Chapter twelve

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“Ma allora è un vizio!” sentii la sua voce calda ancora una volta, mi sembrò di sognare. Il suo grande sorriso mi scaldò il cuore e mi lasciò senza parole, tanto che mi ci volle qualche secondo per cercare una risposta che non sembrasse banale. “Ehi, questa volta sei stato tu a venirmi addosso” lo stuzzicai “Forse il destino voleva rendermi giustizia dopo lo scontro dell'altra volta, d'altronde uno per uno non fa male a nessuno” rispose lui cercando una motivazione plausibile. “Può darsi” replicai io “O forse si sta sviluppando in me una calamita naturale che attira le persone” continuai sollevando l'angolo destro della mia bocca a formare un mezzo sorriso. “Bene, allora, Calamita, posso offrirti qualcosa come una colazione, così la prossima volta mi risparmierai?” chiese lui poggiando i suoi indimenticabili occhi sui miei “Beh, non saprei, forse non voglio risparmiarti...” gli risposi beffardamente tenendo in sospeso la frase. “Forza, vieni con me. Mi devo far perdonare per la scortesia di mercoledì scorso, avevo abbastanza fretta e non ho avuto il tempo di scusarmi” le sue labbra si mossero armoniosamente e la sua espressione sembrò davvero felicemente divertita “Mi hai convinta, dopotutto non si trovano molti uomini galanti che offrano la colazione alle ragazze sbadate” conclusi io. Ci dirigemmo al bar che distava da noi solo pochi passi ed entrammo. “Che cosa prendi?” mi chiese “Solo un succo d'arancia, per favore” risposi pensando alla colazione che avevo fatto una ventina di minuti prima. Presa l'ordinazione alla cassa, ci sedemmo a un piccolo tavolino per due persone. “Grazie ancora” dissi arrossendo leggermente e sincerandomi di non fare la figura della maleducata. “Di nulla, come ho detto poco fa, dovevo farmi perdonare” replicò e io abbassai lo sguardo. “Lo sai che non è stata colpa tua, non devi farti perdonare proprio nulla” ribattei io “Ciò che conta è che non ci siano più scontri, non credo sia salutare per nessuno dei due”. Successivamente la cameriera arrivò al tavolo consegnando al ragazzo un cappuccino e una brioche dolce e il succo a me. Vidi il suo sguardo posarsi sul contenitore delle bustine da zucchero a cui ne sottrasse una e riversò il contenente sulla spuma bianca e nocciola che svettava dalla tazza. Mescolò la bevanda il cui colore si uniformò, ne bevve un sorso e la riposò sul tavolo. “Non conosco ancora il tuo nome” riprese a parlare. Lo fissai, dopo tutto ciò che era accaduto non ci eravamo nemmeno presentati. “Pensa, hai appena offerto un succo d'arancia a una sconosciuta!” esclamai bevendo alcuni sorsi della bevanda zuccherina di colore arancione. “Già, che depravato che sono” continuò lui allargando le labbra in un magnifico sorriso. “Comunque io sono Filippo”.

Filippo, Filippo e io che avevo supposto che il suo nome fosse Venceslao...!

“Lo credo anch'io” gli lanciai un'occhiata complice “Mia, piacere” gli risposi a mia volta porgendogli la mano. “Allora, Mia...” disse sottolineando il mio nome “dove stavi andando prima che irrompessi nella tua vita?” mi chiese scherzando. “Ovviamente se non sono troppo indiscreto” aggiunse per timore che mi chiudessi in me stessa, almeno credo. “Intendi oggi oppure l'altra volta?” “Entrambe le volte, se ti va di parlare” pronunciò lasciandomi tempo per formulare la mia risposta. “Mercoledì ero appena uscita dalla casa di Giulietta con la mia migliore amica e stavo tornando a casa, mentre, oggi, sono andata a prendere il giornale all'edicola e allo stesso modo di mercoledì, o, meglio, con la stessa sbadataggine, stavo cercando di tornare a casa. Tu?” rilanciai la domanda “Io mercoledì stavo andando a prendere la macchina per andare ad allenamento e, come il mio solito, ero in ritardo. Oggi, invece, dovevo proprio venire a fare colazione. Casa di Giulietta? Come mai?” si spiegò proponendomi poi un'altra domanda a cui rispondere. “C'era un'esposizione artistica riguardante Romeo e Giulietta e, siccome la mia tesina è basata su quell'opera di Shakespeare, ho voluto partecipare. Per cosa ti alleni?” gettai anch'io una domanda per far continuare la conversazione “Sì, credo di aver visto il cartellone della mostra da qualche parte!” esclamò lui mettendosi a ridacchiare subito dopo. “Non sono io ad allenarmi, io alleno. Sarò assistente allenatore ancora per un anno nel settore della pallavolo” disse addentando la brioche. “Assistente allenatore di pallavolo?” ripetei ciò che aveva appena finito di dire chiedendo incuriosita “Sto frequentando il quarto anno all'Università della città e mi sto specializzando nel ramo “Scienze delle attività motorie e sportive”. Il percorso che sto svolgendo è in collaborazione con federazioni nazionali, società e associazioni sportive e, nel mio caso, mi è stato offerto un tirocinio da assistente allenatore dell'A1 del Verona” si spiegò Filippo finendo di bere il suo cappuccino. Mi accorsi di non aver bevuto molto, perciò presi il bicchiere in mano e cominciai a darmi da fare. “Davvero?” chiesi piacevolmente sorpresa. “Mi crederesti se ti dicessi che, quando ci siamo scontrati, stavo leggendo l'articolo della Gazzetta che esaltava l'ultima vittoria del Verona contro il Trento?” domandai io “Che coincidenza” prorruppe lanciandomi un sorriso radioso “Come riesci a incastrare le lezioni con gli allenamenti?” il suo modo di rispondere alle mie domande mi costrinse a porne sempre di più. “All'inizio devi ingranare, poi l'organizzazione diventa automatica. In questo momento devo incastrare esami e lezioni agli allenamenti della squadra” sentenziò finendo di mangiare e io finii il mio succo. Alzai un sopracciglio “Quindi, esattamente, cosa ti fanno fare quando alleni?” continuai con quello che ormai si poteva dichiaratamente chiamare “interrogatorio”. “Seguo le istruzioni del mio superiore e alleno una parte della squadra” rispose lui tranquillamente. “Ti piace questo sport?” chiese lui ribaltando la situazione. “Sì, è uno di quelli che mi piacciono di più, però non ho mai avuto l'occasione di andare a vedere una partita dal vivo. Mi sono sempre dovuta accontentare delle dirette televisive” osservai “Dovresti venire a guardarne una, è proprio un altro mondo” mi consigliò il ragazzo che qualche giorno prima aveva quasi rapito una parte del mio cuore. Parlando con lui mi resi conto che, forse, sarebbe potuta nascere una bella amicizia fra noi due.

Figuratevi se uno come Filippo sarebbe mai venuto a cercare una come me e considerando tutti gli impegni che aveva...

Ma, al pensiero, non mi rammaricavo, anzi, mi faceva piacere conoscere gente nuova. “Allora, prima o poi, lo farò sicuramente” conclusi rispondendo quando, all'improvviso, sentii il cellulare vibrare nella tasca anteriore destra dei pantaloni. Lo estrassi e lessi velocemente il messaggio che avevo ricevuto: era Gingy che mi chiedeva aiuto per storia. La settimana prima le avevo detto che l'avrei aiutata alla preparazione dell'interrogazione della Rossa. Vidi Filippo aggrottare la fronte come a porre un punto di domanda al messaggio a cui stavo rispondendo. “Tutto ok?” chiese infine “S-sì, sì! Scusami” sollevai gli occhi dal telefono “E' la mia migliore amica, le avevo promesso una cosa perciò fra poco devo andare” lo informai. “Sul serio? Assistente allenatore dell'A1 del Verona?” riprendemmo il discorso “Tutto vero” riconfermò lui “Allora devo essere onorata della tua presenza” dissi io facendolo scoppiare in una sonora risata “Nah, non ce n'è alcun bisogno. Non sono famoso, sono un comune mortale come tutti quanti. Un comune mortale che va a sbattere contro a calamite umane, sei umana e mortale tu, vero?” mi chiese scherzosamente e fu inevitabile da parte mia un sorriso a trentadue denti. Mi portai i capelli dietro all'orecchio. “Chissà, ti lascerò il beneficio del dubbio” decisi di dire. “Bene. Ora purtroppo devo andare. E' stato un piacere conoscerti” gli feci un occhiolino e mi alzai dalla sedia recuperando il giornale e prendendo la borsa in mano. “Aspetta!” mi fermò lui alzandosi in piedi a sua volta “Ti lascio il mio numero di cellulare, in caso dovessi prendere parte a una partita al palazzetto. Mi farebbe piacere salutarti e, soprattutto, non vorrei scontrarmi di nuovo con te così violentemente e...casualmente”. Così presi il cellulare e, sotto dettatura, mi scrissi il suo numero. Quella giornata era partita davvero in modo strano: avevo rincontrato lui e mi aveva lasciato il suo numero di cellulare. Doveva per forza essere uno scherzo di quella simpaticona che prende il nome di Vita. Non che fosse poco gradito...anzi. Uscimmo dal bar ancora parlando e ridendo fra noi, ci salutammo e imboccammo vie diverse.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora