Chapter sixteen

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"Guarda un po' chi si rivede!" esclamai sorridendogli un poco in imbarazzo e volgendo uno sguardo ai ragazzi che erano seduti al tavolo con lui. "Mi segui, per caso?" chiese lui lanciandomi uno sguardo provocatorio che ricambiai. "No, credo che tu abbia cominciato a pedinarmi". A quelle parole alcuni borbottii provennero dal gruppetto di amici e, temendo potessero cominciare a fraintendere, mi ricomposi. "Ragazzi, lei è Mia" disse Filippo abbassando il viso e voltandosi a guardarli pur continuando a trattenere le punte delle mie dita nella sua mano. "Ciao!" sbottarono loro "Ciao" risposi io sorridendo a tutti leggermente intimorita. "Da destra a sinistra abbiamo: Luca, Sam, Federico e Nicola, fanno parte della squadra" "Piacere" mi rivolsi a loro con tono gentile. "Allora, verrai a vedere una partita?" mi chiese Filippo inviandomi una frecciatina "Sono molto permalosi, al tuo posto direi di sì" disse infine mettendo un palmo della mano al fianco della bocca quasi come fosse un suggerimento che gli altri non potessero sentire. "Mmh" dubitai io "...probabilmente. Però non avviserò nessuno del mio arrivo e, a fine match, decreterò se avrai fatto un buon lavoro come assistente allenatore" dissi a mia volta rispondendo alla frecciatina maligna. Voleva vedermi, ma avrei continuato con la mia strategia. Magari gli avrei scritto, ma non sarei andata subito a una loro partita, dovevo avere la mia rivincita. In quel momento si levò una chiassosa esclamazione da parte dei ragazzi che fu placata da uno sguardo fulmineo lanciato loro da Filippo. "Bene, ragazzi. E' stato un piacere conoscervi, ma ora devo proprio scappare" dissi per tirarmi fuori dalla situazione che si era venuta a creare. Sfuggii alla presa di Filippo e, con delicatezza, passai le mie dita fra i suoi capelli scompigliandoli. "Quindi noi due ci vedremo prima o poi, capito?" dissi con tono fintamente minaccioso abbassando il busto e avvicinando il mio viso al suo. "E smettila di pedinarmi, non è carino" dissi facendo seguire la mia ultima frase da un occhiolino provocatorio. Mi allontanai dal tavolo e passai di fianco a quello a cui si erano seduti Andrea e Rebecca e, siccome non mi videro, sgattaiolai fuori dal Bistrot e mi avviai verso casa.

"Filippo, Filippo, Filippo. Cosa devo fare con te?" mi chiesi voltata a pancia in giù sul letto, facendo scorrere il mio dito sul contatto salvato due giorni prima. Senza pensarci troppo su, aprii un nuovo messaggio su cui poter scrivere e solo il tempo sa quanto impiegai a formulare qualcosa che non fosse né troppo banale, né troppo altezzoso, qualcosa che fosse sensato, ma che non fosse né troppo lungo, né troppo corto.

Della serie: quanto tempo avevo detto che l'avrei fatto aspettare? Coerenza portami via.

Alla fine optai per una provocazione: io ero fatta così, ironica fino al midollo. Amavo scherzare e sfidare le persone in quel modo, ma non tutti erano in grado di capire il mio comportamento fino in fondo, anzi, nessuno lo era a parte Ginevra, chiaramente. "Inizio a credere che, fra i due, sia tu la calamita naturale" esordii e la sua prima risposta non tardò ad arrivare, questo mi sorprese. "Invece io continuo a credere che sia tu ad esserlo" "Io non ti avevo nemmeno visto, quindi non puoi confermare il fatto che io lo sia" ribattei "Ti lascio il beneficio del dubbio, in questo caso" scrisse Filippo qualche minuto dopo ma, non sapendo come ribattere, aspettai che ricominciasse lui la conversazione. "Comunque, prima ero serio. Mi farebbe piacere vederti a una partita. Quando vieni?" vidi comparire una casella di messaggio contenente tre punti di sospensione che anticipavano una risposta, il mio ragionamento aveva fatto centro.

Di sicuro non era uno che me l'avrebbe data vinta facilmente.

"Questo ragazzo diventa sempre più impaziente, mi dicono" gli scrissi io stuzzicandolo un po'. "Il fatto non è di essere impazienti. Hai detto che verrai e io sono una persona a cui piace avere tutto sotto controllo" "Allora dimmi tu quando preferisci che venga" tentai di accontentarlo, altrimenti chissà per quanto tempo avrebbe continuato a farmi quella domanda. Alla fine fu tutto un gioco di botta e risposta divertente, proprio come sarebbe dovuto essere. "Questa domenica hai impegni?" mi chiese "Fammi controllare che appuntamenti ho segnato in agenda" replicai io facendo la finta donna impegnata. Me la stavo spassando per davvero tenendolo sulle spine, ma, poco dopo, decisi di scrivergli che non avrei avuto nulla in programma. Non me la sentii di tirare troppo la corda. "Bene!" mi rispose e io interpretai il messaggio come se fosse stato davvero felice della mia disponibilità. "Anche perché la prossima domenica, ovvero quella del 19, la squadra sarà in trasferta a Roma, perciò non se ne sarebbe fatto niente" continuò. "Ah, meglio così. Quindi la settimana prossima non ci sarai nemmeno tu?" gli chiesi. "Perché?" ripropose una domanda e io immaginai la sua infinita curiosità che seguì alla mia domanda. "Così, pura curiosità. Mi stavo solo informando" cominciai di nuovo il giochino con il quale avevo fatto partire la conversazione. "Se me l'hai chiesto, un motivo ci sarà" ribatté lui sempre più impaziente data la velocità con la quale aveva iniziato a scrivermi. Non mi affrettai e, nel frattempo, decisi di mettermi il pigiama pensando all'eventuale risposta che gli avrei inviato. "Quindi sei a Roma la settimana prossima?" mi limitai a chiedergli ignorando bellamente l'SMS di poco prima e, rullo di tamburi, cedette. "No, anche se faccio l'assistente allenatore, non posso allontanarmi dall'università perché altrimenti perderei troppe lezioni e, oltretutto, dovrei partire il giorno del mio compleanno con la squadra perciò..." il suo ragionamento non fece una grinza. Chi avrebbe voluto festeggiare il proprio compleanno lavorando? "Certo. Davvero? Allora tra noi abbiamo un birthday-boy! Quando li compi?" gli domandai cercando di contenere la mia sete di informazioni. "Il 16" rispose lui e andai a controllare a quale giorno della settimana corrispondesse. "Uh!" esclamai "Proprio il giorno in cui ho il test di spagnolo. Quanti sono?" "Allora ti porterà fortuna quel giorno" disse vantandosi "Spara" aggiunse.

Quanti anni gli avrei potuto attribuire? Non sono mai stata brava ad associare un'età a una persona, ma, per caso fortuito, in quel momento mi tornò in mente qualcosa che mi aveva raccontato il giorno in cui avevamo fatto colazione insieme. L'università si frequenta dai diciannove/venti ai ventiquattro/venticinque anni e a lui sarebbe mancato ancora un anno per diventare allenatore effettivo, per cui facendo due conti optai per i ventitré o i ventiquattro. "Non so, cinque?" gli risposi mettendomi a ridere. "Troppi" scrisse lui e fui felice del fatto che avesse colto il tono ironico della situazione, davvero felice. "Mmh, quattro?" tentai nuovamente "Ci sei vicina, riprova" mi esortò "Tre!" gli risposi alla fine. Seguirono altri dieci minuti in cui parlammo del più e del meno, dopodiché ci demmo la buonanotte. Accesi il PC per prenotare il biglietto per la partita, visto che mancavano solo cinque giorni. Trovai solo alcuni posti nelle gradinate alte e uno solo a mezza via. Optai per quest'ultimo, dato che si trovava vicino alle scale e non avrei dovuto scavalcare venti persone per arrivarci.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora