Chapter sixty five

67 6 0
                                    

La mattina mi svegliai presto, andai al bar come al solito, poi, al pomeriggio corsi a casa per ripassare per la lezione di Gentile che avrei frequentato quella sera. Non appena salii sul treno di ritorno da Bologna, sentii il cellulare vibrare all'interno della borsa che avevo appoggiato sulle gambe. Sorrisi quando vidi il suo nome apparire sullo schermo. "Signorina Diener a rapporto" esordii e sentii la voce del mio ragazzo ridere dall'altra parte del telefono. "Non chiedermi perché mi sono innamorato di te" "No, tranquillo, lo so che sono fantastica" scherzai "E modesta" rispose Filippo "Soprattutto, ormai mi conosci bene, forse" lo punzecchiai. "Togli quel fastidioso "forse"." me lo immaginai mentre inarcava un sopracciglio. "Mmh...forse" feci la dispettosa. "Bene, allora, dato che la Signorina Simpatia-Portami-Via si è impossessata della mia ragazza, quando uscirai dalla stazione non aspettarmi perché non ci sarò" disse per ripicca. "Quanta cattiveria" risposi imbronciata "Sei venuto a prendermi?" chiesi subito dopo con occhi felici. "Ero" sottolineò "Dài" risposi cercando di smuovere la sua dolcezza. "Dimmi che ti conosco e potrei cambiare idea ancora una volta" sbuffai "Okay, lo ammetto" dissi alzando gli occhi al cielo facendo un sorrisetto "Cosa ammetti?" mi chiese "Ehi, non approfittarne" guardai fuori dal finestrino mentre un treno sfrecciò a pochi centimetri di distanza da quello che mi stava portando a Verona. "Mi mancano tre quarti d'ora per arrivare" aggiunsi "Mi trovi fuori" disse infine dolcemente. A quelle parole non riuscii a trattenere il sorriso che si fece largo prepotentemente sul mio viso. "Ti amo" risposi di getto "Anch'io e non poco" la sua risposta mi scaldò il cuore. "Ah! Ricordami che ti devo parlare di una cosa dopo" dissi interrompendo quel momento che si stava rivelando un po' troppo smielato per entrambi. "Cosa?" domandò curioso "Te lo dirò più tardi. Col fatto che ieri non ci siamo sentiti, non ho avuto occasione di parlartene" "Okay! A fra poco" "A dopo!". Il polpastrello del pollice sfiorò il tasto rosso che dichiarò la fine della telefonata, poi, presi dalla borsa le cuffiette. La musica mi fece compagnia per il resto del tempo. Scesi dal treno e ammirai il piccolo spiraglio di cielo che riuscii ad intravedere fra la tettoia della stazione e la sommità del mezzo. Le mie labbra si incurvarono spontaneamente all'insù non appena riuscii a distinguere la stella polare fra le altre. Mi diressi velocemente verso l'uscita con l'irrefrenabile desiderio di abbracciare il mio migliore amico, il mio ragazzo. "Mi sei mancato come l'aria" gli saltai addosso dopo essergli corsa in contro. Avvinghiai le gambe attorno alla sua vita e le braccia gli attorcigliarono il collo. I baci che mi diede sul collo mi fecero rabbrividire, ma, in quel momento, avrei preferito morire di brividi piuttosto che lasciarlo andare. Dopo una decina di minuti passati attaccati l'uno all'altra, Filippo mi riportò alla realtà. "Il tuo stomaco brontola, andiamo a casa che è tardi e fa freddo" mi morse il labbro inferiore delicatamente. "Sì, però dopo ho bisogno di te" mugolai desiderando che le sue labbra baciassero ogni millimetro del mio corpo. Il ragazzo fece il giro dell'auto e salì dalla parte del conducente "Anch'io ho bisogno di te, sempre" afferrò la mia mano, la portò alla sua bocca e le diede un piccolo morso. "Ehi!" mi lamentai. Arrivammo a casa sua, o, meglio, casa nostra, in cinque minuti. "Ero già andato a prendere giapponese, spero non ti dispiaccia" mi guardò di sottecchi facendo un sorrisetto compiaciuto sapendo che la mia felicità sarebbe salita alle stelle. "Ti amo anche per questo, anzi, soprattutto perché mi sfami e mi compri il mio cibo preferito" risi togliendomi le scarpe e facendo volare il mio piede sinistro fino al suo didietro, mossa che non apprezzò - o, forse, sì -. "Stai diventando anche violenta ora" prese in mano l'ascia di guerra e cominciammo a rincorrerci per casa. Quella scena mi risultò familiare e, a quanto ricordai, non era finita poi così tragicamente. La mia anima ammiccò a me stessa. "Ehi, ehi!" Filippo mi bloccò contro alla porta del bagno stringendo i polsi fra le sue mani. "Ora si va a mangiare, poche discussioni" ansimò brevemente e, il contatto ravvicinato con i suoi meravigliosi occhi, mi fece slanciare in un appassionato bacio. "Mia" il suo fiato divenne corto. "Dopo" mi ammonì e, l'istante successivo, ne capii la motivazione. "Lo so che sei sempre felice di vedermi" gli ridacchiai in faccia. "Spero che anche tu lo sia" il suo sguardo tenero e complice mi trapassò l'anima. "Sempre". Cenammo velocemente e, nel frattempo, gli raccontai i progetti per Capodanno che gli andarono subito a genio, ne fu entusiasta. Avremmo dovuto solamente avvisare gli altri e, noi ragazze, iniziare a pensare a vestiti, trucco e parrucco. "Vado a farmi la doccia" sentenziò sospirando dopo aver buttato nella pattumiera le scatoline vuote che rimasero alla fine della cena. "Okay!" scesi dallo sgabello raggiante mettendomi proprio davanti alla sua figura imponente. Filippo non riuscì a trattenere una risata che, tuttavia, cercò di nascondere abbassando il viso e guardando da un'altra parte. "Spero di non aver iniziato a leggerti nel pensiero da questo momento" disse con ancora le labbra inarcate verso l'alto. "Oh" assottigliai gli occhi in fessure minuscole. "Sei sempre riuscito a entrare nella mia testa, non dirmi che ora..." continuai e lui, sorridente, si abbassò su di me per baciarmi. "Sì, ma..." "Ma...?" gli chiesi cercando di fargli continuare la frase. "Okay, okay. Ti aspetterò sul divano, però mi vendicherò quando meno te lo aspetterai" conclusi io passati dieci secondi di silenzio a fissarci negli occhi che distolsi dai suoi subito dopo con aria fintamente altezzosa. Mi voltai spingendolo leggermente all'indietro con una mano puntata sul petto e, come mi aspettai, non appena i miei polpastrelli si staccarono da lui, agguantò il mio polso con una mano. "Dove vai?" mi seguì dal momento che non mi voltai. "Mia" disse nuovamente quando non trovò risposta alla domanda. Feci altri due passi in avanti, poi, chiaramente, mi trattenne con una forza che non contrastai. Girai verso sinistra il busto e lo guardai sorridendo. "Vai a farti la doccia, stupido" risposi avvicinandomi ancora una volta a quel ragazzo a cui non riuscivo a stare lontana. "Stupida sarai tu" protestò. "Lo ammetto" feci spallucce e, lui, non aspettandosi quell'affermazione, restò zitto. "Allora lo sono anch'io" disse passata una manciata di secondi. Ridacchiai. "Benissimo, allora ci faremo compagnia fra stupidi. Vuoi andarti a fare la doccia, o no?" gli domandai. "No" fece un capriccio. "Sei proprio un bambino" alzai gli occhi al cielo. "Quindi rimaniamo qui impalati per sempre?" chiesi facendo un passo verso di lui. "Per me va bene, finché ci sarai tu qui". Quella volta fu lui a fare spallucce. Le mie guance si riscaldarono e, con loro, il mio cuore. "Avvisami la prossima volta in cui avrai intenzione di tirare fuori queste frasi a effetto" brontolai e, annullando la distanza fra i nostri corpi, feci aderire i miei palmi sul suo petto. Guardai verso l'alto e, quando si abbassò, le punte dei nostri nasi si toccarono. Fu silenzio per un tempo che non riuscii a determinare, dato che i miei occhi si persero per una millesima - che dico? -, infinitesima volta nei suoi. A interromperci fu la sua bocca che baciò la mia, il ragazzo mi mordicchiò il labbro inferiore. "Non so, mangiatelo la prossima volta!" risi "Ci farò un pensierino" mi sorrise. "Ora sono pronto per andarmi a fare la doccia" affermò di nuovo. "Era ora. Sono dieci minuti che cerco di liberarmi di te" inarcai un sopracciglio e sbuffai, al che, le nostre risate si librarono nell'aria contemporaneamente. "Non volevo mancarti troppo" rispose ricomponendosi e assumendo un'aria da sbruffone. "Io te l'ho già fatta due volte la proposta e tu, per tutt'e due, l'hai rifiutata" imitai il modo in cui mi aveva parlato "Assumiti le tue responsabilità" aggiunsi. "Mia, puzzo!" si giustificò "A me non sembra. Quando sei venuto a prendermi profumavi più del solito" obiettai. "Abbiamo fatto allenamento stasera, fidati. E' per la tua incolumità" sorrise mettendo le mani in avanti per spostarmi. "Non finisce qui" lo indicai fulminandolo con gli occhi. "La Signorina Simpatia-Portami-Via è proprio in vena oggi" mi guardò dalla testa ai piedi "Perché? Il Signor Tre-Anni-E-Non-Sentirli no?" gli feci una smorfia. Il nostro battibecco durò per altri due minuti, dopodiché, dopo essere riuscita a estorcergli delle scuse che nemmeno mi doveva, lo spinsi in bagno con la forza bruta.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora