Chapter seventeen

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Il giorno successivo aggiornai Ginevra a proposito dell'incontro con Andrea al Bistrot e tutto ciò che mi era capitato con Filippo. "Ah!" esclamò sollevando un angolo della bocca ed un sopracciglio contemporaneamente. Lo sguardo provocante che mi aveva lanciato mi aveva fatta riflettere. "Non è come pensi. Non ho un secondo fine. Ormai mi conosci, dovresti sapere che è questo il mio modo di scherzare" le dissi io cercando di spiegare il comportamento che avevo assunto con il ragazzo dai profondi occhi castani. "Con me non hai mai flirtato!" esclamò facendomi notare il modo con cui mi approccio ai due differenti sessi. "Tu sei la mia migliore amica e per di più una ragazza. Spiegami perché dovrei flirtare con te!" ribattei mettendomi a ridere. "Con l'altro, invece?" mi domandò riproponendomi lo sguardo di poco prima "Parli di Andrea? E' diverso. Con lui lo facevo all'inizio" risposi riacquistando un po' di serietà. "Allora solo con Filippo è così, vedi? Ho ragione, io ho sempre ragione" obiettò sottolineando la penultima parola che proferì. "Giuro, la mia intenzione è quella di farmelo amico" dissi cercando di farla ragionare. "Sì, sì. Dicono tutte così. Secondo me la tua intenzione è quella di "fartelo" come amico" mi provocò e, a quelle parole, le diedi un leggero pugno sulla spalla, le feci una smorfia da offesa, poi, mi rimisi a ridere. "Non azzardarti!" esclamai aggrottando la fronte fingendo di essere arrabbiata. "Come on, sweetheart. I know you love me" mi disse abbracciandomi forte e sedendosi sul banco lasciando una gamba ancorata al pavimento e una a penzoloni. Sbuffai sorridendo e appoggiando la mia nuca sulla sua spalla destra. "Vedremo cosa succederà. Per ora non voglio storie con nessuno. Un'amicizia in più non guasterebbe e, poi, è davvero affascinante da quanto è simpatico" "Vedremo, come hai detto tu. Eh, affascinante non solo per la simpatia direi..." sospese la frase ed inserì le sue dita affusolate fra tre ciocche di capelli che ricadevano sulla sua maglia. "Più che altro dobbiamo iniziare a cercare qualcuno per te" affermai io ricomponendomi dalla posizione assunta. "Ne ho adocchiati alcuni, ma, finché non saranno come il mio prototipo ideale, niente da fare" "Abbassa le aspettative e la guardia e vedrai che l'amore vero, come dici tu ogni volta, arriverà. Quant'è che sei single? Dieci mesi? Dopo quel deficiente di Simone non c'è stato nessun altro, vero? Io ti avevo avvisata" dissi tutto d'un fiato e lei alzò entrambe le braccia in segno di resa. "Sventolo bandiera bianca. D'ora in poi comincerò ad ascoltarti di più" promise. "Sarebbe ora, cosa ne pensi?" le chiesi sarcasticamente sorridendole dolcemente. La campanella suonò e il cambio dell'ora fu soporifero, anzi, letale. L'ora successiva trattò di scienze: tettonica a zolle. L'unico anno in cui quella materia fece breccia nel mio cuore fu il quarto, ovvero quando ci dedicammo all'anatomia. In quanto a chimica inorganica, biologia e tutto il resto, potete considerarmi una capra.

La settimana volò in fretta fra lezioni esplicative e interrogazioni che non mi riguardavano. Come al solito, anche il sabato passò in fretta anche se dovetti chiudermi in camera per tutto il pomeriggio e gran parte della serata per studiare per il test pratico di fisica che era stato programmato per il mercoledì successivo. Andai in cucina a prepararmi una tazza di tè verde caldo, poi tornai nella mia stanza per dedicarmi alla lettura di quel libro che non ero ancora riuscita a terminare. Sentii le parole del conduttore del gioco televisivo che i miei genitori stavano guardando. Pochi anni prima li consideravo istruttivi, data la quantità di curiosità che era in grado di fornire, poi, come ogni cosa, erano caduti nel banale e mi ero rifiutata di seguirli. Mi sdraiai prona come ero solita fare, poggiai sul copriletto la tazza che si dimostrò abbastanza stabile e con una mano recuperai il romanzo e il cellulare. Sorseggiai la bevanda calda e con un dito digitai il codice che bloccava quella scatoletta che, in pratica, conteneva la mia vita. "Filippo, un nuovo messaggio. Ore 21:12" lessi mentalmente e ne rimasi piacevolmente sorpresa. "Pronta al grande evento di domani?" "Come potrei non esserlo? ;)" "Bene, che posto hai prenotato?" "Mistero. Cercami" "Non mi semplifichi mai la vita, eh?" "Mai" "D'ora in poi ti chiamerò "Signorina Simpatia-Portami-Via" :)" "E io "Signor Tre-Anni-E-Non-Sentirli" :) Posso farti una torta per il compleanno con su scritta questa dedica? Ti prego" "Tregua" "Accordata, Signore" "Ora devo tornare a studiare" "Quindi con questo escamotage mi molli su due piedi? Ingrato" "Non osare, ragazzina" "Ragazzina? Ritienimi offesa. Domani vedrai qualcun altro al palazzetto, non me" "Ehi, "Signorina Suscettibilità-Portami-Via", per il tuo compleanno sarò io a dedicarti la torta con questa intestazione. Già me la immagino" "Sei diventato il "Signor Simpatia-Portami-Via" tutto a un tratto?" "Smettila, Mietta, altrimenti stanotte vengo a casa tua a rapirti" "Uh, il lupo cattivo, che paura" "Il lupo cattivo per oggi ti risparmia, deve andare a studiare per il test di anatomia di martedì" "Bene, ma solo perché ne ho le prove" "Perdonato? :)" "Chissà, vedrai domani" "'Notte Mietta :)" "Buonanotte "Signor Tre-Anni-E-Non-Sentirli" :)"

Quel soprannome mi irritava, ma detto da lui, o, meglio, scritto da lui suonava diversamente nei miei pensieri. La conversazione era stata strana, noi non ci conoscevamo per niente o quasi, non era normale un comportamento del genere fra sconosciuti. Rimasi stranita nel rileggere i messaggi: una, due, tre volte. Non riuscivo a dare una risposta a ciò che poco prima era successo, ma, dentro di me, la cosa non mi turbava più di tanto, anzi, era elettrizzante. Mi sarei perfino potuta abituare a delle conversazioni del genere fra me e lui. Finalmente stavo frequentando qualcuno che era sulla mia stessa lunghezza d'onda; qualcuno che capiva quando uno scherzo era tale senza spiegazioni da parte mia; qualcuno che, fino a quel momento, non avevo incontrato prima, né a livello fisico, né, soprattutto, a livello mentale. Anche quella volta i miei pensieri presero il sopravvento e non riuscii a concentrarmi sulla lettura che rimase incompleta per molte altre settimane ancora. Finii il tè che, ormai, si era raffreddato e mi avvicinai alla finestra per vedere se le luci dei lampioni permettessero a quella di qualche stella di prevalere su di loro. La stella polare si trovava sempre nella stessa posizione, stessa magica brillantezza. Mi sedetti sul cornicione interno della finestra per qualche minuto per scrutare l'immenso manto scuro che da sempre mi aveva affascinata. La luna era ancora un sottile spicchio lattiginoso che sembrava aprire una fessura per l'infinito, quasi come fosse un taglio su una tela, oppure il buco di una serratura. Riportai la tazza in cucina e la sciacquai riponendola sul lavello ad asciugare. Guardai in direzione del salotto e vidi mamma appisolata sulla spalla di papà. Istintivamente gli angoli della mia bocca si alzarono a formare un ampio sorriso che mi portai a letto insieme all'eccitazione per il giorno successivo.

Mille volte ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora