Chapter fifty six

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La situazione di Ginevra, dopo poco meno di un mese, era ancora la stessa. I sentimenti che lei provava per Alberto non erano cambiati di una virgola, anzi, si erano ingigantiti. Non sapendo come poterle essere d'aiuto, decisi di rivolgermi a Filippo che, in varie situazioni, era riuscito a togliermi dai guai.

"Scusa per l'impellenza, ma ho davvero bisogno di un tuo consiglio" gli dissi presentandomi senza preavviso a casa sua e abbracciandolo sullo stipite della porta. "Non so come aiutarla. Spero che almeno a te venga in mente qualcosa" continuai entrando nell'appartamento. Mi sedetti sul sofà senza nemmeno togliermi il cappotto, le mie mani erano congelate. Posai un palmo sulla morbida pelle nera del divano per esortare Filippo a mettersi di fianco a me. "Dimmi tutto, che c'è?" chiese stranito. "Ginevra, il discorso che abbiamo fatto alcune settimane fa. Continua a chiedermi cosa dovrebbe fare in proposito, ma non so proprio cosa rispondere alle sue domande" dissi con tono esausto. "Sarò breve, lo prometto!" esclamai mostrando lo sguardo più sommesso possibile. "Non ho nient'altro da fare" rispose facendo spallucce "Ma oggi non è sabato?" domandai prendendo in mano il cellulare per controllare. "Sì e quindi?" chiese lui di rimando "Quindi sono le 20:45. Fra un quarto d'ora arriva Selene, no?" chiesi freddamente, tentando di essere il più gentile possibile con lui. Rimase in silenzio, ma decisi di farci poco caso, motivo per il quale ripresi a parlare subito dopo. "Beh, ora aiutami, ti prego" appoggiai la testa sulla sua spalla. "Mettendoti nei suoi panni, cosa vorresti che facesse Ginevra?" gli chiesi. "Non so, io consiglierei a Gingy di buttarsi" rispose tranquillamente "Lei ha una paura folle di perdere il suo migliore amico" "Ci credo" "Ma dovresti vedere il modo in cui guarda Ginevra ogni volta" dissi felice. "Quindi le devo dare il via libera?" gli chiesi ancora "Sì. E' più doloroso il rimorso del rimpianto. Se dovesse andare male, se ne farebbe una ragione, anche se ci metterebbe davvero tanto tempo per dimenticarlo. Anzi, forse non lo dimenticherebbe mai, ma, almeno, potrebbe comunque ripartire da zero in qualche modo" rispose appoggiando il viso sulla mia testa e lo abbracciai cingendogli il ventre con un braccio per ringraziarlo del consiglio. Rimanemmo in silenzio per alcuni secondi ma, prima che decidessi di alzarmi per andarmene, riprese a parlare. "Ultimamente mi sono fissato con Dostoevskij. Sai cos'ha scritto?" mi chiese "No, perché? E' un consiglio per Ginevra?" domandai sorridendo sorpresa e, dopo un respiro, ricominciò a parlare. "No. Una constatazione per noi due, più che altro" non capii. "Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all'improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata".

Quando le parole gli morirono in bocca, sentii i suoi occhi puntati su di me. La mia testa si alzò velocemente dalla sua spalla. Lo guardai confusamente. La scena del nostro primo scontro, avvenuto più di un anno prima, si materializzò in un istante nella mia mente e, imperterrita, si ripeté almeno una ventina di volte ancora, fino a quando il mio viso si protese prepotentemente verso il suo. I nostri sguardi non si fermarono per un solo istante. I miei occhi fuggirono dai suoi per dare una sbirciata fugace alle sue labbra umide. Subito dopo tornai a fissarlo con sguardo terrorizzato, ma allo stesso tempo ardente. I nostri fiati furono sul punto di unirsi tanto si trovarono vicini. Solo pochi millimetri e una passione nascosta, repressa e murata viva nei meandri del mio cuore si sarebbe accesa come la miccia di un candelotto di dinamite e sarebbe scoppiata come mille fuochi d'artificio la notte di Capodanno.

Ma lui stava con lei, come avrei potuto? Non cedetti al mio istinto di buttarmi fra le sue braccia nonostante odiassi a morte Selene. Io non sarei mai stata quella che si sarebbe intromessa in un rapporto. La testa leggermente piegata di Filippo si raddrizzò non appena mi ritrassi velocemente da quel potenziale meraviglioso bacio. "Scusami. Non posso" furono le uniche parole che riuscii a pronunciare con una voce rotta dalla presa di coscienza che poco prima mi aveva fatta tornare con i piedi per terra. Senza nemmeno avergli dato la possibilità di riprendersi da ciò che era accaduto, corsi via. Decisi di scappare. Fu l'unica soluzione che riuscii a trovare al grosso problema in cui mi ero appena cacciata. Dovetti svoltare molti vicoli per trovarmi davanti a casa mia. Le lacrime iniziarono a scendere a fiotti rigandomi le guance bordeaux. I miei occhi bruciarono come se fossero stati pronti a prendere fuoco in quello stesso momento. Diventarono rossi e pulsarono forte, proprio come il mio cuore che continuò a lottare fra un singhiozzo e l'altro. "Sei una stupida, un'idiota" mi alzai di scatto dal muretto sul quale mi ero seduta per evitare di salire in casa in lacrime. Sentii il cellulare squillare con insistenza nella borsa, ma, francamente, in quel momento non riuscii a trovare il coraggio di visualizzare il nome di Filippo scritto a caratteri cubitali sul display illuminato del mio telefono. Camminai nervosamente su e giù per il marciapiede in cerca di un solo pensiero che non fosse confuso quanto me, ovviamente invano. Il buio calò sempre più e, con lui, il freddo dell'inverno che, ormai, era alle porte. Le lacrime mi si congelarono sulla pelle mentre tentai di rimettere ordine fra le idee sparse per la mia mente come cocci di un vaso andato in frantumi. Mi mordicchiai l'unghia del pollice. Io non volevo essere l'altra. "Oggi lo perdi. Perdi la persona più importante della tua vita, il tuo migliore amico e per cosa? Non riesci mai a startene al tuo posto. Sai perfettamente che c'è già qualcuno al suo fianco, anche se la odi" mi disse la mia coscienza cercando di ferirmi, come se già non lo fossi stata abbastanza. Continuai ad arrabattarmi fra i miei mille pensieri, fino a quando la mia mente cominciò a ragionare più razionalmente. Nel frattempo, cominciò a piovere. Continuai a chiedermi il motivo per il quale avesse citato quella frase, poi iniziai a correre. Non avrei retto se mi fossi tenuta dentro anche quell'enorme dubbio. L'ultimo dei miei problemi fu l'acqua che cominciò a bagnarmi. Percorsi ogni vicolo stretto e buio a ritroso: il mio fiato si fece corto in poco tempo, ma resistetti. Arrivai davanti al grande portone verde e fui costretta a piegarmi e ad appoggiare per un attimo le mani alle gambe. Ripresi fiato. Mi avvicinai al piccolo pannello che mostrava i campanelli illuminati degli abitanti del palazzo e mi attaccai a quello del ragazzo che mi aveva fatto perdere il senno. "Apri, sono io!" urlai sopra a un rumoroso tuono non appena sentii lo scatto del citofono. Il pesante portone si aprì e corsi su per le scale il più velocemente possibile. Non appena arrivai in cima alla rampa del piano in cui abitava, lo vidi sullo stipite della porta con in viso stampata un'espressione indecifrabile. "Io non sono quel genere di ragazza. Avevo già tentato di spiegartelo, ma, poi, ho quasi ceduto. Il mio è stato un riflesso incondizionato e sto male da quanto mi sento in colpa. Voglio solo sapere una cosa: perché hai detto quella frase?". Una breve pausa ci separò. "L'ho lasciata tre settimane fa" esordì lui e il mio cuore sussultò con il tuono che fece vibrare perfino i vetri della finestra che si trovava al mio fianco. "Ho semplicemente deciso di smettere di stare a guardare e di sperare. Non mi sono reso conto di quanto tempo stessi sprecando fino a quando ti ho detto quelle cose per Ginevra. Tu saresti stata il mio unico rimorso e, sinceramente, ho pensato che avrei preferito di rimpiangerti. Ci ho messo un po' di tempo per capire che se non avessi agito io, ti avrei persa per sempre in quel fastidioso limbo che si trova sul margine fra amicizia e qualcosa di più. L'amore" continuò. All'improvviso una piccola parte del grande puzzle a forma di punto interrogativo che si era creato da solo nella mia testa iniziò a ricomporsi da sola e, con quella, forse, anche il mio cuore. Ripetei ciò che mi aveva appena confessato nella mia mente e mi resi conto del sentimento che provavo ogni volta in cui ci trovavamo insieme, ogni volta in cui mi ritrovavo a pensare a lui. Lasciai cadere a terra il cappotto fradicio e gli corsi in contro. I nostri sguardi si incontrarono di nuovo e si persero l'uno nell'altro. Mi permisi di chiudere gli occhi per un secondo quando percepii il calore che il ragazzo emanava e che iniziò subito a riscaldarmi. Le punte dei nostri nasi si sfiorarono e un sorriso comparve sulla bocca di entrambi. "Come hai potuto anche solo pensare di perdermi?" mormorai. "Mi hai travolta, salvata dai sampietrini e hai completamente sconvolto la mia vita, ma sei stato così silenzioso che non mi sono nemmeno accorta di aver iniziato ad amarti nel preciso istante in cui ti ho visto" gli sussurrai a fior di labbra. Alcune lacrime sgorgarono dai miei occhi e caddero sulle mie gote confondendosi con le gocce che i miei capelli bagnati stavano lasciando sul viso. La tensione, finalmente, iniziò ad abbandonare il mio corpo lentamente. La felicità mi travolse come un treno in corsa. Fu come se lo sciame di farfalle che erano cresciute nel mio stomaco fosse uscito e fosse risalito fino al cuore. Come quelli di un'aquila reale in volo, quei battiti così forti e prepotenti, se avessero potuto, avrebbero fatto evadere il cuore dal petto per permettergli di gonfiarsi ancora di più di quell'emozione destabilizzante e meravigliosa che provai, vera, per la prima volta. Per un attimo non ricordai nemmeno il mio nome, dove abitassi, cosa avrei fatto della mia vita, ma di una cosa fui certa: mi trovavo nel posto giusto al momento giusto e, soprattutto, con la persona giusta. Le nostre labbra, che si erano desiderate per così tanto tempo a mia insaputa, si staccarono più volte le une dalle altre giusto per il tempo di un respiro. Mi strinse forte premendo il mio bacino contro al suo, mentre una mano andò a nascondersi fra i miei capelli. Mi allontanai per un secondo e, spingendo con tutta la mia forza sulle sue spalle, mi issai. Filippo mi afferrò e mi tenne stretta per le gambe mentre le incrociai dietro di lui e avvolsi le mie braccia intorno al suo collo. In quel momento, troneggiai sopra al mio migliore amico, tanto che dovette sollevare la testa per riprendere a baciarmi. Il mio cuore minacciò di detonare, minacciò di esplodere di gioia. La sua bocca era delicata, le sue labbra morbide e dolci, ma mai sazie di quei baci che ci stavano drogando. La sua barba mi rigò la pelle del viso, poi i palmi delle mani non appena glielo afferrai avidamente. Indietreggiammo spingendo la porta all'interno dell'appartamento che chiusi con una mano dopo aver slegato le mie braccia dalla stretta che si era impossessata di lui. Gli sorrisi e la mia bocca cercò un'ennesima volta la sua. Ruotammo su noi stessi e fece appoggiare la mia schiena contro al muro. Il viso di Filippo si scostò dal mio e le sue labbra cominciarono lente e dolcissime a baciare il mio collo. Un piacevole brivido percorse la mia schiena fino a risvegliarmi ogni nervo che avevo in corpo. Chiusi gli occhi e sollevai il mento godendomi ogni singolo attimo che ci stava unendo. Ripresi il controllo della situazione e, in cuor mio, sperai che quel momento fosse potuto durare per sempre.

"Se non ti faccio asciugare, ti ammalerai di sicuro" disse delicatamente poggiandomi a terra con mugolii di disapprovazione da parte mia. Nessuno dei due resistette e, con una foga che mai – e dico mai – avevo provato prima in vita mia, riprendemmo a baciarci, a morderci. Non mi sarei mai potuta stancare del sapore delle sue labbra. Mai, mi sarei stancata del suo tocco gentile, ma sicuro su di me. Le nostre lingue giocarono ancora per qualche secondo, quando, Filippo, rinsavito, cercò di riportarmi sul pianeta Terra. Lo guardai da capo a piedi. "Ops!" un'espressione fintamente contrita, anzi, un po' divertita, si fece largo sul mio volto. Filippo si guardò allargando le braccia, poi i suoi occhi tornarono su di me ed entrambi scoppiammo in una risata. "Credo che anche tu abbia bisogno di un cambio" obiettai "Provvederò per tutti e due mentre ti farai una doccia calda" rispose passandomi di fianco e stampandomi un bacio casto sulla fronte. "Sì, ma come torno a casa?" gli chiesi inebetita "Domani vedremo come fare, stasera stai con me" sentenziò mostrandomi il suo sorriso più disarmante a cui non seppi dire di no.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora