era formato da una serie di cerchi concentrici sovrapposti.
«A cosa serve?»
«Ti nasconderà» disse lui. «Per il momento.» Si infilò nella cintura la cosa che Clary aveva pensato fosse un coltello. Era un cilindretto luminoso e appuntito, grande come un dito. «È il mio stilo» disse Jace.
Clary non chiese cosa fosse. Era troppo occupata a cercare di reggersi in piedi. Il terreno si alzava e si abbassava sotto i suoi piedi. «Jace» disse mentre si accasciava su di lui. Jace la prese al volo, come se fosse abituato a salvare ragazze che svenivano, come se lo facesse tutti i giorni. Forse era proprio così. La prese in braccio e le disse all'orecchio qualcosa che suonava come "Alleanza". Clary voltò la testa all'indietro per guardarlo, ma vide solo le stelle che correvano nel cielo buio sopra di lei. Poi si sentì pesantissima e neanche le braccia di Jace attorno a lei bastarono a impedirle di cadere.
STAI LEGGENDO
Shadowhunters - Città di Ossa
Fantasyavevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃