Chapter fifteen

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Il mio sonno fu senza sogni e la cosa mi sorprese molto quando mi svegliai poiché, di solito, almeno fino a metà giornata riuscivo a ricordare quasi tutto ciò che accadeva nella mia immaginazione durante la notte. Andai in cucina per fare colazione. In effetti un languore abbastanza pronunciato aveva cominciato a far rumoreggiare il mio stomaco. Presi latte e cereali e li versai nella mia ciotola mescolandoli. Ancora addormentata sbloccai il cellulare e vidi che poco prima di mezzanotte Andrea mi aveva inviato un SMS. Aprii l'applicazione e, dopo una vibrazione dovuta alla consegna, lo visualizzai. “Ciao Mia, scusami se ti disturbo. Forse sarai già a letto, ma ho bisogno di chiederti un favore. Hai presente la ragazza dell'altra sera, Rebecca? Beh, abbiamo parlato un po' e voglio invitarla per un appuntamento. Lo so che non è il tuo mestiere, ma vorrei alcuni consigli da te, visto che, anche se per poco, siamo stati insieme. Se ti va ne parliamo domani a scuola, scusa ancora per l'orario. 'Notte :)” nel leggerlo rimasi stordita. Una settimana e pochi giorni prima era venuto a cercarmi per chiarire e appariva e scompariva dalla mia vista ogni minuto quasi fosse stato un detective, mentre, in quel momento, mi stava chiedendo dei consigli per un appuntamento con un'altra ragazza? Che non veniate a dirmi che le ragazze sono complicate, perché la medaglia d'oro la meritate voi, ragazzi!

“Certo, ne parliamo dopo :)” gli risposi. Mi sarebbe dispiaciuto non dirgli nulla e, alla fine, se fossi stata in grado di aiutarlo, ne sarei stata felice. Attesi la ricreazione per poter parlargli e, siccome solitamente la passavo con Ginevra, Amy e Yle, dovetti spiegare loro la situazione prima che si allarmassero inutilmente.

“Ehi” dissi avvicinandomi a lui. “Ehi! Usciamo da qui” disse a sua volta trascinandomi per il braccio fuori dall'aula. Quando trovammo un posto adeguato per parlare tranquillamente, gli chiesi come sarei potuta essergli d'aiuto. “Voglio organizzare un appuntamento per noi domani pomeriggio, ma non so come mi dovrei comportare. Mi puoi aiutare?” mi chiese quasi implorandomi. “Certo, ma non prendere per oro colato i consigli che ti darò. Ogni ragazza è diversa e a ognuna di esse piace qualcosa che può non piacere a qualcun'altra” tentai di chiarirgli, per modo di dire, le idee. “Ormai è quasi finita la ricreazione, però domani sera prima dell'appuntamento potremmo vederci. Se non hai impegni, ovviamente” pianificò agitato “Nessun problema. Dove vuoi portarla?”. La campanella suonò per far ricominciare il corso delle lezioni e tornammo verso la nostra aula. “Andremo al Bistrot Lille in centro, dato che è sia ristorante che bar, potremmo incontrarci prima noi due e prendere un aperitivo e io rimarrò ad aspettarla quando te ne andrai”. Finimmo di parlare a bassa voce quando ci separammo per sederci ai nostri posti. La minuziosità dei dettagli con cui aveva organizzato tutto era diabolica, ma, pur di farlo sentire un po' più tranquillo, decisi di prendere parte al piano. Non appena la prof di scienze entrò in classe, cominciò a interrogare e io riflettei su cosa avrei consigliato ad Andrea. Alla fine non ci sarebbe stato molto da dire.

“Punto 1: non devi far aspettare la ragazza” scrissi ad Andrea la sera seguente quando arrivai all'esterno del Bistrot Lille. “Sarò da te in un baleno” mi rispose scusandosi due minuti d'orologio più tardi quando lo vidi svoltare l'angolo. “E' importante la puntualità” lo rimproverai salutandolo con un abbraccio “Lo so, farò del mio meglio per migliorare. Offro io l'aperitivo” disse il ragazzo sorridendomi timidamente. Il suo comportamento era cambiato tantissimo da quello che aveva assunto quando avevamo cominciato a frequentarci. Prima si proponeva come un ragazzo strafottente, i suoi sorrisi beffardi mi attiravano – chiaro, a noi ragazze piacciono sempre gli stronzi -, invece, da un po' di tempo a quella parte, aveva cominciato a chiudersi in se stesso ed era diventato timido. Entrammo nel Bistrot che, fino a quel momento, avevo sempre visto solo dall'esterno. Dal soffitto pendevano dei vasi da cui scendevano fiori di lillà alternati a catene di edera. L'ambiente era estremamente intimo e caloroso, il gelido vento, che aveva cominciato a raffreddare sempre di più la città e che indolenziva le mani, veniva compensato dallo scoppiettante camino che riscaldava l'interno del locale. Bastavano una ventina di minuti lì dentro per uscirne con le gote che scottavano. Andrea e io ci sedemmo sugli alti sgabelli del bar, chiedemmo alcuni salatini e due Spritz e cominciammo a parlare. “A che ora è l'appuntamento?” chiesi controllando il cellulare “Alle 20:00” “Bene, quindi abbiamo meno di mezz'ora. Proverò a essere il più breve possibile”.

“Mia. Non voltarti. E' qui.” disse il ragazzo scandendo le parole lentamente e diventando pallido dopo una ventina di minuti di training. “Tranquillo, vado in bagno e, quando torno, vi saluto come se vi avessi appena incontrati. Tutto andrà per il meglio. Segui i miei consigli e ora esci e vai a prenderla” lo rassicurai scendendo dalla sedia e dirigendomi in bagno dopo aver chiesto al barista dove si trovasse. Quando svoltai l'angolo dell'imponente bancone, passai attraverso i tavolini a cui una moltitudine di persone era seduta e aprii la porta del bagno delle donne. Approfittai del servizio per sciacquarmi le mani, dato che il barista, avendo riempito fino all'orlo i bicchieri, li aveva fatti traboccare. I miei polpastrelli si appiccicavano l'uno all'altro come se avessi sfregato fra le mani una gomma da masticare e vi assicuro che la sensazione era davvero sgradevole. Mi guardai di sfuggita allo specchio, che per il momento, era ancora immacolato e uscii. Avevo perso anche troppo tempo. Feci lo stesso percorso, stessi tavolini chiassosi. Uno di essi si stava svuotando in quel preciso momento: due donne e un ragazzino di più o meno undici anni si stavano rimettendo i cappotti avviandosi verso l'uscita del locale. Una presa calda sulla mia mano destra mi fece voltare di scatto. Le luci soffuse non mi avevano permesso di mettere a fuoco immediatamente la figura della persona in questione, ma pochi secondi dopo, lo riconobbi. Il cuore mi sobbalzò nel petto e tremai impercettibilmente, ma lasciai la mano lì, nella calda e forte presa che mi aveva fermata. Filippo.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora