Chapter seventy eight

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Il respiro pensante del ragazzo e il fatto che avesse allentato leggermente la presa sulla mia mano mi fecero pensare che si fosse addormentato. Almeno lo sconosciuto non russava, ringraziai il cielo. Per tutto il tempo in cui rimasi da sola con me stessa, non sapendo che fare, mi ripetei le prime pagine di storia che avevo cominciato a leggere per prepararmi all'interrogazione o alla verifica chiaramente a sorpresa che quasi di sicuro la Rossa ci avrebbe fatto di lì a poco. "Sei troppo prevedibile, cara" feci un sorriso sagace dentro di me. Dopo un'eternità, finalmente, venne mia mamma a salvarmi da quella noia mortale. Dallo strattone che il ragazzo mi diede, immaginai che lo avesse spaventato con il suo arrivo. Risi nonostante mi fosse impossibile vedere la scena. Lui, ancora una volta, non proferì parola, anche se sentii il suono delle sue labbra schioccare per darle un bacio. A quanto pareva, i due si conoscevano."Mamma, dimmi almeno tu chi cavolo è quello che mi ha tenuto per mano fino ad ora" protestai "Per poco non me l'avrebbe fatta andare in cancrena" mi lamentai cercando di muoverla dopo la liberazione ma, fastidiosamente, non potei.

Pochi secondi dopo, i passi del ragazzo sconosciuto si allontanarono da me e dalla mia stanza. Mia mamma schioccò la lingua contro al palato."Che stupida!" si disse da sola e sentii le sue mani frugare rumorosamente all'interno della sua borsa. Qualche attimo più tardi uscì dalla camera correndo. Parlò, ma troppo piano perché io riuscissi a sentire, oppure si trovava già troppo lontano quando lo fece.

"Ciao bambina mia". La sua mano fredda mi accarezzò la fronte delicatamente e percepii l'eco di quella sensazione sulla pelle per un po' di tempo. Subito dopo si chinò per darmi un bacio nella stessa posizione in cui aveva lasciato l'impronta termica che aveva la forma del suo palmo. Sapeva di "mamma" e in quel momento non trovai null'altro al mondo di più bello che sentire il suo profumo avvolgermi come fosse stato una calda coperta nei gelidi giorni d'inverno. "Ciao mamma" le risposi mentalmente. Sentii i suoi occhi puntati su di me come quelli del ragazzo di poco prima. "Qual'è il mio problema? Ho per caso una protuberanza verdastra che esce dalla mia testa?" chiesi spazientita. "Ginevra, Amanda e Ylenia hanno già chiamato due volte per chiedermi quando sarebbero potute venire a trovarti" mi informò e, col tono di voce che utilizzò, capii che sul suo viso era presente un sorriso, seppur debole. Quell'immagine mi rese felice. "Le mie donne. Come farei senza di loro?" dissi. "Ho risposto che potranno venire quando lo crederanno più opportuno e che la tua porta è sempre aperta per loro" proseguì con il suo monologo "Di' loro di venire il più presto possibile" mugolai. "Ho letto su internet che fa bene parlare alle persone che sono in coma, quindi non ho intenzione di lasciarti un momento libero. So che ci sei, so che mi ascolti" affermò sicura di sé e, sedendosi sulla sedia alla mia sinistra, mi afferrò la mano stringendomela come quando ero piccola e dovevamo attraversare la strada sulle strisce pedonali. "Eh, no. Allora è un vizio! Non appena mi sveglierò, non farò più toccare a nessuno le mie mani. Dovrò solo ricordarmi di farlo per davvero" parlai a me stessa.

"Ti ho portato Les Misérables in lingua originale. So che l'hai già letto, ma so anche che ti è piaciuto tanto. Spero piuttosto che la mia pronuncia non ti faccia rabbrividire, è da un po' che non parlo in francese" ridacchiò spensierata e io, mentalmente, mi portai una mano alla fronte, disperata. "Aspetta...cos'hai detto? Riavvolgi il nastro" forse non mi ero resa bene conto della sua frase. "Ti ricordi quando la Pietrucci mi disse ai ricevimenti dei genitori del primo quadrimestre che l'avevi presa da parte per chiederle qualche lettura emozionante come questa?" sentii le sue dita ticchettare sulla copertina del libro. Aggrottai la fronte. "Mamma cosa stai dicendo? Io non avevo nemmeno in programma di comprare quel libro. Dovremo fare quest'anno Hugo, ma prima di lui c'è René" obiettai confusa. "Mi ricordo bene l'anno scorso e sono sicura di non aver parlato di quel romanzo con la Pietrucci, dato che non l'ho mai letto" proseguii rispondendo a mia madre che non sarebbe mai riuscita a sentirmi. "Perché sono intrappolata in questo corpo?" domandai straziata "Fatemi parlare con lei anche solo per trenta secondi, ve ne prego" scongiurai qualsiasi entità superiore che fosse in ascolto in quel momento. Sentii il mio cuore palpitare prepotentemente, ma l'elettrocardiogramma non segnalò alcuna anomalia, almeno fu quello che non sentii.

"Cosa sta succedendo? Cosa succede? Mamma, cosa succede?" urlai vedendo una luce bianca accecarmi nella profonda oscurità in cui ero caduta. Strinsi le palpebre per proteggere le mie pupille ma, non riuscendoci, posi l'avambraccio a coprirmi lo sguardo. All'improvviso venni catapultata su una spiaggia, una spiaggia che non avevo mai visto in vita mia. Mi ritrovai seduta da sola sulla sabbia umida. Sia alla mia destra che alla mia sinistra trovai chilometri e chilometri di bagnasciuga, nient'altro. Un tramonto aranciato si presentò davanti a me. "Dove sono finita?" mi chiesi, quella volta serenamente. L'acqua cristallina del mare mi bagnò le punte dei piedi e, dopo essermi sporta un po' in avanti, vidi una stella marina scarlatta a pochi metri da me. Mi venne da sorridere ma, anche se tentata, non mi alzai per toccarla.

"Mia? Mia?" un tocco gelato e allo stesso tempo delicato mi sfiorò il braccio sinistro, tuttavia, non appena mi voltai, non vidi nessuno al mio fianco. "Sei tu, mamma?" chiesi dopo aver perso il filo che mi connetteva a lei. Nessuno mi rispose, come al solito. Il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva si sovrappose a quello di passi veloci che intuii provenire dalla realtà. Udii delle voci alte in lontananza, ma non intesi ciò di cui parlavano. Poco a poco si fecero sempre più vicine a me, quasi come se quelle persone che non potevo vedere si trovassero al mio fianco. Probabilmente era così.

"Signora, non si preoccupi. E' una buona notizia che i suoi battiti siano rallentati. Significa che i farmaci che le stiamo somministrando stanno facendo effetto". Una noiosa voce maschile parlò con mia madre. "Possiamo stimare l'interruzione del coma farmacologico fra una ventina di giorni; dopo l'incidente che ha subito è meglio essere sicuri che l'edema venga riassorbito del tutto" l'uomo proseguì con la spiegazione.

"Una ventina di giorni? State scherzando, spero!" protestai esausta "Ho una vita da portare avanti e poi da quanto sarò in questo stato? Come minimo due settimane" continuai sbuffando e borbottando.

"Grazie e mi scusi per l'allarmismo" disse mia mamma dopo aver parlato per un'altra decina di minuti con il flemmatico uomo. "Bene, ora che so che è tutto a posto, ti tormenterò con la mia pronuncia francese sgangherata" la sentii sorridere mentre si risedette al mio fianco. "Non farmi più questi scherzi, per favore" mi rimproverò brevemente "Stanotte ho perso almeno quindici anni di vita quando Filippo ci ha chiamati per dirci che avevi avuto un incidente e che eri grave" sentii la sua voce cambiare di tono. "Ma sei qui con noi ora e, per fortuna, sei viva. Presto ti sveglierai e riprenderai la tua vita fra le mani" espirò profondamente scacciando le lacrime che immaginai pronte a sgorgare dai suoi occhi. "Cosa? Chi è Filippo? E poi tu vorresti dirmi che l'incidente è stato ieri? No, no. Ti stai sbagliando" mi rifiutai di ascoltarla, ma, più di ogni altra cosa, desiderai una risposta a tutti quegli interrogativi che, per ovvi motivi, aveva ignorato. "Da dove sono saltati fuori Les Misérables? Chi è Filippo? Sul serio sono passate solo alcune ore dal mio incidente?" ripetei mentalmente per dare ordine ai quesiti. "Ora lasciami cominciare" disse lei dopo una breve pausa come se l'avessi interrotta per davvero. Si schiarì la voce e, di lì a poco, il romanzo cominciò.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora