Cap. 49 Dopo due anni

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2 anni dopo

Oscar

"Così lontano, è proprio necessario fino in Giappone non possono farla semplicemente qui?"
"no capo dobbiamo fare per forza un tour e portare la nostra voce dappertutto"
"va bene quando partiremo?"
"domani all'alba"
"ricevuto" dissi infine attaccando.
Dopo essermi ripreso dalla sparizione di Luna, mi ci volle qualche mese a digerirlo ma ora ero come nuovo avevo portato il mio nome in tutto il mondo e adesso stavo facendo un tour mondiale e in ogni posto dove andavo iniziavo un nuovo proggetto lì ;
se una singola persona non riusciva ad amarmi per quello che ero dentro allora tutto il mondo lo avrebbe fatto per quello che mostravo fuori.

Luna

"Andiamo a farci la doccia piccola peste"
"Domani forse la mamma inizierà un nuovo progetto" enunciai scherzosa con la voce da bambina strofinando e asciugando i capelli di Jhonatan.
Messo a letto finalmente andai a riposarmi anche io, era stata una lunga giornata; qui erano tutti così veloci e frenetici, tutto molto diverso da Milano e Londra.
Misi la sveglia alle 7 così l'indomani avrei portato il piccolo all'asilo e mi sarei recata a lavoro dove avremmo inaugurato un nuovo progetto.
Facevo l'editrice, già alla fine ce la feci a realizzare il mio sogno, scrivevo e giudicavo i libri.
Appunto domani mi doveva essere consegnato un libro sulle strategie di marketing quelli che mi stufavano di più però che ci puoi fare mi toccava.
Prima di dormire strinsi forte la collana che avevo al collo regalata da un amore passato ma che non avevo mai dimenticato, era un rito lo facevo tutte le volte, mi aiutava a dormire, era come se lui fosse lì.
Ancora oggi mi chiedo se io abbia fatto la scelta giusta.
Il bambino spesso mi chiedeva del padre, gli dicevo che era a fare un lungo viaggio e sarebbe tornato fra molti anni, era troppo piccolo per capire il tutto e soffrirne.
"Ma quanto ci mettono" chiesi infastidita alla mia amica
"si fanno attendere perchè credono di averne il diritto" rispose lei irritata come me; era da 20 minuti che aspettavamo un discorso un'apparizzione o qualcosa ma non c'era niente.
Finalmente il tutto iniziò cercai di seguire e stare attenta ma la scuola di jonny mi aveva detto che aveva vomitato e stavo messaggiando appunto con la maestra dicendole che appena finita la conferenza venivo a prenderlo.
Decisi di anticipare, alla fine il mio bambino era il mio tesoro, piu importante di qualsiasi libro ogni volta che stava male o aveva anche un solo graffio correvo subito da lui, ero molto protettiva nei suoi confronti, non potevo farne a meno.
Mentre camminavo fra la folla qualcuno mi spinse violentemente "ehi ma che fa"
"si levi dai piedi"
"ma come si permette" risposi sta volta alzando un po' la voce
"come vi permettete voi a disturbare la presentazione di un progetto così importante" disse una voce in inglese con un timbro un poco famigliare.
"Mi scusi...." mi bloccai alla vista di lui lì nella mia stessa stanza in tutta la sua maestosa altezza e fascino dopo tanto tempo.
Il pavimento si fece pieno di tunnel come fosse un labirinto, il cuore me lo sentivo in gola che cercava di uscirmi dal petto volevo rimetterlo lì su quel tappeto rosso, i piedi non volevano muoversi e il cervello disperato cercava di trovare un uscita dall'inferno in cui improvvisamente ero caduta ma era come se mi fossi dimenticata da dove ero entrata e per di più stessi appena imparando a camminare era difficile fare qualcosa quando tutto il tuo corpo tremava peggio di quando si andava in ipotermia.
Trovai la porta e uscii da quello che era diventato il mio incubo, cercai di prendere una boccata d'aria dato che lì mi mancava il respiro ma fu invano, lui mi afferrò dal braccio proprio mentre la porta si stava per chiudere.
Tutto intorno a me si fermò rimasi solo io e l'odore della mia pelle che si scottava al suo tocco
"che fa mi lasci" gridai, non so se a me stessa e al mostro che continuava a farmi correre via da lui o ad Oscar.
"Luna" esordì lui quasi come un soffio di vento
"non so chi sia, mi lasci" cercai di mentire inutilmente.
"Ti ho cercata per così tanto tempo" continuò lui come in ipnosi
"mollami ti prego" chiesi disperata, volevo solo andarmene, elaborare quel trauma che stavo vivendo, era tutto troppo per me da realizzare lì sul momento.
"Perchè" ringhiò arrabbiato cambiando totalmente atteggiamento
"devo andare a prendere mio figlio da scuola sta male" spiegai veloce.
Subito dopo mi sentii trascinare sul fondo di un lago da due mani ossute con al posto delle unghie aritigli affilati, gli avevo appena rivelato di avere un figlio, o meglio che avevamo un figlio.
Dopo la mia spiegazione rimase a fissarmi ferito e disgustato però poi gli si accese una scintilla la vidi nelle sue iridi e disse "mio?"
"no" mentii,
"non è tuo Oscar basta siamo diventate persone adulte dimenticami" finii quasi piangendo, ad ogni parola era come se mi stessi accoltellando.
Volevo solo allontanarmi da lui e pensare in quel momento.
Lasciò la presa arrendendosi e mi fissò mentre scappavo via rifuggendomi nella mia auto. Presi il bambino turbata e pallida in viso "mammina anche tu bua" disse jonny con le poche parole che sapeva "si amore" risposi e basta ero troppo traumatizzata anche per parlare con lui.
"driin" sentii il campanello, aprii e pietrificai lì quando vidi che era lui, mi affrettai a chiudere ma la sua mano blocco la porta aprendola, entrando, e chiudendola alle sue spalle; era ancora più forte di me.
"Me ne vado da sto posto, ma volevo delle spiegazioni, perché?" cercò di formulare nel modo più calmo possibile anche se tutte le vene in rilievo gonfie e pulsanti e il modo in cui stringeva i pugni lo stavano smentendo.
Proprio mentre cercavo di mandarlo via raccogliendo le mie ultime forze per reprimere e i miei istinti amorevoli nei suoi confronti sentii dietro di me dei piccoli passi "mammina finito".
Guardai Oscar negli occhi non avevo il coraggio di voltarmi, volevo solo incontrare il suo sguardo, decifrarlo, vedere se aveva capito tutto, ahime non mi vide ma mi superò andando dal piccolo con occhi spalancati, erano identici lo aveva capito.
Iniziai a sudare cercai di parlare, dire qualcosa, dare una giustificazione prima che il suo uragano di rabbia mi venisse addosso distruggendo tutto, ma era come se mi avessero cucito la bocca con un filo di acciaio non riuscivo a fare un fiato.
"Ciao piccolo, quanti anni hai?" inziò astuto con le domande; due fece nostro figlio col dito
"dove sta papà?" continuò "via" disse il piccolo.
"Ora basta" riuscii finalmente a dire; potessi mi sarei rimangiata tutto con un cucchiaio ardente ustionandomi la bocca, si girò verso di me con gli occhi quasi tutti neri e il sudore sulla fronte, aveva uno sguardo a dir poco raccapricciante, mi stava terrorizzando, "è mio vero"
disse già prendendo fiato per urlarmi addosso tante cattiverie "non è come sembra"
"perché!!" urlò con tutta la forza che aveva assordandomi per un momento e in contemporanea mi sbattè al muro così violento da far cadere un quadro appeso un metro più in là.
"Rispondii" continuò con lo stesso tono di voce
"avevo paura" dissi ormai piangendo, sia per il dolore delle sue unghie conficcate nei miei polsi sottili che per la paura e la consapevolezza di essere un mostro egoista.
"Non avevi il diritto cazzo" fece per sputarmi addosso, il pianto di nostro figlio mi fece riprendere e mi liberai dalla sua stretta urlandogli addosso a mia volta
"guarda come sei, guardati cazzo, non saresti mai stato un buon padre per lui"
"io ora me ne vado" rispose avvicinandosi pericolosamente a me "ma domani torno, senza il piccolo parleremo" finii e se ne andò sbattendo la porta.

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