Chapter fifty three

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Appoggiai la borsa e la sporta sul sedile di fianco a me e inserii le chiavi per accendere l'auto. Prima di partire mi guardai nello specchietto retrovisore. Dormire sopra a Filippo mi aveva fatto diventare i capelli mossi, ma non erano malaccio. Il trucco era ancora intatto dalla sera prima e ringraziai il cielo per questo, almeno non avevo fatto pietà là fuori. Arrivai a casa una quindicina di minuti più tardi a causa del traffico che intasò anche le più piccole strade della città. Sul tavolo della cucina trovai un foglietto bianco con su scritto un dolce "buongiorno" da parte di mia mamma. Probabilmente, anche quella volta, si fece strani viaggi mentali, ma mi arresi. Non sarei mai riuscita a badare ogni cosa. Andai in camera da letto, presi dalla scrivania i fogli che Gentile ci aveva dato da studiare e cominciai dalla prima pagina. Proseguii fino a mezzogiorno passato, dopodiché mi preparai qualcosa di veloce da mangiare e cominciai a prepararmi per andare a lavoro. I turni pomeridiani comprendevano l'happy hour che, di certo, era il momento più divertente nella giornata di un barman. Dopo il lavoro le persone erano rilassate e si godevano il tempo con gli amici o i colleghi ridendo e chiacchierando. A me toccava solo servire gli aperitivi, i salatini e venire inclusa nei discorsi altrui che la maggior parte delle volte si dimostravano esilaranti. Quella sera, invece di tornare subito a casa, andai a fare una passeggiata al Ponte Scaligero. L'ultima volta in cui c'ero stata fu con Gingy, Amy e Yle a fine primavera. Era già buio e per ripercorrere i miei passi avrei impiegato un po', quindi decisi di non trattenermi per molto. Mi soffermai ad ammirare l'acqua illuminata dalle luci della città, poi il mio sguardo si perse sulla linea dell'orizzonte. La mia mente vagò da un pensiero all'altro senza ordine. "Mi manca così tanto uscire con la mia Canon legata al collo. Vorrei che fosse possibile fermare ogni momento della mia vita per poterlo rivedere fra sessant'anni, seduta davanti a un caminetto" dissi fra me e me con un pizzico di nostalgia per il bellissimo anno che si sarebbe concluso poche settimane dopo. Tornai a casa felice di essere tornata in quel posto che mi aveva regalato mille emozioni, sebbene ci fossi stata solo una decina di volte. Lo consideravo come il mio posto speciale, il luogo in cui andare quando le situazioni diventavano critiche, una dimensione terrena dove potevo chiudere gli occhi, inspirare, espirare e lasciarmi cullare per qualche minuto dallo scroscio lieve dell'acqua.

"Sono qui!" esclamai facendo capolino in casa quasi una ventina di minuti dopo. "Ciao!" risposero i miei con entusiasmo guardando attentamente un documentario sugli animali tropicali della Foresta Amazzonica. "Abbiamo appena finito di cenare, ho lasciato il risotto in caldo per te" mi avvisò mamma. Mi avvicinai alla pentola e sbirciai all'interno, dopodiché presi un piatto e mi servii. "Vado a studiare, a dopo" dissi, ma probabilmente nemmeno mi sentirono da quanto erano attenti. Mi chiusi in camera con il piatto in mano e recuperai le fotocopie di Gentile ancora una volta. Non erano tante, ma i contenuti da apprendere sì e mi ci vollero altri due pomeriggi prima del mercoledì successivo, prima di imparare ogni tecnica a memoria. In realtà, il professore non ci aveva mai chiesto questo e non si trattò di apprenderli per "fare colpo", ma semplicemente perché sarebbero stati concetti, tecniche e trucchi che avrei utilizzato per tutta la vita, pertanto decisi di impararli finché ne avrei avuto il tempo.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora