Chapter thirty seven

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Alle 9:30 ero già in piedi, pronta per andare a vedere i risultati affissi al di fuori della segreteria del Polo Liceale. Là mi trovai con Gingy, Amy e Yle. Rividi per l'ultima volta ogni mio compagno e tutti i ragazzi delle ex quinte che conoscevo di vista. Le bidelle arrivarono armate di scotch e quadri sui quali era scritto il nostro futuro, almeno, quello a breve termine. Ad ogni foglio attaccato ai vetri si vide una mandria di bufali partire alla riscossa e quasi picchiarsi per arrivare prima a vedere chi aveva preso quanto. Le nostre classi, ovviamente, furono le ultime. Ad un tratto diventai un fascio di nervi e la tensione mi fece irrigidire come il manico di una scopa. Io e le altre aspettammo l'ultimo momento, poi, quando la maggior parte dei ragazzi si spostò, ci specchiammo nel vetro. "Pronte?" domandò Ginevra "Tre...due...uno...". I miei occhi scattarono immediatamente a cercare il mio nome, dopodiché furono solo salti di gioia. Cento, cento, cento, cento. Una sequenza di quel numero perfetto per poco non ci fece venire da piangere. L'euforia prese il sopravvento e tornammo a casa ballando e cantando a squarciagola per le strade di Verona affollate dai turisti in vacanza. "Ragazze. Domani festeggiamo" impose Amy "Assolutamente" confermammo tutt'e tre.

Il giorno seguente saremmo arrivate a Ibiza a mezzogiorno, pertanto avremmo fatto una capatina in hotel per lasciare le valigie e ci saremmo diretti, già con il costume addosso, in spiaggia. Per la sera, un'enorme festa era d'obbligo.

Ore 8:05 della mattina e noi eravamo già all'interno dell'aeroporto a fare casino ridendo a squarciagola. Il sonno l'avremmo risparmiato per i caldi lettini sotto al cocente sole della città spagnola. Due ore di anticipo per check-in e tutto il resto. In un primo momento ci sedemmo sulle fresche panchine di ferro davanti alla schermata dei gates, poi, non appena comparvero i numeri dei banchi a cui avremmo dovuto fare riferimento, ci avviammo. Ci mettemmo in fila dietro alle altre persone che sarebbero salite con noi sull'aereo e aspettammo il nostro turno che sembrò non arrivare mai. Io, Gingy, Amy e Yle facemmo gruppo a sé stante, come i ragazzi che cominciarono a parlare di qualcosa di molto interessante – a quanto parve -. Per caso, vidi un'occhiata di Filippo gettata alle sue spalle e, quando si rivoltò, notai anche la gomitata che Chris gli diede, per non parlare del sorrisetto seguente. Mi incuriosii: cos'aveva scatenato quelle reazioni? Ma forse fu solo uno dei loro tanti discorsi da bambini.

"Ragazze! L'unica regola che impongo è quella di mantenere almeno un po' di ordine in camera" cominciò a dare le direttive Ylenia, dato che avremmo convissuto per quella favolosa settimana nella stessa stanza d'albergo così come i ragazzi. Fui distratta da Ginevra che mi afferrò per un braccio e mi fece avanzare di poco con le valigie. Ancora dieci minuti di snervante attesa e arrivammo dalle hostess di terra che ci controllarono i passaporti e ritirarono i bagagli. "Mia, mi accompagni al bagno? Ho già chiesto a queste due, ma vogliono andare al bar a prendere un caffè" disse la mia migliore amica saltellando sul posto come se fosse stato davvero urgente per lei. Pochi minuti dopo partimmo alla volta del gate e ci mettemmo a sedere per aspettare che aprisse. Filippo si mise di fianco a me e, nel parlare con Davide, appoggiò una mano sulla mia sostenuta dal bracciolo freddo. "Voglio salire su quel maledetto aereo" disse ad alta voce Amy, impaziente di togliersi i vestiti per andare a nuotare. "Anch'io" confermarono Ginevra e Ylenia. "Già, penso che tutti lo vogliano!" esclamai ridacchiando per sottolineare che con i lamenti non saremmo arrivati più lontano rispetto a dove ci trovavamo in quel momento. "No, no. Manca ancora mezz'ora più o meno" sentii un marcato accento spagnolo venire nella nostra direzione e, in effetti, la ragazza al telefono che pronunciò quelle parole si sedette di fianco a Filippo, uno degli ultimi posti liberi rimasti. "Certo, non voglio farti perdere altro tempo, però fatti sentire. Mi dovrai aggiornare per quanto riguarda Luca" disse di nuovo sorridendo. "Grazie, grazie mille, Vale. Ci rivediamo fra tre settimane, se sarai tornata anche tu. Besitos". Staccò il cellulare dalla guancia e terminò la chiamata. La fissai per alcuni istanti: lunghi capelli castani lisci, occhi marrone scuro, labbra perfettamente scolpite, naso all'insù di piccole dimensioni,carnagione olivastra, alta, snella. Una modella praticamente. Le sue mani erano ben curate e decorate da una french manicure a regola d'arte. Mi venne da alzare un sopracciglio, poi mi voltai per tornare a chiacchierare con le ragazze. "Davide, hai un fazzoletto?" chiese Ylenia al suo ragazzo distraendolo dalla conversazione con Filippo. Nel frattempo, anche Chris tornò dalla toilette e, per di più, in mano, aveva un gigantesco panino con all'interno qualsiasi cosa fosse stata commestibile. "Me ne dai un pezzetto?" gli chiese la sua ragazza. "Hai fame per caso?" risi io ponendogli la domanda più eufemistica che altro. Il ragazzo fece alzare Amy dalla sedia e, non appena si sedette lui, la fece salire in braccio. Mi ricordò la scena della sera prima fra me e Filippo. Un brivido mi percorse la spina dorsale. Davide tornò dal mio migliore amico, mentre io e le altre tre continuammo con i nostri discorsi che, quella volta, verterono sui malati mentali – non chiedetemene il perché -. "E sei originaria di Ibiza?" a un tratto sentii la voce di Filippo e mi voltai per capire con chi stesse parlando. "Sì, anche se mio padre è di Barcellona e mia mamma delle Canarie" rispose la ragazza spagnola dai lunghi capelli. "Davvero? Barcellona è bellissima, ci sono andato per una vacanza-studio in quarta superiore. Quale isola delle Canarie?" chiese Filippo. "Sì, là ci sono i miei nonni, ogni tanto mi capita di andarli a trovare. Comunque viene da Tenerife" fece un ampio sorriso, quei denti così bianchi non sembravano nemmeno reali. "Ecco, invece là ci è andato un mio caro amico l'estate scorsa con la sua ragazza. Ha detto che è un paradiso" rispose il ragazzo che sembrò essere davvero preso dalla conversazione. Mi venne da ridere quando il mio sguardo si incrociò con quello di Davide che mi fece notare silenziosamente il suo tentativo di inserirsi più e più volte senza risultati e, dopo poco, tornai ad ascoltare ciò di cui si erano messi a parlare Filippo e la ragazza. "Quindi starete per una settimana? Beh, è l'isola del divertimento. Non vi deluderà" ammiccò provocandomi l'urticaria. "Infatti, in ogni caso con loro ci si diverte anche stando a casa. Scusa la domanda, ma come fai a sapere così bene l'italiano?" "Ho iniziato a studiarlo all'università della mia città, dopodiché ho deciso di prendere parte all'Erasmus e da un po' vivo a Verona. Sto tornando a casa perché fra pochi giorni sarà il compleanno di mia sorella e, come qui, se sei lontano, la famiglia manca!" si spiegò. "Certo. Quindi non rimarrai molto là" "No, solo una decina di giorni, poi tornerò. Giusto il tempo di rivedere qualche amico, qualche parente e si torna a studiare" sorrise incrociando le gambe verso di lui. "Tu, invece?" gli chiese a sua volta. Mi arrivò una gomitata lancinante dalle mie due amiche che avevo temporaneamente lasciato per dedicarmi all'ascolto della conoscenza che stava avvenendo fra il mio migliore amico e quella sconosciuta che, tra l'altro, non mi stava molto simpatica. Per un momento mi tornò in mente Greta, la gatta morta dei poveri. Non mi aveva fatto nulla, non la conoscevo nemmeno, ma nella mia vita avevo sempre basato le amicizie sulle sensazioni che chiamavo "a pelle" e non si erano mai rivelate sbagliate. Se una persona non mi piaceva, un motivo ci sarebbe dovuto essere per forza. "Ahi!" esclamai massaggiandomi il braccio per il dolore. "Che c'è?" chiesi infastidita "Ci hai abbandonate!" mi fece notare Ginevra "Scusatemi. E' che...stavo ascoltando una conversazione, niente di importante". Quando si rimisero a parlare, di soppiatto, tornai ad ascoltare i due alla mia destra. "Giusto, che sbadata! Io sono Selene, piacere" sorrise di nuovo e gli porse la mano. Schizzai in piedi e Davide, perso anche lui nella conversazione fra i due, si spaventò. "Vado in bagno, faccio in fretta" dissi alle mie due amiche che tennero di fianco a loro il mio bagaglio a mano. Passai vicino ai due piccioncini che stavano condividendo l'enorme panino ormai finito e Amy mi afferrò per un polso. "Dove vai?" mi voltai con sguardo assente e freddo. "In bagno. Fra poco partiamo, farò presto". Mi divincolai dalla presa lanciando di sottecchi uno sguardo dietro di me. Mi diressi alla toilette da lì poco distante. Guardai la mia immagine riflessa allo specchio come se fossi stata assente a me stessa e, passati due minuti, mi sciacquai le mani per abbassare l'alta temperatura del mio corpo. Un getto di aria fredda me le asciugò e, per poco, non fui costretta a correre fuori per andare a recuperare la valigia. La fila si formò in un batter d'occhio davanti al gate numero 6. Fummo uno fra i primi gruppi di amici a far controllare i biglietti e, subito dopo di noi, arrivò anche il turno di "Selene" - ripetei a mente il tono con cui pronunciò il suo nome -.

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