Cap. 61 4 mesi dopo...

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Luna

"Hai preso tutto?"  mi chiese Oscar per la 40esima volta, ripeteva le cose e si guardava intorno con fare sospetto e perennemente preoccupato; ma infondo lo capivo stava per dissotterrare un cadere che ormai credeva di aver dimenticato sotto chilometri di terra anni e anni fa.
"Si amore siamo pronti"
"bene" disse solo
"andiamo salutare i nostri piccolini" gli suggerì
"certo" rispose sorridendo e calmandosi un pochino;
"Passami questa bella panzerottina" chiesi a mia madre intenerita da mia figlia che intanto era diventata una bella bambina cicciottella, il latte della mamma le stava facendo bene anche se lo doveva continuamente condividere con un altro goloso molto più grande di lei, e no non parlo di mio figlio.
"Sai chi mi mancherà"
"tuuu" dicevo come una scema facendo facce buffe ad Annabel mentre lei rideva e io chiudevo gli occhi beandomi della sua risata cercando di imprimerla dentro la mente per poi riascoltarla a letto prima di dormire e usarla come ninna nanna.
La diedi al papà che come sempre si era perso a fissarci intenerito e fiero di noi e andai dal mio primo principino che subito da vero cocco di mamma corse ad abbracciarmi iniziando a piagnucolare perché prima gli avevo confessato che la mamma e il papà avrebbero fatto una breve missioncina per trovare un tesoro perso da ormai molti anni, subito ci fu il delirio e Annabel essendo molto empatica vedendo il fratellone piangere lo seguii a manetta mentre il cane che avevamo per così dire salvato gironzolava in giro correndo preoccupato e disorientato dal trambusto che si era creato, ma il papà cullo la bambina una manciata di minuti e subito si calmò con lei tutto il resto, lui aveva questo potere con lei non sapevo come faceva.
Dopo aver salutato tutti mano nella mano entrammo in macchina carichi e pieni di speranza.
La nostra prima tappa era Dothan una piccola cittadina dell'Alabama dove Oscar aveva visto l'ultima volta suo padre, prendemmo un investigatore che ci avrebbe aiutati nel tutto e guidati.
"Benvenuti in America" ci accolse lui appena scesi dall'aereo, io ero molto gasata e positiva e ero fermamente decisa a trasmettere il mio umore anche a daddy cosi non gli lasciai mai la mano e ogni volta che mi sembrava anche solo volersi arrendere la stringevo fortissimo e lui si raddrizzava e tornava a guardarsi intorno riducendo gli occhi a due piccole fessure sottili che tanto mi facevano impazzire ora che sapevo leggere cosa c'era dentro.
"Per iniziare descrivetemelo i suoi usi e abitudini che cosa gli piaceva fare, che posti frequentava" daddy rivolse un occhiataccia infastidita al detective come se avesse parlato troppo e poi sputò acido "era un ubriacone ogni pub era il suo paradiso, solo questo, hobby, non ne aveva altri, lavorava e si ubriacava da quel che io ricordo"
"va bene iniziamo a cercare" finii io cercando di smorzare un po' l'atmosfera che intanto si era fatta piena di tensione fra i due.
Rivoltammo la citta ma di lui non c'era traccia o meglio di Brandon così si chiamava non c'era traccia. Cercammo in un altra citta e poi un altra ancora niente, mi sentivo una merda a vederlo di giorno in giorno incupirsi sempre di più e mi chiedevo se avevo fatto bene a scoperchiare quel vaso di pandora. "Basta domani andiamo a cercare nel registro morti sarà lì a sto punto"
"no quella è l'ultima opzione non abbiamo ancora finito qui"
"che cosa vuoi fare ancora cazzo" mi urlò addosso arrabbiato sbattendo la porta alle sue spalle e rifugiandosi in bagno.
Io non avevo il coraggio di aprirla cosi mi stesi sulla sua parete sperando che lui fosse dall'altra parte seduto a sentirmi e dissi un leggero
"ehi" che non credevo avesse sentito, ma rispose
"amore lo so che volevi tornare con lui ma basta.." si fermò e aggiunse
"non ce più"
"fai un ultimo sforzo ti prego, pensa  sei l'unico che può fare qualcosa qui, poi se non ti verrà niente in mente ci arrenderemo all'idea che ora sia in un posto migliore" finii io accarezzando il legno freddo della porta.
Aprì quella porta e mi fece quasi cadere all'indietro in fretta prese le chiavi stringendomi la mano e trascinandomi fuori dall'edificio.
"Chiamo il detective" dissi io in preda al fiatone per la corsa ma lui mi prese il telefono
"no sta volta non ci serve".
Salimmo in macchina e iniziò a guidare calmo ma veloce non so spiegarlo dentro la macchina era tutto tranquillo ma fuori non riuscivo a distinguere neanche i nomi dei negozi e vedevo solo fasce di colori allungate fino a diventare il nulla.
"Dove stai andando"
"nella città natale di mio padre; in bagno mentre ero seduto mi è venuto un flashback di quando io da piccolo guardavo mio padre farsi la barba mentre mi raccontava di Opelika di quanto era bella e mi prometteva che un giorno mi ci avrebbe portato insieme alla mamma.
"Deve essere lì" esultai entusiasta
"lo spero" concluse daddy un po' meno felice torturandosi un labbro con i denti.
Appena scesi camminammo un po' per le strade ma faceva un freddo incredibile quel giorno quindi suggerii di mangiare qualcosa di caldo e poi continuare.
"Buono?" domandai cercando di farlo distratte un minimo
"mi mancano i nostri bimbi" confessò lui sincero; stavo per intenerirmi mentre bevevo il the quando vidi una cosa che mi fece quasi andare tutto di traverso;
un uomo abbastanza maturo con abiti logori che camminava senza fretta sul marciapiede davanti a noi aveva i rasta e un cane con se senza guinzaglio "è identico a te" dissi scioccata indicando l'uomo, daddy senza neanche rispondermi volse lo sguardo alla strada e lo vide;
suo padre,
si alzò e andò da lui parandosi davanti. "Sei proprio tu papà"  disse con una voce che non aveva emozioni dentro di se, non pensavo che fosse apatico  o freddo, solo stava provando talmente tante cose in quel momento che non sapeva se ridere o piangere o saltellare o abbracciarlo.
L'uomo confuso lo guardò negli occhi, avevano gli stessi occhi color miele e poi prese la sua mano marchiata dalla strada e dal freddo e lo accarezzò dicendo commosso
"Oscar, figlio mio" i due alla fine si abbracciarono dopo tanti anni; e per la prima volta vidi dentro il mio uomo la mia corazza come un bambino indifeso che la notte correva e piangeva cercando il papà in tutti gli angoli bui della casa.
Lo invitammo al nostro tavolo e Oscar era come imbarazzato studiava suo padre e a volte gli sorrideva, ci raccontò che per tanto tempo era diventato un vagabondo pazzo che faceva solo pena alla gente ma poi decise di tornare al suo paese natale e prendersi un cane insieme vivere una vita per strada aspettando il fatidico momento;
"figliolo volevo cercarti, ma credimi mi ha distrutto tutto così tanto, non avevo più forze e poi è stato molto meglio che ti tenesse tuo zio" disse accarezzandogli la mano, lui voleva ribattere e dirgli tutto quello che aveva dovuto subire per quella sua geniale scelta, ma io presi l'altra mano calmandolo e cercando di non rovinare quel bellissimo momento.

Oscar

Tornavamo a casa in tre ora; lei la mia anima gemella non solo mi aveva dato due bellissime piccole creature ma anche riportato un pezzo della mia famiglia ora si poteva dire che mi aveva ricucito davvero tutto e dentro riempito con amore e gentilezza.
Parlai tutta la notte con mio padre c'erano tante cose che volevo dirgli ad ogni parola lui mi ripeteva di quanto era fiero di me e ogni lettera che usciva dalla sua bocca non poteva fare altro che riempirmi di soddisfazione e fierezza, ora avrei reso anche la sua vita migliore.
Gli disse che avevo due figli e uno era un maschio identico alla mamma, lì si commosse e mi abbraccio di nuovo per la 43esima volta in quel giorno, decidemmo di non fargli vedere foto avrebbe visto tutto lui stesso fra pochi giorno comunque.

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