capitolo 10
LA CITTÀ DI OSSA
Vi fu un momento di sbalordito silenzio prima che Jace e Clary si mettessero a parlare contemporaneamente.
«Valentine aveva una moglie? Era sposato? Pensavo...»
«È impossibile! Mia madre non avrebbe mai... lei è stata sposata solo con mio padre! Non aveva un ex marito!»
Hodge sollevò le mani, come esausto. «Figlioli miei...»
«Non sono la sua figliola.» Clary voltò le spalle alla scrivania. «E non voglio sentire altro.»
«Clary» disse Hodge. La gentilezza nella sua voce era una ferita aperta. Clary si girò lentamente e lo guardò. Era strano che coi suoi capelli grigi e il suo volto segnato apparisse molto più vecchio di sua madre. Eppure erano stati giovani insieme, erano entrati insieme nel Circolo, avevano conosciuto insieme Valentine. «Mia madre non avrebbe...» iniziò a dire la ragazza, ma poi si interruppe. Non era più sicura di conoscere Jocelyn. Sua madre era diventata un'estranea per lei, una bugiarda, una donna che nascondeva dei segreti. Che cosa non avrebbe fatto?
«Tua madre lasciò il Circolo» continuò Hodge. Non si avvicinò a Clary, ma la guardò con l'attenta immobilità di un uccello. «Quando capimmo quanto fossero diventate estremiste le idee di Valentine... e cosa era pronto a fare... molti di noi lasciarono il Circolo. Lucian fu il primo. Per Valentine fu un duro colpo. Erano molto vicini.» Hodge scosse il capo. «Poi fu la volta di Michael Wayland. Tuo padre, Jace.»
Jace sollevò un sopracciglio, ma non disse nulla.
«Vi fu anche chi gli restò fedele. Pangborn, Blackwell, i Lightwood...» «I Lightwood? Vuoi dire Robert e Maryse?» Jace sembrava sconvolto. «E tu? Quando te ne sei andato?»
«Non l'ho fatto» disse Hodge con un filo di voce. «E nemmeno loro... avevamo paura, troppa paura di ciò che lui avrebbe potuto fare. Dopo la Rivolta, i lealisti come Blackwell e Pangborn fuggirono. Noi restammo e cooperammo con il Conclave. Facemmo dei nomi. Li aiutammo a rintracciare quelli che erano scappati. E per questo furono clementi con noi.» «Clementi?» Lo sguardo di Jace fu veloce, ma Hodge lo vide.
«Stai pensando alla maledizione che mi tiene legato a questo posto, vero?» disse. «Hai sempre dato per scontato che fosse un incantesimo lanciato per vendetta da un demone o da uno stregone. Ma non è così. La maledizione che mi tiene qui è stata lanciata dal Conclave.»
«Per il fatto che facevi parte del Circolo?» chiese Jace. Il suo volto era una maschera di stupore.
«No, per non esserne uscito prima della Rivolta.»
«Ma i Lightwood non sono stati puniti» disse Clary. «Perché no? Avevano fatto la stessa cosa che hai fatto tu.»
«Nel loro caso c'erano delle attenuanti. Erano sposati, avevano un figlio. E comunque non è che vivono in questo avamposto lontano da Idris per loro scelta. Siamo stati esiliati qui tutti e tre. Tutti e quattro, dovrei dire. Alec era molto piccolo, quando abbiamo lasciato la Città di Vetro. Loro possono tornare a Idris solo per questioni ufficiali e solo per brevi periodi. Io non posso tornare. Non rivedrò mai più la Città di Vetro.»
Jace lo guardava basito. Era come se lo vedesse per la prima volta. «Dura lex, sed lex» disse.
«Te l'ho insegnato io» mormorò Hodge con una nota di amaro divertimento nella voce. «E ora usi le mie lezioni contro di me. E giustamente.» Sembrò volersi abbandonare sulla poltrona lì vicina, ma restò in piedi, in una posizione rigida che conservava qualcosa del soldato che era stato un tempo, pensò Clary.
«Perché non me l'hai detto prima?» chiese la ragazza. «Che mia madre era sposata con Valentine, voglio dire. Conoscevi il suo nome...»
«Io la conoscevo come Jocelyn Fairchild, non come Jocelyn Fray» rispose Hodge. «E tu hai tanto insistito a dire che non era a conoscenza del Mondo Invisibile che mi hai convinto che non potesse essere la Jocelyn che conoscevo... e forse non volevo crederlo. Nessuno potrebbe volere il ritorno di Valentine.» Scosse di nuovo il capo. «Quando questa mattina ho mandato un messaggio ai Fratelli della Città di Ossa non avevo idea di quali notizie avremmo avuto per loro» disse. «Quando il Conclave scoprirà che Valentine è tornato, che sta cercando la Coppa, scoppierà il caos. Spero solo che questo non vada a discapito degli Accordi.»
«Scommetto che Valentine ne sarebbe contento» osservò Jace. «Ma perché vuole così tanto la Coppa?»
Il volto di Hodge era grigio. «Non è ovvio?» disse. «Per potersi creare un esercito.»
Jace parve sbalordito. «Ma non...»
«La cena è pronta!» Era Isabelle, in piedi sulla porta delle biblioteca. Aveva ancora il mestolo in mano. I suoi capelli erano sciolti e le ricadevano sulle spalle. «Scusate l'interruzione» aggiunse, come se ci avesse pensato solo in quel momento.
«Oddio» disse Jace. «L'ora del giudizio è arrivata.»
Hodge parve allarmato. «Io... io... ho fatto una colazione molto abbondante» balbettò. «Voglio dire... un pranzo... un pranzo molto abbondante. Non ho molta fame...»
«Ho buttato via la zuppa» disse paziente Isabelle. «E ho ordinato da mangiare dal ristorante cinese.»
Jace si staccò dalla scrivania e si stiracchiò. «Fantastico» disse. «Sto morendo di fame.»
«Forse potrei cercare di mangiare qualcosina...» ammise Hodge imbarazzato.
«Siete due pessimi bugiardi» disse Isabelle. «Sentite, lo so che non vi piace come cucino...»
«E allora smetti di farlo» le consigliò Jace. «Hai ordinato il maiale mu shu? Lo sai che vado matto per il maiale mu shu...»
Isabelle levò gli occhi al cielo. «Sì. È in cucina.»
«Grande.» Jace le passò accanto scompigliandole amorevolmente i capelli. Hodge lo seguì, fermandosi solo per sfiorare solidale una spalla di Isabelle, poi scomparve con un buffo cenno di scusa del capo. Clary si chiese come qualche minuto prima avesse potuto vedere in lui l'ombra del suo vecchio io guerriero.
Isabelle seguì Jace e Hodge con lo sguardo, rigirandosi il mestolo tra le dita pallide e coperte di cicatrici. «Lo è davvero?» chiese Clary.
Isabelle non la guardò neppure. «Chi è davvero cosa?»
«Jace. È davvero un pessimo bugiardo?»
Isabelle si voltò verso Clary e la guardò coi suoi grandi occhi scuri e inaspettatamente seri. «Non è affatto un bugiardo. Non sulle cose che contano. Preferisce dirti una verità orribile che mentirti.» Fece una pausa, e poi aggiunse sottovoce. «È per questo che di solito è meglio non chiedergli niente se non sei sicura di non poter sopportare la risposta.»
La cucina era calda e piena di luce e dell'odore agrodolce del cibo cinese. Quel profumo ricordava a Clary casa sua: si sedette ad ammirare il suo piatto luccicante di spaghetti di soia, giocherellò un po' con la forchetta e cercò di non guardare Simon, che stava fissando Isabelle con un'espressione più cotta di un'anatra alla pechinese.
«Be', secondo me è una cosa romantica» disse Isabelle mentre succhiava perline dolci di tapioca con un'enorme cannuccia rosa.
«Che cosa?» chiese Simon, improvvisamente attento.
«Tutta quella faccenda della madre di Clary che era sposata con Valentine» disse Isabelle. Jace e Hodge le avevano raccontato tutto, anche se Clary notò che avevano tralasciato la parte sul ruolo dei Lightwood nel Circolo e sulle maledizioni del Conclave. «Così adesso è tornato dal mondo dei morti ed è venuto a cercarla. Forse vuole rimettersi con lei.»
«Ho qualche dubbio che voglia rimettersi con lei dopo che ha mandato un Divoratore a casa sua» disse Alec, che si era presentato quando la cena era ormai in tavola. Nessuno gli aveva chiesto dove fosse stato e lui non aveva detto nulla. Sedette accanto a Jace e di fronte a Clary, evitando di guardarla negli occhi.
«In effetti non sarebbe una grande mossa» concordò Jace. «Meglio prima i fiori, poi una lettera di scuse e soltanto dopo le orde di demoni assetati di sangue.»
«Magari glieli ha mandati, i fiori» disse Isabelle «per quello che ne sappiamo.»
«Isabelle» la richiamò paziente Hodge. «Stiamo parlando dell'uomo che ha portato su Idris una distruzione mai vista prima, che ha messo i Cacciatori contro i Nascosti e ha inondato di sangue le strade della Città di Vetro.»
«Be', i cattivi sono sempre dei gran fighi, no?»
Simon cercò di assumere uno sguardo minaccioso, ma rinunciò quando si accorse che Clary lo stava guardando. «Ma perché Valentine vuole così tanto questa Coppa? E perché pensa che ce l'abbia la mamma di Clary?» chiese.
«Tu hai detto che la vuole per crearsi un esercito» disse Clary rivolta a Hodge. «Vuoi dire che potrebbe usare la Coppa per creare altri Cacciatori?»
«Sì.»
«Così Valentine, con quella Coppa, potrebbe prendere un tizio qualsiasi
e farlo diventare un Cacciatore?» Simon si protese in avanti. «Funzionerebbe anche con me?»
Hodge gli rivolse una lunga occhiata. «Forse sì» disse. «Ma probabilmente tu sei troppo grande. La Coppa funziona con i bambini. Su un adulto non avrebbe alcun effetto, oppure lo ucciderebbe.»
«Un esercito di bambini» mormorò Isabelle con un filo di voce.
«Solo per qualche anno» disse Jace. «I bambini crescono in fretta. Non ci metterebbero molto a diventare veri e propri guerrieri.»
«Non capisco» disse Simon. «Trasformare un branco di ragazzini in guerrieri. Ho sentito cose peggiori. Non vedo tutta questa necessità di tenere la Coppa lontana da lui.»
«Valentine userebbe senza alcun dubbio questo esercito per lanciare un attacco contro il Conclave» rispose secco Hodge. «E la ragione per cui pochissimi umani vengono scelti per essere trasformati in Nephilim è che quasi nessuno sopravvive alla trasformazione. Ci vogliono una forza e una resistenza eccezionali. Prima di poter essere trasformati, devono passare attraverso numerose prove... Ma Valentine non perderebbe certo tempo in prove. Userebbe la Coppa su tutti i bambini e con i sopravvissuti creerebbe il suo esercito.»
Alec stava guardando Hodge con lo stesso orrore che provava anche
Clary. «Come fai a sapere cosa farebbe?»
«Perché» disse Hodge «quando faceva parte del Circolo il piano era proprio questo. Diceva che era l'unico modo per costruirsi la potenza bellica necessaria per difendere il nostro mondo.»
«Ma questo è omicidio!» esplose Isabelle, che era diventata un po' verde. «Si sta parlando di uccidere dei bambini.»
«Diceva che avevamo reso il mondo più sicuro per gli umani per mille anni» disse Hodge. «E che era giunto il momento di ripagarci con il loro sacrificio.»
«Dei bambini?» chiese Jace con le guance arrossate. «Questo va contro tutto ciò che dovremmo difendere. Proteggere i deboli, salvaguardare l'umanità...»
Hodge allontanò il proprio piatto. «Valentine era pazzo» disse. «Geniale, ma pazzo. L'unica cosa che gli importava era di uccidere i demoni e i Nascosti. Purificare il mondo. Lui avrebbe sacrificato il proprio figlio per la causa e non capiva come qualcun altro non intendesse farlo.» «Aveva un figlio?» chiese Alec.
«Parlavo per ipotesi» disse Hodge tirando fuori di tasca il fazzoletto. Lo usò per asciugarsi la fronte e lo rimise nel taschino. Clary notò che gli tremava leggermente la mano. «Quando la sua terra bruciò e la sua casa fu distrutta, si pensò che si fosse dato fuoco insieme alla Coppa piuttosto che arrendersi al Conclave. Tra le ceneri vennero trovate le sue ossa insieme a quelle di sua moglie.»
«Ma mia madre è sopravvissuta» disse Clary. «Non è morta in quell'incendio.»
«E neanche Valentine, a quanto pare» disse Hodge. «Il Conclave non sarà contento di essere stato preso in giro. E soprattutto vorrà mettere le mani sulla Coppa. E, cosa ancor più importante, vorrà assicurarsi che non lo faccia Valentine.»
«Direi che la prima cosa da fare è trovare la madre di Clary» suggerì Jace. «Trovare lei e la Coppa prima di Valentine.»
A Clary pareva una buona idea, ma dall'espressione di Hodge sembrava che Jace avesse proposto di fare il giocoliere con delle palle di nitroglicerina. «Assolutamente no.»
«E allora cosa faremo?»
«Niente» disse Hodge. «È meglio lasciare questa faccenda a Shadowhunters abili ed esperti.»
«Io sono abile» disse Jace. «E anche esperto.»
Il tono di Hodge si fece deciso, simile a quello che avrebbe usato un padre. «Lo so, Jace, ma sei ancora un bambino, o quasi.»
Jace guardò Hodge con gli occhi socchiusi. Le sue lunghe ciglia gli disegnavano delle ombre sugli zigomi. In un altro avrebbe potuto sembrare uno sguardo timido, quasi di scuse, ma sul volto di Jace risultava piuttosto minaccioso. «Io non sono un bambino.»
«Hodge ha ragione» disse Alec. Stava guardando Jace, e Clary pensò che probabilmente era uno dei pochi al mondo a guardare Jace non come se avesse paura di lui, ma come se avesse paura per lui. «Valentine è pericoloso. Lo so che sei un buon Cacciatore. Probabilmente sei il migliore fra quelli della nostra età. Ma Valentine è uno dei migliori che ci siano mai stati. C'è voluta una grande battaglia per sconfiggerlo.»
«E non ci sono neanche riusciti fino in fondo» aggiunse Isabelle mentre esaminava una forcina per capelli. «A quanto pare.»
«Ma noi siamo qui» protestò Jace. «Siamo qui e grazie agli Accordi non c'è nessun altro. Se non facciamo qualcosa...»
«Faremo qualcosa» concluse Hodge. «Manderò un messaggio al Conclave questa sera stessa. Possono far arrivare qui dei Nephilim già domani.
Se ne occuperanno loro. Voi avete fatto più che abbastanza.»
Jace si arrese, ma i suoi occhi scintillavano ancora. «Non mi piace.»
«Non ti deve piacere» disse Alec. «Devi solo stare zitto e non fare stupidaggini.»
«E mia madre?» chiese Clary. «Non può aspettare che si presentino i rappresentanti del Conclave. È prigioniera di Valentine, lo hanno detto Pangborn e Blackwell, e lui potrebbe...» Non riuscì a pronunciare la parola torturarla, ma sapeva che non era stata l'unica a pensarla. All'improvviso nessuno attorno a quel tavolo riusciva a guardarla negli occhi.
A parte Simon. «Farle del male» disse, terminando la frase. «Però hanno anche detto che non aveva ripreso conoscenza e che Valentine non ne era contento. Sembra che aspetti che lei si svegli.»
«Se fossi in lei non lo farei» mormorò Isabelle.
«Ma potrebbe succedere in qualsiasi momento» disse Clary ignorando Isabelle. «Credevo che il Conclave avesse il compito di proteggere le persone. Non dovrebbero esserci qui dei Cacciatori, adesso? Non dovrebbero essere già alla sua ricerca?»
«Sarebbe più facile» scattò Alec «se avessimo almeno una vaga idea di dove cercare.»
«Ma ce l'abbiamo» disse Jace.
«Ah, sì?» Clary lo guardò, allarmata e impaziente.
«È qui.» Jace si chinò in avanti e toccò con le dita la tempia di Clary in modo tanto delicato che la ragazza arrossì. «Tutto quello che ci serve sapere è chiuso dentro la tua testa, sotto questi bei riccioli rossi.»
Clary sollevò una mano per toccarsi i capelli. «Non penso...»
«E allora cosa pensi di fare?» lo aggredì Simon. «Aprirle la testa a colpi di spada?»
Gli occhi di Jace scintillarono, ma parlò con un tono molto calmo. «Niente affatto. I Fratelli Silenti possono aiutarci a recuperare i suoi ricordi.»
«Ma tu odi i Fratelli Silenti» protestò Isabelle.
«Non li odio» replicò Jace candido. «Ho paura di loro. Non è la stessa cosa.»
«Sbaglio o avevi detto che sono dei bibliotecari?» disse Clary.
«E infatti lo sono.»
Simon fischiò. «Devono far pagare delle multe belle salate per le consegne in ritardo.»
«I Fratelli Silenti sono archivisti, ma non sono soltanto questo» intervenne Hodge, che sembrava aver quasi esaurito la pazienza. «Per rafforzare le loro menti, hanno scelto di prendere su di sé le rune più potenti mai create. Il potere di quelle rune è tale che, usandole...» Si interruppe, e Clary sentì nella propria testa la voce di Alec che diceva: si mutilano. «Be', distorce la loro forma fisica. Non sono guerrieri come gli altri Cacciatori. I loro poteri risiedono nella mente, non nel corpo.»
«Possono leggere il pensiero?» chiese Clary sottovoce.
«Tra le altre cose. Sono tra i cacciatori di demoni più temuti.»
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Shadowhunters - Città di Ossa
خيال (فانتازيا)avevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃