capitolo 11
MAGNUS BANE
Jace si chinò in avanti e picchiò la mano contro il divisorio di plexiglas che li separava dal tassista. «Giri a sinistra! A sinistra! Ho detto di prendere la Broadway, razza di imbecille!»
Il tassista reagì sterzando tanto bruscamente che Clary venne sbalzata contro il suo compagno di viaggio e lanciò un urletto rabbioso. «Perché prendiamo la Broadway?»
«Sto morendo di fame» disse Jace. «E a casa ci sono solo gli avanzi del takeaway cinese.» Tirò fuori di tasca il telefono e iniziò a digitare un numero. «Alec! Sveglia!» urlò. Clary sentì un brusio irritato all'altro capo della linea. «Vediamoci da Taki. Colazione. Sì, hai sentito bene. Colazione.»
Interruppe la chiamata e si ficcò il telefono in tasca mentre il taxi accostava al marciapiede. Jace diede al tassista una manciata di banconote e spinse Clary fuori dall'auto. Quando atterrò accanto a lei si stiracchiò come un gatto e allargò le braccia. «Benvenuta nel migliore ristorante di New
York.»
Il posto non sembrava un granché: un edificio di mattoni che si abbassava al centro come un soufflé sgonfio. Un'insegna al neon malconcia, storta e sfarfallante annunciava il nome del ristorante. Due uomini con giacche lunghe e cappelli abbassati sugli occhi erano stravaccati davanti all'ingresso. Niente finestre.
«Sembra una prigione» fu il commento di Clary.
Lui le puntò un dito addosso. «Ma in prigione potresti ordinare degli spaghetti alla fra' Diavolo da leccarsi le dita? Non credo proprio.»
«Non voglio gli spaghetti. Voglio sapere cos'è un Magnus Bane.»
«Non è un cosa.» disse Jace. «È un nome.» «E tu sai chi è questo Magnus?»
«No» ammise Jace. «E non so nemmeno se è un uomo o una donna.
Ma...»
«Ehi!» Era Alec. Aveva l'aria di essere appena caduto dal letto e di essersi infilato i jeans sopra al pigiama. I capelli spettinati sparavano da tutte le parti. Si affrettò verso di loro con gli occhi puntati su Jace e ignorando Clary come sempre. «Izzy sta arrivando» disse. «Si porta dietro il mondano.»
«Simon? Da dove è uscito?» chiese Jace.
«Si è presentato stamattina presto. Non riusciva a stare lontano da Izzy. Patetico.» Alec sembrava divertito. Clary avrebbe voluto tirargli un calcio.
«Allora, entriamo o no? Sto morendo di fame.»
«Anch'io» disse Jace. «Non mi dispiacerebbe farmi un po' di code di topo fritte.»
«Un po' di cosa?» chiese Clary, certa di avere sentito male.
Jace le fece un sorriso. «Tranquilla» disse. «È un ristorante normalissimo.»
Vennero fermati all'ingresso da uno dei due tizi stravaccati. Mentre si alzava in piedi, Clary intravide il suo volto sotto il cappello. Aveva una pelle rosso scura e le sue mani squadrate terminavano con delle unghie tra il nero e il blu. Clary si irrigidì, ma Jace e Alec non sembravano preoccupati. Dissero qualcosa all'uomo, che annuì e si scostò per lasciarli passare.
«Jace» sibilò Clary mentre la porta si chiudeva alle loro spalle. «Chi era quello?»
«Vuoi dire Clancy?» chiese Jace guardandosi in giro nel ristorante ben illuminato. L'interno era gradevole, nonostante l'assenza di finestre. C'erano degli accoglienti separé di legno, tutti dotati di cuscini dai colori vivaci. Delle stoviglie spaiate erano allineate lungo il bancone, dietro il quale c'era una ragazza bionda con un grembiule rosa e bianco da cameriera che stava dando il resto a un tizio corpulento con una camicia di flanella. La ragazza vide Jace, lo salutò con la mano e gli fece segno di sedersi dove preferiva. «Clancy tiene fuori le persone indesiderabili» disse Jace mentre dirigeva Clary verso uno dei separé.
«È un demone!» sibilò Clary. Diversi clienti si girarono a guardarla: un ragazzo coi dreadlock blu e una bellissima ragazza indiana con lunghi capelli neri e ali dorate leggere come carta velina aggrottarono le sopracciglia. Clary era contenta che il ristorante fosse quasi vuoto.
«No» disse Jace infilandosi nel separé. Clary fece per sederglisi accanto, ma Alec aveva già occupato il posto. Clary si sedette sulla panca di fronte, stando attenta a non urtare nulla con il braccio ancora un po' rigido nonostante le cure di Jace. Si sentiva svuotata, come se i Fratelli Silenti le fossero entrati dentro e l'avessero scavata dall'interno, lasciandola leggera e confusa. «È un ifrit» spiegò Jace. «Stregoni privi di magia, mezzi demoni che non possono fare incantesimi.»
«Poveri mezzosangue» aggiunse Alec prendendo il menu. Lo prese anche Clary, e restò a bocca aperta. Locuste e miele erano indicate come specialità della casa, come anche piatti di carne cruda, pesci crudi interi e una cosa chiamata sandwich di pipistrello fritto. La pagina delle bevande era dedicata a diversi tipi di sangue alla spina: con notevole sollievo di Clary, si trattava di vari tipi di sangue animale, anziché di A, 0 o B negativo.
«Chi mangia pesci crudi interi?» chiese ad alta voce.
«I kelpie» disse Alec. «I selkie. E ogni tanto anche i nixie.»
«Non ordinare i piatti delle fate» disse Jace guardandola da dietro il menu. «Tendono a mandare fuori di testa gli umani. Un minuto prima ti stai ingozzando di prugne fatesche e un minuto dopo ti ritrovi a correre nudo lungo Madison Avenue con delle corna di legno che ti spuntano dalla testa. Non» aggiunse immediatamente «che questo sia mai successo a me.»
Alec scoppiò a ridere. «Ti ricordi...» iniziò, e si lanciò in una storia che conteneva così tanti nomi di cose e creature misteriose che Clary non cercò nemmeno di seguirla. Ne approfittò per osservare Alec mentre parlava con Jace. C'era in lui un'energia cinetica quasi febbrile che non aveva prima. Era qualcosa in Jace ad attivarla, ad accendere quella scintilla. Se avesse dovuto disegnarli insieme, pensò, avrebbe fatto Jace un po' sfocato e Alec ben distinto, tutto piani e angoli netti.
Mentre Alec parlava, Jace guardava in basso, sorridendo leggermente e tamburellando con le dita sul suo bicchiere d'acqua. Clary sentiva che stava pensando a qualcos'altro. Provò un improvviso lampo di solidarietà nei confronti di Alec. Non doveva essere facile voler bene a Jace. Stavo ridendo perché le dichiarazioni d'amore mi divertono, soprattutto quando si tratta di amori non corrisposti.
Jace sollevò lo sguardo al passaggio della cameriera. «Credi che prima o poi ci arriverà un po' di caffè?» disse ad alta voce interrompendo Alec a metà di una frase.
Alec si spense, come se avesse finito le energie. «Io...»
Clary intervenne velocemente. «Per chi è tutta quella carne cruda?» chiese indicando la terza pagina del suo menu.
«Lupi mannari» disse Jace. «Anche se una bistecca al sangue ogni tanto non dispiace neanche a me.» Allungò una mano sopra al tavolo e voltò il menu di Clary. «I piatti umani sono dietro.»
Clary studiò quella sezione perfettamente normale del menu con un senso di sbalordimento. Era troppo per lei. «In questo posto servono i sorbetti?!»
«Hanno un sorbetto di albicocca e prugna con miele millefiori che è semplicemente divino» le consigliò Isabelle, che era comparsa con Simon al suo fianco. «Stringiti un po'» disse tutta allegra a Clary, che si spostò così vicina al muro da sentire i mattoni freddi contro il braccio. Simon si sedette accanto a Isabelle e offrì a Clary un sorriso un po' imbarazzato che lei non gli restituì. «Dovresti provarlo.»
Clary non capì se Isabelle stesse parlando con lei o con Simon, perciò non disse nulla. I capelli di Isabelle, profumati di vaniglia, le facevano il solletico alla guancia, e cercò di non starnutire. Odiava il profumo alla vaniglia. Non aveva mai capito perché certe ragazze sentissero il bisogno di profumare come un budino.
«Allora, com'è andata alla Città di Ossa?» chiese Isabelle mentre apriva il menu.
«È stato fantastico» disse Jace. «Un'orgia continua.»
«Avete scoperto cosa c'è nella testa di Clary?»
«Abbiamo un nome» disse Jace. «Magnus...»
«Zitto!» lo interruppe Alec colpendo Jace con il menu.
Jace sembrò offeso. «Ehi!» Si massaggiò il braccio. «Che problemi hai?»
«Questo posto è pieno di Nascosti, lo sai benissimo. Dovresti cercare di tenere segreti i dettagli della nostra indagine.»
«Indagine?» Isabelle scoppiò a ridere. «Cosa siamo adesso? Detective? Forse dovremmo inventarci dei nomi in codice.»
Alec risputò nel bicchiere l'acqua che aveva in bocca. In quel momento la cameriera arrivò a prendere le ordinazioni. Da vicino era una bella ragazza bionda, ma i suoi occhi completamente blu, senza bianco né pupilla, erano inquietanti. Sorrise mostrando i suoi piccoli denti affilati. «Sapete già cosa ordinare?»
Jace sorrise. «Il solito» disse, e la cameriera gli rispose con un altro sorriso tutto miele.
«Anch'io» disse Alec, che però rimase serio. Isabelle ordinò un sorbetto alla frutta. Simon chiese un caffè, e Clary, dopo un momento di esitazione, prese un caffè con dei pancake al cocco e miele. La cameriera le fece l'occhiolino e schizzò via.
«È anche lei un'ifrit?» chiese Clary guardandola mentre si allontanava.
«Kaelie? No. Credo sia una mezza fata» disse Jace.
«Ha gli occhi da nixie» commentò Isabelle soprappensiero.
«Non sapete esattamente cosa sia?» chiese Simon.
Jace scosse il capo. «Io rispetto la sua privacy.» Diede una gomitata ad Alec. «Ehi, fammi uscire un momento.»
Alec fece una smorfia e si spostò. Clary guardò Jace che si avvicinava a Kaelie, appoggiata contro il bancone a parlare con il cuoco attraverso il passavivande. Tutto ciò che Clary riusciva a vedere del cuoco era un capo chino col suo cappello bianco. Un paio di orecchie a punta pelose spuntavano da due buchi ai lati del cappello.
Kaelie si voltò e sorrise a Jace, che le mise un braccio attorno alle spalle. Lei si rannicchiò tra le sue braccia. Clary si chiese se era questo che Jace intendeva a proposito del rispetto della privacy.
Isabelle levò gli occhi al soffitto. «Non dovrebbe stuzzicare il personale a quel modo.»
Alec la guardò. «Credi che faccia sul serio? Che lei gli piaccia davvero, voglio dire?»
Isabelle scrollò le spalle. «È una Nascosta» disse, come se bastasse quello a spiegare tutto.
«Non capisco» disse Clary.
Isabelle la guardò distrattamente. «Cosa non capisci?»
«Questa faccenda dei Nascosti. Non gli date la caccia, perché non sono esattamente dei demoni, però non sono neanche esattamente esseri umani.
I vampiri uccidono, bevono il sangue...»
«Solo i vampiri criminali bevono sangue umano da persone vive» intervenne Alec. «E quelli li possiamo uccidere.»
«E i lupi mannari cosa sono? Dei teneri cuccioloni troppo cresciuti?»
«Uccidono i demoni» rispose Isabelle. «Pertanto, se non danno fastidio a noi, noi non diamo fastidio a loro.»
Come lasciar vivere i ragni perché mangiano le zanzare, pensò Clary. «Quindi va bene lasciarli vivere, va bene se vi servono da mangiare, va bene flirtare con loro... Ma loro non vanno abbastanza bene, giusto? Voglio dire, non vanno bene come le persone.»
Isabelle e Alec la guardarono come se parlasse in aramaico. «Sono diversi dalle persone» disse infine Alec.
«Meglio dei mondani?» chiese Simon.
«No» disse sicura Isabelle. «Un mondano si può trasformare in un Cacciatore. Voglio dire, noi discendiamo dai mondani. Ma non si può trasformare un Nascosto in un membro del Conclave. Non sono in grado di sopportare le rune.»
«Quindi sono deboli?» chiese Clary.
«Non direi questo» intervenne Jace mentre si rimetteva a sedere accanto ad Alec. Aveva i capelli scompigliati e un segno di rossetto su una guancia. «Almeno non i djinn, gli ifrit e chiunque altro sia all'ascolto.» Sorrise a Kaelie, comparsa per servire le loro ordinazioni. Clary guardò con spirito critico i propri pancake. Avevano un aspetto fantastico: dorati e innaffiati di miele. Mise in bocca il primo boccone, mentre Kaelie si allontanava ondeggiando sui suoi tacchi a spillo.
Erano deliziosi.
«Te lo avevo detto che questo è il migliore ristorante di Manhattan» disse Jace mentre mangiava le patatine con le mani.
Clary guardò Simon, che stava mescolando il caffè a testa bassa.
«Mmm» concordò Alec con la bocca piena.
«Giusto» disse Jace. Guardò Clary. «Non è una cosa a senso unico» continuò. «A noi non piacciono sempre i Nascosti, ma nemmeno noi piacciamo sempre a loro. Qualche secolo di Accordi non può cancellare mille anni di ostilità.»
«Temo che lei non sappia cosa siano gli Accordi, Jace» disse Isabelle mentre si dava da fare con il suo sorbetto.
«Sì, invece» replicò Clary.
«Io no» disse Simon.
«No, ma a nessuno interessa quello che sai tu.» Jace esaminò una patatina prima di morderla. «Al momento giusto e nel posto giusto non mi dispiace la compagnia di alcuni Nascosti» disse. «Ma diciamo che non veniamo invitati alle stesse feste.»
«Aspettate un momento.» Isabelle si raddrizzò improvvisamente sulla panca. «Come hai detto che era quel nome?» chiese voltandosi verso Jace. «Quello nella testa di Clary?»
«Non l'ho detto» disse Jace. «O almeno non ho finito di dirlo. Magnus Bane.» Rivolse un sorriso canzonatorio ad Alec. «Mmm, non è che vi verrebbe in mente una rima con "rompiscatole ansioso"?»
Alec borbottò qualcosa che invece faceva rima con "faccia di bronzo".
Clary ridacchiò sotto i baffi.
«Non può essere, però sono quasi sicura che...» Isabelle si mise a rovistare nella borsa e tirò fuori un foglio di carta blu ripiegato. «Guardate questo» disse tenendolo tra le dita.
Alec allungò una mano, prese il foglio, lo guardò con una scrollata di spalle e lo diede a Jace. «È un invito a una festa. Da qualche parte a Brooklyn» disse. «E io odio Brooklyn.»
«Non fare lo snob» disse Jace. «Poi ebbe uno scatto, proprio come Isabelle poco prima.» Dove lo hai preso, Izzy?
Lei agitò una mano a mezz'aria. «Da quel kelpie al Pandemonium. Mi ha detto che sarebbe stata una festa pazzesca. Ne aveva una pila intera, di questi.»
«Che cos'è?» chiese Clary impaziente. «Avete intenzione di farlo vedere anche a noi o no?»
Jace lo girò in modo che potessero leggerlo tutti. Era stampato su una carta sottile, simile a pergamena, con una calligrafia leggera, elegante, sinuosa. Annunciava un raduno presso la umile dimora dello stregone Magnus il Magnifico e prometteva ai partecipanti "un'estatica serata di piacere al di là dei vostri sogni più sfrenati".
«Magnus» disse Simon. «Magnus come Magnus Bane?»
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Shadowhunters - Città di Ossa
Fantasyavevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃