capitolo 12
LA FESTA DEI MORTI
Le indicazioni stradali sull'invito li portarono in una zona industriale semiabbandonata di Brooklyn, dove le strade erano costeggiate da fabbriche e magazzini. Alcuni, notò Clary, erano stati convertiti in loft e in gallerie d'arte, ma c'era ancora qualcosa di inquietante nelle loro forme imponenti e squadrate in cui si aprivano pochissime finestre coperte da inferriate.
A partire dalla fermata della metropolitana, si orientarono con il sensore di Isabelle, che aveva un navigatore integrato. Simon, che adorava i gadget elettronici, ne era affascinato... o almeno fingeva che fosse il sensore ad affascinarlo. Clary, nella speranza di evitarli, si attardò mentre attraversavano un parco malridotto, l'erba non curata e bruciata dal caldo estivo. Alla sua destra le guglie di una chiesa scintillavano grigie e nere contro il cielo privo di stelle.
«Non restare indietro» le disse all'orecchio una voce irritata. Era Jace, che aveva rallentato il passo per starle accanto. «Non voglio continuare a guardarmi alle spalle per essere sicuro che non ti succeda nulla.»
«E allora non farlo.»
«L'ultima volta che ti ho lasciata sola sei stata attaccata da un demone» le ricordò lui.
«Be', mi dispiacerebbe davvero interrompere la tua passeggiata serale con un evento fuori luogo come la mia morte.»
Jace sbatté gli occhi. «C'è un confine sottile tra il sarcasmo e l'ostilità pura e semplice, e direi che tu lo hai superato. Cosa c'è?»
Clary si morse le labbra. «Questa mattina dei tizi inquietanti mi hanno scavato nel cervello. Adesso lo farà anche un altro tizio inquietante. E se non mi dovesse piacere, quello che scoprirà?»
«Cosa ti fa pensare che non ti piacerà?»
Clary si allontanò i capelli dalle pelle sudata. «Ti odio quando rispondi a una domanda con un'altra domanda.»
«No, non è vero. Mi trovi affascinante. E comunque non preferiresti conoscere la verità?»
«No. Voglio dire, forse. Non lo so.» Sospirò. «E tu?»
«È questa la strada!» urlò Isabelle, che era quasi mezzo isolato più avanti. Si trovavano in uno stretto viale fiancheggiato da vecchi magazzini, anche se adesso la maggior parte mostrava i segni della trasformazione in unità residenziali: fioriere alle finestre, tende di pizzo che ondeggiavano nell'afa notturna, bidoni della spazzatura numerati sui marciapiedi.
Clary socchiuse gli occhi, ma non sapeva dire se questa strada fosse quella che aveva visto alla Città di Ossa: nella sua visione era coperta di neve.
Sentì le dita di Jace sfiorarle le spalle. «Assolutamente. Sempre» le sussurrò.
Lei lo guardò senza capire. «Cosa?»
«La verità» disse. «Io...»
«Jace!» Era Alec. Era poco distante, e Clary si chiese perché avesse parlato così forte.
Jace si voltò, staccando la mano dalla schiena di Clary. «Sì?»
«Pensi che siamo nel posto giusto?» Alec stava indicando qualcosa che Clary non poteva vedere perché era nascosto dietro una grossa auto nera.
«Cos'è quello?» Jace raggiunse Alec, e Clary lo sentì ridere. Quando passò dall'altro lato dell'auto, la ragazza vide ciò che stavano guardando: diverse moto snelle e cromate col telaio nero ribassato. Attorno a esse serpeggiavano vari tubi dall'aria unta, viscosi come vene. C'era qualcosa di stranamente organico in quelle moto, come nelle biocreature di un dipinto di Giger.
«Vampiri» disse Jace.
«A me sembrano moto» disse Simon quando li raggiunse con accanto Isabelle. La ragazza corrugò la fronte alla loro vista.
«E infatti lo sono, ma sono state modificate per funzionare con motori demoniaci» spiegò. «Le usano i vampiri... con queste di notte possono andarsene in giro a tutta birra. L'Alleanza non è del tutto favorevole, ma...»
«Ho sentito dire che alcune di queste moto possono volare» disse Alec affascinato. Sembrava Simon davanti a un nuovo videogame. «O diventare invisibili nel giro di un secondo. O andare sottacqua...»
Jace era saltato giù dal marciapiede e stava girando attorno alle moto per esaminarle. Allungò una mano e la passò sul telaio affusolato di una di esse. C'erano delle parole dipinte in argento sulla fiancata: NOX INVICTUS.
«Notte vittoriosa» tradusse.
Alec lo guardava con un'espressione strana. «Cosa stai facendo?»
A Clary sembrò di vedere Jace che si infilava una mano dentro la giacca.
«Niente.»
«Be', sbrigati» disse Isabelle. «Non mi sono vestita così per vederti perdere tempo con un branco di moto.»
«Sono belle da guardare» disse Jace tornando sul marciapiede. «Lo devi ammettere.»
«Anch'io, se è per questo» disse Isabelle, che non sembrava disposta ad ammettere un bel niente. «E adesso andiamo.»
Jace stava guardando Clary. «Questo edificio» disse indicando il magazzino di mattoni rossi. «È quello giusto?»
Clary sospirò. «Penso di sì» disse insicura. «Sembrano tutti uguali.»
«C'è solo un modo per scoprirlo» disse Isabelle salendo decisa gli scalini d'entrata. Gli altri la seguirono, ammassandosi nell'ingresso angusto e maleodorante. Una lampadina appesa a un filo illuminava una grande porta di metallo e una serie di campanelli sulla parete di sinistra. Solo su uno c'era un nome: BANE.
Isabelle suonò. Non accadde nulla. Suonò di nuovo. Stava per farlo una terza volta, quando Alec le prese il polso. «Non fare la maleducata.» Lei gli lanciò un'occhiataccia: «Alec...» La porta si aprì.
Un uomo magro comparve sulla soglia e li osservò con curiosità. Fu Isabelle a riprendersi per prima dalla sorpresa e a sfoggiare un sorriso scintillante. «Magnus? Magnus Bane?»
«In persona.» L'uomo che bloccava l'entrata era alto e magro come una pertica e i suoi capelli erano una corona di fitte guglie nere. Dal taglio dei suoi occhi assonnati e dalla tonalità della sua pelle leggermente brunita Clary dedusse che fosse in parte asiatico. Portava dei jeans e una camicia nera coperta da dozzine di fibbie di metallo. I suoi occhi erano coperti da una mascherina di glitter color carbone, le labbra dipinte di blu scuro. Si fece passare una mano inanellata tra i capelli a punta e li guardò pensieroso. «Figli dei Nephilim» disse. «Dunque, dunque. Non ricordo di avervi invitati.»
Isabelle tirò fuori l'invito e lo sventolò come una bandiera bianca. «Ho un invito. E loro» e indicò il resto del gruppo con un ampio movimento del braccio «sono con me.»
Magnus le strappò l'invito di mano e lo guardò con evidente disgusto. «Dovevo essere ubriaco» disse. «Vabbe'.» Spalancò la porta. «Entrate. E cercate di non uccidere nessuno dei miei ospiti.»
Jace si avvicinò alla porta e guardò Magnus dritto negli occhi. «Nemmeno se rovesciano un bicchiere sulle mie scarpe di pelle nuove?»
«No.» La mano di Magnus si mosse tanto velocemente da essere poco più di un lampo sfocato e strappò lo stilo dalla mano di Jace. Clary non si era nemmeno accorta che fosse lì. Jace assunse un'aria vagamente imbarazzata. «E quanto a questo» disse Magnus facendolo scivolare in una tasca dei jeans di Jace «tienilo nei pantaloni, Cacciatore.»
Magnus sorrise e si avviò su per le scale, lasciando un Jace dall'aria sorpresa a tenere aperta la porta. «Andiamo» disse il ragazzo con un gesto della mano. «Prima che qualcuno pensi che è la mia festa.»
Gli passarono davanti ridacchiando nervosamente. Solo Isabelle si fermò
e scosse il capo. «Cerca di non farlo incavolare, per favore, se vuoi che ci aiuti.»
Jace sembrava annoiato. «So quello che faccio.»
«Lo spero.» Isabelle gli passò davanti in un mulinare di stoffe.
L'appartamento di Magnus era in cima a una lunga rampa di scale traballanti. Simon allungò il passo per raggiungere Clary, che si stava pentendo di avere appoggiato la mano alla balaustra. Era sporca di un liquido appiccicoso che mandava una debole luce verde e malsana.
«Bleah» disse Simon, e le offrì un angolo della sua maglietta per pulirsi la mano. Clary lo fece. «Va tutto bene? Sembri... distratta.»
«È solo che ha un'aria familiare. Magnus, voglio dire.» «Dici che va anche lui alla St. Xavier's?» «Molto divertente.» Clary lo guardò male.
«Hai ragione. È troppo vecchio per essere uno studente. Mi sa che l'ho avuto come prof di chimica l'anno scorso.»
Clary scoppiò a ridere. Isabelle le fu immediatamente accanto. «Mi sto perdendo qualcosa di divertente, Simon?»
Simon ebbe l'accortezza di assumere un'espressione imbarazzata, ma non disse nulla. Clary borbottò: «No, non ti stai perdendo niente» e lasciò che la distanziassero. Gli anfibi con le suole spesse stavano iniziando a farle male ai piedi. Quando arrivò in cima alle scale ormai zoppicava, ma si dimenticò il dolore non appena superò la porta dell'appartamento di Magnus.
Il loft era enorme e quasi completamente vuoto. Le finestre a tutta altezza erano coperte da una spessa pellicola di polvere e vernice che teneva fuori quasi tutta la luce esterna. Grossi pilastri di metallo attorno ai quali erano avvolti cavi di lampadine colorate sorreggevano un caliginoso soffitto ad arco. Le porte erano state strappate dai cardini e poggiate sopra dei bidoni dell'immondizia per farne un bancone improvvisato a un'estremità della sala. Una donna dalla pelle lilla con un bustino metallico serviva da bere dentro alti bicchieri di vetro dai colori sgargianti, che tingevano il liquido che contenevano: rosso sangue, blu cianotico, verde veleno. Anche per gli standard di una barista di New York, la donna lavorava con un'efficienza e una velocità affascinanti, aiutata dal fatto che aveva un altro paio di lunghe e aggraziate braccia oltre alle classiche due. A Clary fece venire in mente la statua della dea indiana di Luke.
Il resto degli invitati era altrettanto strano. Un bel ragazzo coi capelli umidi verdi e neri sorrise a Clary da sopra un vassoio che sembrava contenere pesce crudo. I suoi denti erano affilati e serrati come quelli di uno squalo. Accanto a lui c'era una ragazza con lunghi capelli biondo cenere intrecciati con dei fiori. Sotto la gonna del suo miniabito verde, i piedi avevano degli zoccoli da capra. Giovani donne così pallide che Clary si chiese se avessero del fondotinta da teatro sorseggiavano un liquido scarlatto troppo denso per essere semplice vino. Il centro della stanza era affollato di corpi che danzavano al ritmo martellante che rimbalzava tra le pareti, anche se Clary non vedeva da nessuna parte una band che suonava.
«Ti piace la festa?»
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Shadowhunters - Città di Ossa
Fantasyavevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃