Chapter twenty three

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Giovedì, finalmente giovedì, il giorno del giudizio — nah, si fa per dire -. Quando mi svegliai, nonostante la stanchezza dovuta allo studio per la verifica di letteratura spagnola che avrei affrontato quel giorno, mi sentii felice. Quel test mi mise un po' d'ansia addosso: caratteri generali del Realismo e del Naturalismo, analisi di alcuni frammenti de La Regenta di Clarìn e altri riguardanti il Modernismo. Ero preparata su ogni cosa, ma quell'irrequietezza ante-compito era sempre stata un classico per me. Non appena mi trovai il foglio di fronte mi vennero in mente le parole di Filippo: "Allora ti porterà fortuna". Automaticamente mi venne da sorridere e cominciai a scrivere su quel foglio su cui erano state stampate domande e domandine, solo punti interrogativi. Sentii una vibrazione del cellulare nei miei pantaloni, ma non mi permisi distrazioni.

"Prof., posso andare in bagno?" chiesi consegnando la verifica cinque minuti prima che la campanella suonasse. "Aspetta che torni Biagiotti, poi puoi andare" mi rispose la strana donna, ma come era capace di insegnare lei, nessun altro lo era. Non appena Claudia tornò in classe, impaziente, uscii ed estrassi il cellulare per leggere il messaggio inviatomi alla curiosa ora. "Tranquilla, è un giorno fortunato, ricordi? :) Scusa per l'orario, ma, non sapendo a che ora avessi il compito e non essendo riuscito a scriverti prima, mi sono ridotto a farlo ora". Filippo, chiaramente. Quel ragazzo era capace di sorprendermi così dolcemente e in modo così disarmante. Appoggiai la schiena fra il muro color giallo pastello e il termosifone caldo. "Mi è arrivato nel bel mezzo del compito, quindi non credo avresti potuto azzeccare momento migliore :) grazie mille, comunque" gli scrissi, ma, a quel messaggio, non arrivò alcuna risposta. "Ah, già, il suo migliore amico" ricordai parlando fra me e me rientrando poco dopo in classe, di ritorno dal bagno.

Le restanti ore di lezione videro correzioni di logaritmi completamente sbagliati, analisi letteraria di francese e religione. "L'altro giorno ho incontrato Amy e Yle per il corridoio e mi hanno chiesto se sabato andiamo a ballare" informai Gingy "Certo! Ne ho una voglia matta, anzi, ne sento la necessità fisica" rispose appoggiando il capo sulla mia spalla sinistra. "Ho detto loro che ci saremmo sentite oggi per decidere dove e quando, perciò aspettati un messaggio stasera" l'avvisai "Okay" disse sbadigliando. "Ginevra, hai dormito stanotte?" le chiese la professoressa di religione con quel suo tono di voce acuto, ma premuroso. "Sì, Prof. Sono solo stanca, è stata una lunga giornata" le rispose mettendosi a ridacchiare e risollevandosi in posizione retta.

Tornai a casa impaziente. Non vidi l'ora di consegnare la torta preparata il pomeriggio prima. Mangiai in fretta e furia ciò che mi capitò fra le mani e guardai fra i messaggi se per caso Filippo me ne avesse mandato uno senza che io lo avessi sentito. Nulla. Alla fine lo capivo. Quando si è con il proprio migliore amico, il cellulare è l'ultimo pensiero, soprattutto se non vedi quella persona da tanto tempo perché vive lontana da te. Aprii il frigorifero per prendere una bottiglia d'acqua e versarmene un po' in un bicchiere, quando un lampo mi attraversò la mente: come avrei portato la torta fino a casa di Filippo? Mi sarebbe servito un cartone alimentare come quelli da pasticceria, ma, ovviamente, in casa non ce n'erano. Corsi a prendere il cellulare che avevo abbandonato sul sofà e cercai il numero di telefono di nonna Letizia fra gli altri. Dopo alcuni squilli, per fortuna, rispose. "Ciao nonna! Scusa se vado di fretta, ma ti devo chiedere una cosa. Non è che, per caso, hai un cartone per torte a casa?" le chiesi velocemente. "Ne ho tre di diverse misure, se vuoi" rispose ben contenta di aiutarmi. Quella donna era stata fatta per salvarmi la vita. Se avessi potuto, avrei ringraziato sua madre e suo padre per averla creata. Mi sentii male quando dovetti correre a casa senza nemmeno chiacchierare un po' con lei. Era da tanto, troppo tempo ormai che non la vedevo, ma mi ripromisi di andarla a trovare più spesso da quel momento in poi. Feci girare due volte la chiave nella toppa della porta dell'appartamento e mi affrettai ad andare in cucina dove aprii il frigorifero per estrarre la torta e porla nel contenitore di cartoncino dai riflessi argentati che nonna mi aveva dato. Prima di chiuderlo feci una foto al capolavoro e misi in borsa la macchina fotografica. Andai nella mia stanza per recuperare un post-it e una penna e tornai in cucina per potermi appoggiare al bancone. "Happy birthday, little boy! +23" scrissi in grande aggiungendo degli smile qua e là, poi, più in piccolo e in basso gli scrissi: "P.s. Scusa per il fucsia, ma non avevo altri post-it a disposizione :) M." e lo attaccai con un pezzetto di scotch alla superficie riflettente del cartone per evitare di perderlo. "Bene. Ora è tutto pronto. Devo solo..." dissi facendo mente locale "...devo solo chiamarlo e chiedergli dove abita, dato che non risponde ai messaggi" all'improvviso una sensazione acuta mi pervase il petto. Mi sembrò quasi di trovarmi sulle montagne russe e di trovarmi precisamente nel momento in cui il trenino, dopo essere arrivato in cima, cade ad altissima velocità. Il cuore prese a battermi all'impazzata e i respiri si fecero irregolari. "Calmati. Ora." mi imposi "E' un ragazzo, niente di più. E' tuo amico, è Filippo." cominciai ad inspirare e a espirare profondamente e lentamente fino a quando mi decisi e presi in mano il cellulare. Il telefono cominciò a squillare: uno, due, tre squilli e ancora nessuno rispose, agganciai. Richiamai due minuti più tardi e la situazione si ripeté. La mia pazienza stava sorpassando la soglia, ma, al quarto squillo del terzo tentativo qualcuno rispose. "Pronto?" sentii dire dall'altra parte. Non riconobbi la voce del festeggiato. "Pronto?" continuò non udendo alcuna risposta da parte mia. "E-eh, sì. Chi parla?" chiesi io "Chi stai cercando?" rispose la voce ridacchiando e ponendomi un'altra domanda "Filippo, sto cercando Filippo" dissi io tremolante. Sentii il ragazzo allontanare il telefono dal viso e urlare: "Zanna! C'è Mia al telefono che vuole parlare con te!". Fu inquietante per me sapere che ci fosse qualcun altro che non conoscevo che fosse a conoscenza del mio nome. "Scusa per l'attesa, Filippo è sotto alla doccia. Mi ha chiesto di chiederti di cos'hai bisogno" riprese la voce. "Dell'indirizzo di casa" risposi intimidita e, come prima, il cellulare fu allontanato dal viso. "Mia vuole il tuo indirizzo!" esclamò e fece una breve pausa "Io non lo so!" disse ad alta voce e fece un'altra pausa "Senti, gli porto il cellulare in bagno perché finisca quest'agonia. Non riattaccare". Questa volta il ragazzo stava parlando con me e il tono che aveva assunto era caldo e dolce, ma fermo. "Certo" risposi io tranquillizzandomi. Passarono una quarantina di secondi e qualche battibecco che sentii ovattato, probabilmente perché il microfono era stato coperto con una mano. "Mia! C-ciao!" sentii finalmente l'inconfondibile voce di Filippo dall'altra parte del cellulare. "Scusa Christian per la sua ignoranza" continuò e lo sentii ridere "Tranquillo" gli dissi io "Ho bisogno dell'indirizzo, altrimenti niente torta" lo esortai "Certo! No, la torta è mia e la voglio. E' il mio compleanno" protestò "Comunque sto al 12 di Via Stella". Non conoscevo ogni via di Verona perciò mi affidai alle mappe del cellulare e in poco tempo mi trovai a cercare i numeri civici della via che mi aveva indicato.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora