Cap. 58 Parto

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Oscar

Mancavano 290 metri prima di arrivare all'ospedale quando lei esausta svenne nei sedili posteriori. Moltiplicai la velocità e appena fummo in clinica chiesi soccorso.
La risvegliammo e come primo istinto urlò dal dolore con gli occhi sbarrati pronunciando fra i singhiozzi
"non è normale, fa troppo male"
"è normale piccola è un parto"
"no il primo non era così" disse quasi urlandomi addosso mentre era sul lettino che veloce slittava fra le varie corsie.
Avvicinai la mia mano ma ancora non la presa, era come se mi schifasse, come se pensasse che il contatto con me fosse un peccato di quelli gravi;
si limitò a guardarmi e con occhi estremamente tristi e disperati sussurrò
"ho tanta paura" col nodo in gola le risposi
"sarai bravissima e andrà tutto bene, ci sono io qui con te e non permetterò che accada nulla ne a te ne alla bambina" cercando di avere coraggio anche per lei.
Non potevo permettermi di crollare ora, stavamo malissimo entrambi ma in quel momento più che mai dovevo essere la sua roccia.
Finalmente la portarono in stanza e iniziarono ad attaccarle vari fili per le braccia.
Si accorsero dei vari lividi ecc e io autoritario dissi
"meno domande farete più vi pagheremo " e loro non mi diedero risposta ma capii che il concetto era stato abbastanza chiaro.

Luna

Ero tutta una fitta, era come se dentro di me ci fosse un fuoco paragonato a quello dell'inferno che stesse sciogliendo tutti i miei organi per poi ricrearmeli e continuare così sta tortura iniziò dal momento in cui mi si ruppero le acque e il suo effetto si amplificò al momento del mio risveglio.
Ero senza forze e energie, la mia bambina continuavo a non sentirmela;
per quanto tutti mi dicessero andrà tutto lei era dentro di me io ero la madre solo io potevo sentirla e questo non stava accadendo.
In più l'unica persona che volevo al mio fianco in quel momento la disgustavo e mi faceva tanto terrore.
Dopo tanti giri della clinica mi portarono nella mia stanza iniziando ad attaccarmi flebo dappertutto. Lui era lì che mi guardava e cercava di darmi coraggio attraverso lo sguardo annuendo e sussurrandomi
"stai facendo tutto bene bravissima" io non riuscivo a rispondere tutto quello che mi usciva erano lacrime su lacrime, piangevo per mia figlia per lui e perché non stavo neanche riuscendo a realizzare il tutto.
La mia testa era un insieme di domande convinzioni accordi con me stessa che non volevo infrangere tutte queste cose balzavano da una parte all'altra e io mi sentivo di non poter controllare più niente in quel momento.
"La bambina sta bene, ma dobbiamo farla uscire ora, il battito è molto lento, se sta lì dentro più del previsto morirà" a quelle parole il mio cuore si fermò, mi sentii mancare l'aria non riuscivo neanche a parlare l'unica cosa che venne fuori dalla mia bocca in maniera quasi incomprensibile e leggera fu "sono una pessima madre" a sto punto daddy non chiese il permesso strinse la mia mano e mi guardo negli occhi severo dicendo
"non dirlo mai più, sei un ottima madre e stai facendo i salti mortali per proteggerla e farla nascere, tutto ma non questo" in quel momento non riuscì a scostare la mano non riuscì a vederlo per quello che aveva fatto quella notte lo amavo solo di più immensamente con ogni singolo frammento della mia anima e del mio corpo.
Lui tolse la mano perché il mio sguardo spento non gli aveva comunicato quello che stavo provando in quel momento, lo lasciai fare distratta dall'ostetrica che mi disse
"dobbiamo indurre il parto Luna"
"ma nascerà prematura" dissi singhiozzante e addolorata
"fa niente incubatrice" annui con la testa dando l'ok mi fecero firmare dei fogli.
Non so se per fortuna o sfortuna io e daddy non rimanemmo mai soli nella stanza c'era sempre un ostetrica che controllava il battito della bambina
"pronta?" mi chiesero con la puntura in mano
"si" enunciai leggera e spaventata, lui leggendomi nel pensiero mi sussurrò
"non avere paura ci sono io qui con te".
Aspettammo cinque minuti e le contrazioni iniziarono a peggiorare mi sentivo quasi lacerare.
La mia fronte era grondante di sudore i capelli sul viso non mi permettevano di vedere le persone attorno a me e il camice della clinica mi dava fastidio e accaldava e i lividi mi rendevano ipersensibile a qualsiasi tipo di tessuto.
Mi fecero aprire bene le cosce e mi dissero che la dilatazione era giusta dovevo solo spingere, ero senza forze e energie ormai ma daddy mi stava dando la sua di forza era come se lo stessi prosciugando era la mia fonte di energie anche senza il minimo contatto non aveva mai smesso di sussurrarmi rassicurazioni all'orecchio mi ricordava il perché di tutto questo perché lo stavamo facendo e soprattutto il premio che avremmo avuto.
Mi spostò i capelli e finalmente vidi bene, sembravo una povera smarrita alle prime armi, la ragazza vedendomi in difficoltà fece con me il conto alla rovescia "1, 2, 3" io strizzai gli occhi aprì bene le cosce con le mani mi attaccai ai manici del letto.
Feci una lunga spinta finche non mi si scontrarono i denti della pressione che ci avevo messo e le nocche non mi diventarono bianche; non urlavo mi limitavo a piangere in silenzio mentre il mio corpo veniva lacerato, continuai a spingere e daddy ogni tanto guardava incoraggiandomi che ce l'avevo quasi fatta, io alle ultime spinte ero stremata quindi mi fermai un secondo ma tutto il personale mi obbligò a ricominciare subito perché la bambina era in pericolo, mi sentivo in trappola e incompresa da tutti la voglia di arrendermi era tanta ma daddy mi prese la mano alle ultime due spinte e si lasciò prosciugare più di quanto avessi già fatto era come se stringendo la sua mano gli portassi via tutta la forza che aveva in corpo e la usassi per dare alla luce nostra figlia.
Finalmente uscì fuori e fu la prima volta che lo vidi guardare qualcuno così, neanche con me lo faceva, ma lei a lei la guardò come se fosse una divinità scesa dal cielo, una cosa che doveva essere solo venerata da lontano troppo preziosa per essere toccata.
Poi con le lacrime agli occhi si chinò verso di me abbracciandomi per quel poco che poteva, il tutto durò un secondo nel mentre la bambina veniva fuori per l'appunto.
Ma nel momento in cui la sollevarono e la vidi dimenticai tutto il dolore e i sacrifici che avevo fatto quel giorno; mi sentii nel cuore che lo avrei rifatto altre cento volte, anche se questo sentimento fu subito sostituito dalla paura.
Non stava piangendo.
Smisi di nuovo di respirare e di vivere per quella manciata di secondi insieme a lui che era più sconvolto di me, ma la girarono dandole due colpetti sul sederino e iniziò a strillare quel suono fu musica per le nostre orecchie e con le poche forze che mi erano rimaste tesi le braccia verso la donna scoppiando in un pianto liberatorio.
Mi diede la mia piccola creatura sana e salva sopra il petto, era minuscola e bellissima daddy le accarezzo una manina mentre io le pettinavo i capelli e toglievo il sangue in faccia come una madre premurosa ancora era troppo debole per aprire i suoi occhietti ma il calore che emanava mi bastava come premio, lui mi guardò e si spinse baciarmi; ricambiai, volevo che almeno quel momento fosse bello infondo me lo meritavo dopo tanta fatica.
Purtroppo me la strapparono veloce dalle braccia per metterla nell'incubatrice ,mi sentii un vuoto qualcosa di freddo al petto, molto freddo avevo bisogno di lei ma cercai di pensare che era per il suo bene

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