«Non vorrebbe che la salvassi?»
«Non se questo vuol dire metterti in pericolo.»
«Ma io sono l'unica persona a cui importa di ciò che le accadrà...» «No» disse Magnus.
Clary sbatté gli occhi. «Non capisco. C'è... Magnus, se sai qualcosa...»
Lo stregone la interruppe con brutale determinazione. «E c'è un'ultima cosa.» I suoi occhi si spostarono velocemente verso la porta, dove Jace la stava aspettando in mezzo ad Alec e Isabelle. «Non dimenticare che quando tua madre fuggì dal Mondo Invisibile, non era dai mostri che si stava nascondendo. E nemmeno dagli stregoni, dai licantropi, dal Piccolo Popolo o dai demoni. Stava fuggendo da loro. Dai Cacciatori.»
Loro. I Cacciatori. La stavano aspettando fuori dal magazzino. Jace aveva le mani in tasca e se ne stava appoggiato alla balaustra della scala a guardare i vampiri che si aggiravano attorno alle loro moto imprecando e bestemmiando. Aveva un lievissimo sorriso sul volto. Alec e Isabelle erano un po' più lontani. Isabelle si stava asciugando gli occhi e Clary sentì un'ondata di rabbia irrazionale: Isabelle conosceva appena Simon, questo non era il suo disastro. Era Clary che aveva il diritto di fare storie, non quella Cacciatrice.
Quando Clary uscì dal magazzino, Jace si staccò dalla balaustra e s'incamminò di fianco a lei senza parlare. Sembrava perso nei suoi pensieri. Isabelle e Alec, che camminavano spediti davanti a loro, stavano discutendo di qualcosa. Clary accelerò un po' il passo, allungando il collo per sentirli.
«Non è colpa tua» stava dicendo Alec. Mostrava un certa cautela in quello che diceva, come se si fosse già trovato in quella situazione con sua sorella. Clary si chiese quanti nuovi spasimanti le fosse capitato di trasformare in topi. «Però questo dovrebbe insegnarti a non andare tanto spesso alle feste dei Nascosti» aggiunse. «Sono sempre una fonte di guai.»
Isabelle tirò su forte con il naso. «Se gli fosse successo qualcosa io... io non so cosa avrei fatto.»
«Probabilmente la stessa cosa che stavi facendo prima» disse Alec con un'aria annoiata. «Non puoi certo dire di conoscerlo da una vita...»
«Questo non vuol dire che io non...»
«Cosa? Che non lo ami?» sbottò Alec alzando la voce. «Bisogna conoscere una persona per amarla... è questo l'amore.»
«Ma non è solo questo.» Isabelle sembrava triste. «Tu ti sei divertito alla festa, Alec?»
«No.»
«Ho pensato che magari Magnus ti piaceva. È carino, vero?»
«Carino?» Alec la guardò come se fosse pazza. «I gattini sono carini, Izzy. Gli stregoni sono...» Esitò. «Un'altra cosa» terminò tenendosi sul vago.
«Pensavo che potesse succedere qualcosa.» Isabelle sembrava di nuovo triste. Il suo ombretto scintillava come lacrime mentre guardava il fratello. «Che poteste fare amicizia.»
«Ce li ho già degli amici» disse Alec guardandosi alle spalle e cercando con gli occhi, quasi involontariamente, Jace.
Ma Jace aveva gli occhi bassi, era perso nei suoi pensieri e non se ne accorse.
«Hai bisogno di amici diversi» disse Isabelle con una voce tanto tenue che Clary la sentì appena. Si sorprese a provare un senso di solidarietà nei suoi confronti. Evidentemente voleva bene a suo fratello: qualcosa nel modo in cui gli parlava le ricordò la propria voce quando si rivolgeva a Simon.
D'istinto allungò una mano per aprire lo zaino e dare un'occhiata all'interno... e aggrottò le sopracciglia. Era aperto. Tornò con la memoria alla fine della festa: aveva sollevato lo zaino e chiuso la cerniera. Ne era certa.
Spalancò la borsa con il cuore che batteva a tutto spiano.
Le tornò in mente la volta in cui le avevano rubato il portafogli in metropolitana. Ricordò come avesse aperto la borsa e, non vedendo il portafogli, le si fosse prosciugata la bocca per la sorpresa. L'ho fatto cadere? L'ho perso? E poi si era resa conto di una cosa: È andato. Era come quella volta, solo mille volte peggio. Con la bocca asciutta come un deserto, Clary rovistò nello zainetto, buttando in giro i vestiti e l'album da disegno, con le unghie che raccoglievano lo sporco sul fondo della borsa. Niente.
Si fermò. Jace si stava attardando poco più avanti e sembrava impaziente. Alec e Isabelle erano già a un isolato di distanza. «Cosa c'è che non va?» chiese Jace, e Clary capì che stava per aggiungere qualche commento sarcastico, ma probabilmente vide in tempo l'espressione della ragazza, perché aggiunse solamente: «Clary?»
«È sparito» sussurrò lei. «Simon. Era nel mio zainetto...»
«Si è arrampicato fuori?»
Non era una domanda irragionevole, ma Clary, esausta e in preda al panico, reagì irragionevolmente. «Certo che no!» urlò. «Cosa credi, che non veda l'ora di farsi schiacciare da una macchina, ammazzare da un gatto o...»
«Clary...»
«Stai zitto!» strillò lei mulinandogli contro lo zainetto. «Sei stato tu a dire che non era il caso di farlo tornare normale...»
Lui afferrò al volo lo zainetto, glielo prese di mano e lo esaminò. «La cerniera è stata strappata» disse. «Dall'esterno. Qualcuno ha aperto la borsa con la forza.»
Clary, confusa, scosse il capo e sussurrò: «Io non...»
«Lo so.» La voce di Jace era gentile. Si mise le mani a coppa attorno alla bocca. «Alec! Isabelle! Andate avanti! Vi raggiungiamo.»
Le due figure, ormai distanti, si fermarono: Alec esitò, ma sua sorella lo prese per un braccio e lo spinse con decisione verso la fermata della metropolitana. Clary sentì qualcosa premerle contro la schiena: era la mano di Jace che la faceva girare delicatamente. Lei si lasciò guidare, inciampando nelle crepe del marciapiede. La mano di Jace sulla sua schiena era ferma e solida, ma la sentiva appena. «Perché hai...» sussurrò.
«Perché ho che cosa?»
«Perché li hai fatti andar via? Alec e Isabelle?»
Jace non rispose. Erano di nuovo nell'ingresso della casa di Magnus. Quello spazio angusto era invaso dalla puzza stagnante di alcol e dall'indefinibile odore dolciastro che Clary era arrivata ad associare ai Nascosti. Jace allontanò la mano dalla schiena di Clary e suonò il citofono di Magnus.
«Jace» disse lei.
Lui la guardò, gli occhi come due monete ossidate. «Cosa?»
Clary cercò le parole. «Pensi che stia bene?»
«Simon?» Era la prima volta che pronunciava il nome di Simon. Jace ebbe un'esitazione e Clary ripensò alle parole di Isabelle: Non fargli una domanda a meno che tu non sappia di poter reggere la risposta. Jace non disse nulla e suonò ancora il campanello, questa volta un po' più a lungo.
Magnus rispose, la voce che rimbombava nel piccolo ingresso: «CHI
OSA DISTURBARE IL MIO RIPOSO?»
Jace sembrava quasi nervoso. «Jace Wayland. Ti ricordi? Sono del Conclave.»
«Oh, sì.» Magnus sembrava ringalluzzito. «Sei quello con gli occhi azzurri?»
«Parla di Alec» suggerì Clary.
«No. I miei occhi vengono solitamente definiti dorati» disse al citofono. «E luminosi, tanto per la cronaca.»
«Ah, sei quell'altro.» Magnus sembrava deluso. Se non fosse stata tanto sconvolta, Clary sarebbe scoppiata a ridere. «Sarà meglio che tu salga.»
Lo stregone andò ad aprire la porta con addosso un kimono di seta con il disegno di un drago, un turbante dorato e un'espressione di fastidio appena contenuto.
«Stavo dormendo» disse stizzito.
Jace sembrava sul punto di dire qualcosa di maleducato, probabilmente a proposito del turbante, così Clary lo prevenne. «Ci dispiace disturbarti...» iniziò.
Qualcosa di piccolo e bianco spuntò da dietro le caviglie dello stregone. Aveva delle strisce grigie a zigzag e delle orecchie rosa impennacchiate che lo facevano assomigliare più a un grosso topo che a un piccolo gatto.
«Il presidente Miao?» tentò Clary.
Magnus annuì. «È tornato.»
Jace guardò con un certo disgusto il gatto. «Ma quello non è un gatto» osservò. «È grande come un criceto.»
«Sarò tanto gentile da dimenticare quello che hai appena detto» disse Magnus spingendo il presidente Miao verso la scala alle sue spalle.
«E io dimenticherò la tua delusione nel vedere me invece di Alec. La maggior parte delle persone tende ad avere la reazione opposta.»
«Me ne rendo conto perfettamente» ammise Magnus. «Ma c'è qualcosa nel tuo amico. Non è come voi.»
«È più gentile» disse Jace. «E non è pronto per i tuoi giochetti. Stagli alla larga.»
Magnus lo guardò con gli occhi socchiusi. «È un ordine ufficiale del
Conclave?»
«Più che altro un consiglio.»
«Non sarà per questo che siete venuti?»
«No.»
«Allora sarà meglio che mi diciate di cosa si tratta prima che debba tirarvelo fuori con un incantesimo della Verità.»
«Usare la magia su un membro del Conclave è proibito dall'Alleanza» cantilenò Jace.
Magnus puntò un dito su Clary. «Ma lei non è un membro del Conclave.»
«Non ce n'è bisogno» disse Clary mostrandogli lo zaino strappato. «È
Simon. È scomparso.»
«Ah» disse Magnus con delicatezza. «Sarebbe a dire?»
«Scomparso» ripeté Jace. «Andato. Sparito. Assente. Svanito.»
«Magari si è nascosto sotto qualcosa» suggerì Magnus. «Non deve essere facile abituarsi a essere un topo, soprattutto per uno già così idiota.» «Simon non è un idiota» protestò rabbiosa Clary.
«È vero» concordò Jace. «È solo che sembra idiota. In effetti è discretamente intelligente.» Il suo tono era leggero, ma le sue spalle erano tese mentre si voltava verso Magnus. «Mentre stavamo uscendo, uno dei tuoi ospiti è andato a sbattere contro Clary. Credo le abbia aperto lo zainetto e abbia preso il topo. Simon, voglio dire.»
Magnus lo guardò. «E...?»
«E devo scoprire chi era» disse Jace in tono fermo. «Immagino tu lo sappia. In fondo sei il Sommo Stregone di Brooklyn, no? Suppongo che a
casa tua non succedano molte cose di cui tu resti all'oscuro.»
Magnus si stava ispezionando un'unghia glitterata. «Non ti sbagli.»
«Diccelo, per favore» scattò Clary. La mano di Jace si strinse attorno al suo polso. Clary sapeva che lui voleva che stesse zitta, ma era impossibile. «Ti prego.»
Magnus abbassò la mano con un sospiro. «Va bene. Ho visto uno dei vampiri motociclisti della tana di Uptown che se ne andava con un topo grigio in mano. Sinceramente ho pensato che fosse uno dei loro. A volte i Figli della Notte si trasformano in topi o in pipistrelli, quando si ubriacano.»
A Clary tremavano le mani. «E tu pensi che fosse Simon?»
Magnus ebbe una specie di tic nervoso. «Tiro a indovinare, ma mi sembra probabile.»
«C'è un'altra cosa.» Jace parlava con una certa calma, ma adesso era all'erta, come nell'appartamento prima di trovare il Dimenticato. «Dov'è la tana?»
«Che cosa?»
«La tana dei vampiri. È lì che sono andati, no?»
«Immagino di sì.» Magnus aveva l'aria di chi avrebbe preferito trovarsi da qualche altra parte.
«Ho bisogno che tu mi dica dove si trova.»
Magnus scosse il capo pieno di gel e di glitter. «Non ho intenzione di inimicarmi i Figli della Notte per un mondano che non conosco neppure.»
«Aspetta» lo interruppe Clary. «Cosa possono volere da Simon? Credevo non avessero il permesso di fare del male agli umani...»
«Vuoi che provi a indovinare?» disse Magnus con una certa gentilezza. «Hanno pensato fosse un animale addomesticato e che sarebbe stato divertente uccidere la bestiolina di un Cacciatore. Voi non gli piacete molto, qualsiasi cosa dicano gli Accordi... E nell'Alleanza non si dice niente riguardo all'uccisione di animali.»
«Lo uccideranno?» chiese Clary con gli occhi sbarrati.
«Non necessariamente» si affrettò a dire Magnus. «Forse hanno pensato che fosse uno dei loro.»
«E in quel caso cosa gli succederebbe?»
«Be', al sorgere del sole riprenderà la forma umana e loro lo uccideranno comunque. Però questo potrebbe darvi qualche ora in più.»
«Allora ci devi aiutare» disse Clary allo stregone. «O Simon morirà.» Magnus la guardò per bene con un'espressione di realistica solidarietà. «Tutti muoiono, cara» disse. «È meglio che ti ci abitui.»
Fece per chiudere la porta, ma Jace vi infilò un piede per impedirglielo.
Magnus sospirò. «Cosa c'è ancora?»
«Non ci hai detto dov'è la tana» disse Jace.
«E non ho intenzione di farlo. Vi ho detto...»
Fu Clary a interromperlo, passando davanti a Jace e trovandosi faccia a faccia con lo stregone. «Tu hai preso la mia infanzia» disse. «I miei ricordi. Non puoi fare almeno questa cosa per me?»
Magnus socchiuse i suoi scintillanti occhi di gatto. Da qualche parte, in lontananza, il presidente Miao stava strillando. Lo stregone abbassò lentamente la testa e la picchiò una volta, nemmeno troppo piano, contro il muro. «Il vecchio Hotel Dumont» disse. «Uptown.» «So dov'è.» Jace sembrava soddisfatto.
«Quanto è lontano? Dobbiamo andarci subito. Hai un Portale?» chiese Clary rivolgendosi a Magnus.
«No.» Lo stregone era infastidito. «I Portali sono abbastanza difficili da costruire e comportano notevoli rischi per i loro proprietari. Se non sono ben protetti ne possono uscire creature decisamente spiacevoli. Gli unici che conosco a New York sono quello a casa di Dorothea e uno da Renwick, ma sono tutti e due troppo lontani perché valga la pena andarci, sempre ammesso che i loro proprietari accettino di farveli usare, cosa che probabilmente non farebbero. Tutto chiaro? E adesso andatevene.» Magnus si mise a fissare il piede di Jace, che bloccava ancora la porta. Jace non si mosse.
«Ancora una cosa» disse. «C'è un luogo consacrato da queste parti?»
«Ottima idea. Se avete intenzione di attaccare da soli una tana di vampiri, sarà meglio che prima preghiate i vostri dei.»
«Ci servono armi» tagliò corto Jace. «Oltre a quelle che abbiamo addosso.»
«C'è una chiesa cattolica in Diamond Street. Vi va bene?»
Jace annuì e fece un passo indietro. «Andr...»
La porta gli si chiuse in faccia. Clary ansimava come se stesse correndo e restò a fissarla finché Jace non la prese per un braccio e la trascinò giù per gli scalini, verso la notte.
STAI LEGGENDO
Shadowhunters - Città di Ossa
Fantasyavevo bisogno di trascrivere la storia per poterla leggere, non è mia, ovviamente🙃