Chapter thirty five

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"Ehilà!" dissi rimanendo a bocca aperta non appena entrai dalla porta appena socchiusa. "Lo so, per la prima volta sono io a non essere pronto" si rimproverò da solo. Era appena uscito dalla doccia. Alcune goccioline scendevano lungo il suo busto nudo per poi fermarsi dove l'asciugamano blu notte era stato legato, ovvero al bacino. Non sarei potuta rimanere indifferente allo spettacolo, chi ci sarebbe riuscito? Trattenni un respiro che rilasciai lentamente cercando di non farmi sentire da lui. Anche se era il mio migliore amico, gli apprezzamenti...diciamo che ogni tanto capitavano. "Guarda lì" dissi indicando il pavimento lucido. "Stai lasciando orme ovunque, vai ad asciugarti!" cercai di togliermi dalla testa quella visione umana che mi ero ritrovata di fronte mezza nuda. Lo presi per le spalle e gli feci fare dietrofront per mandarlo in bagno ancora una volta. Mi sedetti sul sofà e accesi la televisione. Vidi una delle prime repliche di X Factor UK di quell'anno. "Hai idea di chi vincerà?" domandai sentendolo arrivare da dietro. "Non ne ho idea, Mia" replicò salendo le scale che portavano in camera sua. Non c'ero ancora stata là. "Cenerentola, si fa tardi!" urlai scherzando. "Arrivo, ho finito. Mi mancano solo le scarpe" rispose scendendo e, prendendo il telecomando, premetti il tasto di spegnimento della televisione. In mano aveva le Blazer scure che portò il giorno in cui ci scontrammo per la prima volta e che ci avevano accompagnato anche per altre esilaranti avventure. Uscimmo di casa un quarto d'ora dopo il mio arrivo. "Come fanno gli uomini ad essere sempre così veloci?" mi chiesi. In realtà conoscevo già la risposta, ma trovavo davvero ingiusto che le donne dovessero iniziare a prepararsi come minimo due ore prima e, alla fine, la maggior parte delle volte, nemmeno quell'anticipo riusciva a evitare un ritardo. Camminammo un po' per arrivare al locale sul fiume. Ciò che lo rendeva fuori dal comune era il fatto che fosse un bar, ma che avesse al suo esterno altri mini-bar da cui si poteva ordinare ogni sorta di drink. Una piccola console, inoltre, suonava musica da discoteca a volumi assurdi, ma solo durante le serate organizzate. Davanti a essa c'era anche una piccola pista da ballo per i più disinibiti e mille luci colorate illuminavano l'ambiente rendendolo festaiolo e allo stesso tempo intimo. Arrivammo davanti al locale e trovammo gente sia all'entrata che all'interno. Ragazzi, ragazze, musica, alcool e, per i più tranquilli o per un attimo di riposo, divanetti, tavolini e sgabelli sparsi qua e là. Per entrare dovetti scavalcare una specie di barriera corallina umana e, con una mano, tirai dietro di me Filippo. "Prendiamo un tavolo prima di tutto, poi decidiamo che fare" gli dissi avvicinandomi al suo orecchio e strillando sopra agli schiamazzi e alla musica messa a tutto volume. Mi fece un cenno e partimmo alla ricerca che fu difficile, ma soddisfacente, dato che si liberò il miglior tavolino del locale proprio quando ci stavamo per arrendere. "Chi va a prendere da bere?" domandai facendo gli occhi dolci. "Io?" si chiese da solo guardandomi. "E se mi calpestassero oppure mi rapissero? Sono pur sempre una ragazza gracile, potrebbe succedermi di tutto" obiettai scherzosamente. "Non penso che qualcuno verrebbe di proposito davanti alle venti persone che si trovano qui di fianco a noi per farmi del male, non credi? So sorvegliare bene i divanetti, sai?" tentai di persuaderlo. "Sì, sì. Ho già capito l'antifona!" inarcò le sopracciglia e mi fece un mezzo sorrisetto "Guarda che dico sul serio. Potrei farne un lavoro!" esclamai giustificandomi. Filippo si mise a ridere facendo passare una mano fra i capelli scuri, poi, prima di andare a mischiarsi nella carneficina, mi chiese cosa avrei preferito bere. Lo vidi allontanarsi e, per evitare di guardarmi in giro come se fossi stata una "forever alone", presi dalla borsa il cellulare. Controllai Instagram, Facebook, qualunque cosa che mi avrebbe tenuta impegnata per quel lasso di tempo. La mia attenzione fu catturata da qualcuno che prese la sedia di Filippo nonostante fossi stata a dieci centimetri di distanza e, per di più, lo fece senza nemmeno chiedere il permesso. Mi voltai di scatto e vidi un ragazzo in camicia bianca, alto, che mi aveva subito dato la schiena per sedersi al tavolo di fianco con altri amici. Allungai un braccio e con la mano gli toccai una spalla. "In realtà quella sedia è occupata" dissi infastidita. Lui si voltò, non avevo la benché minima idea di chi fosse. "Ah, sì? Non credevo" rispose accigliato, acido. "Già. La puoi rimettere al proprio posto, per favore?" gli chiesi con tono alterato dovuto alla sua maleducazione. "Certo" rispose. Si alzò a malapena per spostare la sedia di ferro e, con un gesto, la posizionò dove si trovava in origine. Ciò che mi sorprese, però, fu quando lo vidi sedersi proprio di fronte a me. Lo guardai senza dire niente, solo un'occhiata fulminante e un sopracciglio inarcato a mostrare la mia disapprovazione, tuttavia non se ne curò. Appoggiò i gomiti sul tavolo credendo di esserne il padrone. "Come ti chiami?" mi chiese e sentii il gruppo a fianco ridacchiare, parlottare, osservarci. "Benissimo" mi dissi mentalmente e alzai gli occhi al cielo tornando, poi, su di lui con lo sguardo. "Lo vengo a dire a te, sicuramente" risposi divertita. "Quanti anni hai, meraviglia?" domandò di nuovo. "Non me lo ricordo. Sai...memoria corta" replicai sarcasticamente appoggiando l'indice della mano destra ad una tempia. "Aggiungiti a noi". La frase, quella volta, provenne da un altro ragazzo poco più distante da lui. Alzai gli occhi e guardai tutto il gruppo. "Guardate, mi farebbe piacere, ma..." feci spallucce "Ma...?" chiese il ragazzo con la camicia bianca. "Non lo farò" finii la frase. "E perché?" la domanda venne posta da un altro amico ancora "Perché ho di meglio da fare" sbuffai. "Almeno concedimi un ballo, uno solo" disse con un sorrisetto beffardo quello di fronte a me. "Mi piacerebbe, dico davvero" portai in avanti il busto e poggiai un palmo sulla mano che aveva posto sul tavolino. "Per me è no. Ritenta, sarai più fortunato, caro" risposi con una punta di cattiveria e, subito dopo, ritrassi la mano. Ero fatta così: non amavo le persone fastidiose, men che meno quel genere di ragazzi viscidi e presuntuosi. "Uh, finalmente. Sta arrivando il mio ragazzo" feci un sorriso a trentadue denti a Filippo che vidi tornare dal bar. Alzai una mano per salutarlo. Il ragazzo, quasi incredulo all'inizio, rise di gusto, dopodiché si voltò verso il mio migliore amico. Lo vide avanzare da lontano e tornò a fissarmi. "Io non lo farei arrabbiare, fossi in voi" dissi sapendo di aver vinto. Lui, infatti, si alzò e, dopo aver detto due parole ai suoi amici, si dileguò con loro al suo seguito. "Che voleva quello?" chiese appoggiando i drink sul tavolino. "Niente, tranquillo. Non infastidiranno più" lo tranquillizzai "Quindi tutto quanto il gruppo...?" "Sì, volevano che mi unissi a loro" ridacchiai. "E come hai fatto a farli scappare così in fretta?" domandò curioso passandomi il mio Long Island. "Ho i miei assi nella manica, dovresti conoscermi ormai" obiettai bevendo un sorso. "Del tipo: "Mi puzzano le ascelle", "Ho la piorrea" o "Sono lesbica"? Le altre volte è andata a finire così" si mise a ridere e io lo seguii. "No, con quelli non avrebbe funzionato. Quelle tecniche si possono usare solo quando ad attaccarti ce n'è uno" spiegai da brava professionista. "Dài, dimmi come hai fatto! Sono curioso" implorò "Queste domande sono come quella sull'età di una donna, non si chiedono mai" lo tenni sulle spine. Filippo sbuffò "Sei proprio insopportabile" sentenziò bevendo un bel sorso del suo drink. "Me lo fai assaggiare? Cos'è?" chiesi curiosa "L'Invisibile. Comunque no, visto che non mi dici nulla" feci ruotare gli occhi. "Signor Tre-Anni-E-Non-Sentirli a rapporto! Come sei suscettibile" risi e allungai la mano verso il suo bicchiere che riuscii a prendere senza neanche tanta fatica. Succhiai dalla cannuccia un po' del liquido trasparente, ma il sapore che mi invase la bocca fu terribile. "Riprendilo pure, tengo il mio, grazie" dissi schifata. "Me lo dici?" insistette e sospirai. "Ho detto che stava arrivando il mio ragazzo. Loro si sono voltati e ti hanno visto. Li ho convinti ad andarsene velocemente" risposi lentamente. Sul viso di Filippo comparì un sorrisetto che non compresi, poi, abbassò lo sguardo dopo aver inarcato un sopracciglio. "Che c'è? Non sapevo come altro fare" protestai senza che lui avesse proferito parola. "No, no, niente. Hai fatto bene. Comunque, meno male che sai sorvegliare bene i divanetti o le sedie e che qui non sarebbe successo nulla...!" disse lui riprendendo le mie parole. "Non è mai accaduto" replicai "Beh, meglio così" "Cosa?" "Che se ne siano andati". Chiacchierammo per un bel po' e nel frattempo finimmo di bere i nostri drink. Ad un certo punto sentii sotto al tavolo una pressione contro la mia gamba che mi costrinse ad abbassarmi per controllare. "Con tutto lo spazio che c'è proprio contro alla mia?" domandai al ragazzo tornando a creare un contatto visivo con lui. "Lo sai che ho le gambe lunghe" rispose scusandosi. Iniziammo a giocare con i nostri arti inferiori pur sempre parlando e ridendo nel frattempo. Lui continuò a strusciare la coscia contro la mia, a darmi colpi leggeri col ginocchio e a imprimermelo nella gamba. Noi ci divertivamo in quel modo.

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