Chapter seventy nine

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<<Seulement on a trouvé dans les papiers de l'évêque une note assez obscure qui se rapporte peut-être à cette affaire...>>. Io e il padre di Mia, usciti dall'ascensore, ci dirigemmo verso la stanza settantasei. Lì, sentimmo uscirvi quelle parole. "Sono preoccupato per Maddalena. Cosa sta facendo?" mi domandò e, non appena apparimmo sulla soglia della porta, la donna concluse la frase.<<...et qui est ainsi conçue: la question est de savoir si cela doit faire retour à la cathédrale ou à l'hôpital>>. La vedemmo entrambi attentissima, tanto che non si accorse del nostro arrivo fino a quando ci avvicinammo al letto. "Ciao!" esclamò contenta accogliendoci  "Ho delle buone notizie da darvi" ci sorrise. Le borse sotto agli occhi non erano ancora migliorate, ma presto l'avrei lasciata andare a casa per farla riposare più a lungo. Il padre si avvicinò a Mia per darle un bacio in fronte, poi, dopo averla guardata teneramente per qualche istante, tornò al mio fianco. Maddalena infilò fra le pagine un piccolo foglietto come segnalibro, dopodiché recuperò la sua borsa, il cappotto, la sciarpa, accarezzò la guancia della figlia un'ultima volta e ci scortò in corridoio dove ci informò sulla situazione di Mia.

"Te la lascio in custodia" la donna mi sorrise con sguardo stanco "A darti il cambio verrà Damiano. Per qualsiasi evenienza, chiamaci senza alcun problema" mi rassicurò "Ah, io le ho parlato fino adora. Ho sentito dire che fa bene in quelle condizioni, magari provaci anche tu" aggiunse. Salutati i due, rientrai nella camera.

"Ehi" mi rivolsi alla mia migliore amica "Come va?".  Mi sentii un imbecille a parlare da solo, anche se, in un certo senso, sapevo che la mamma di Mia aveva ragione, sapevo che lei poteva sentire ciò che dicevamo e, se sarebbe stato d'aiuto, avrei parlato da solo a costo di sembrare un pazzo scappato dal manicomio.

"Io sto un po' meglio. Finalmente mi sono lavato e ora profumo, proprio come piace a te. Casa senza la tua presenza è vuota, sai? Passati questi venti giorni dovrai rimetterti in fretta e rimborsarmi con gli interessi di tutti quei baci e quelle coccole che non mi hai dato" sorrisi da solo "Dobbiamo anche andare a mangiare da Yuko e spuntare tutte le cose che abbiamo messo nella nostra lista "to do" e che dobbiamo fare insieme. Mia, mi manchi e mi mancano i tuoi abbracci, le nostre chiacchiere, le risate. Mi manca svegliarmi prima di te e trovarti avvinghiata a me. Mi manca non portarti a cavalluccio dal divano alla camera da letto. Mi mancano il tuo profumo, i tuoi occhi nei miei e i tuoi palmi che mi accarezzano. Mi manca sentirti lamentare perché la mia barba pizzica. Mi manca perfino lo sguardo disperato che fai quando mi comporto da bambino. Pensa, è passato meno di un giorno e mi manchi così tanto. Immagina il mio stato alla fine di questi venti giorni". Mi avvicinai alla sedia sulla quale vidi appoggiato il libro che le stava leggendo sua mamma. "Les Misérables di Hugo. Ormai sai già che penso che il musical sia una palla assurda, cantano troppo!" mi lamentai sbuffando. Presi il libro in mano e lo sfogliai velocemente. "Quindi tua mamma ha letto fino ad ora in francese? Io, fossi in te, mi sveglierei all'istante per non farla continuare" parlai ridendo. Mi sedetti appoggiando il romanzo sul comodino appena dietro di me. "Presto riceverai visite. Ho parlato con le tre comari, i rispettivi ragazzi, Tom, Edo, Viola e Luce e hanno detto che verranno al più presto. Anche i ragazzi della squadra ci tengono, perciò preparati psicologicamente a schiamazzi vari" l'avvisai. Le raccontai, poi, ciò che avevo fatto quando ero tornato a casa. Niente di interessante, ovviamente, ma non volli smettere di parlarle, lo trovai quasi terapeutico anche per me.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora