Ricordo che vissi il giorno seguente considerandolo come denso di avvenimenti. Ora, nel cercare di elencarli, comprendo che lo stato emotivo è determinante nel classificare le giornate vissute.
Arrivai poco dopo pranzo, e Ale mi disse subito che sarebbe rimasto, dato che l'equipe medica dei due reparti aveva predisposto il trasferimento di Lucas dalla rianimazione alla chirurgia pediatrica.
Io ebbi una reazione contrastante.
Da un lato mi dava sollievo vedere il mio bambino allontanarsi da un reparto agghiacciante, di certo non a misura di bambino e popolato da pazienti la cui aspettativa di vita era poco favorevole; dall'altro temevo che Lucas non sarebbe stato seguito così a stretto giro in chirurgia e che questo avrebbe messo a dura prova la sua soglia del dolore.
Rimasi accanto a Lucas nell'attesa del trasferimento, perché in reparto poteva restare un solo parente per letto. Ale ne approfittò per cercare di buttare giù qualche boccone in condizioni più agevoli nella sala d'attesa.
- Soffre molto meno - mi disse, prima di uscire dal reparto. - Ma il sondino naso gastrico gli dà proprio fastidio. -
Lucas era più vigile rispetto a quando lo avevo lasciato il pomeriggio precedente, ma ancora non parlava, o parlava davvero poco e solo se stimolato. Cateteri e flebo si diramavano dal suo corpo come radici. Il sondino che gli usciva dal naso gli conferiva un aspetto osceno: sembrava gli stesse prelevando la vita direttamente dallo stomaco.
Mi sedetti sulla poltrona accanto al suo letto, in attesa di dire addio a quel reparto. Osservai la mia bestiolina avvolta da cuscini e lenzuola. Non sembrava il mio Lucas.
Il mio Lucas era un fascio di nervi, una creatura elettrica che saltellava invece di camminare, sbraitava anziché raccontare, generava universi anziché giocare. Tutte le sue azioni erano spropositate, sguaiate, megalomani.
Lucas era esplosivo, difficile da gestire, un turbine di esigenze, un'esplosione di reazioni emotive, un vulcano in costante subbuglio. Lucas non stava seduto, né fermo, per più di qualche minuto e mi ero preoccupata, nei mesi precedenti, all'idea di doverlo portare a scuola, chiuso tra 4 mura, prigioniero di un banco e una sedia.
E invece in quei giorni mio figlio era prigioniero del suo intestino contorto, dispettoso e incapace di stare fermo esattamente quanto il corpo che lo conteneva.
Ma mio figlio era vivo. E sarebbe tornato ad arrampicarsi sui muri come Spiderman. E a scoreggiare come Homer Simpson, dannazione.Poco dopo gli operatori sanitari predisposero il letto di Lucas per fargli i raggi. Fu un'operazione dolorosa per lui: dovettero sollevarlo e manipolare il suo corpo, ora solcato da ombelico a pube da una nuova cicatrice fresca di cucito.
Il risultato fu comunque soddisfacente, e da lì a qualche minuto portarono il letto sul quale avrebbero trasportato mio figlio al nuovo reparto. Fu un altro supplizio per il bambino, nonché un'impresa faticosa per gli addetti ospedalieri, che facevano di tutto per non arrecare fastidi al piccolo paziente. Tutti si prodigarono per rendere l'operazione il più breve e indolore possibile. Apprezzai di cuore, senza essere in grado di esprimere a parole la mia gratitudine.
In corridoio trovammo Ale, con la sua sportina di cibo non del tutto consumato, e insieme portammo Lucas nella sua nuova stanza.
-Com'è andata? - volle sapere Ale.
-Sono stati bravi - risposi, perché era vero. Non avrebbero potuto fare di meglio.
In chirurgia Lucas era in una stanza singola, con a disposizione una piccola tv. Era una cameretta carina, confortevole e colorata, nata per accogliere bambini e per restituirli alla vita senza lasciare loro troppi brutti ricordi.
Ci lasciarono con nostro figlio, e lo guardai con occhi nuovi:
forse era il contesto diverso, la presenza di una di finestra da cui i raggi del sole potevano allungarsi in cerca del corpo del mio bambino, la consapevolezza di poter liberare la vescica senza uscire dal reparto, l'assenza di prognosi nefaste ad aleggiare sugli altri occupanti della camera... forse era il semplice fatto di non avere più un figlio in rianimazione, forse era tutto questo o forse ero solo io che ritrovavo fiducia, fatto sta che Lucas mi parve più vivo, più concreto, più forte. È terribile da dire, mi probabilmente mi parve semplicemente più lontano dall'essere corteggiato dalla Signora con la Falce.
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La sindrome dell'eroe
Romance🏆🏆VINCITRICE WATTYS2023🏆🏆 🥇🥇 PREMIO SPECIALE WEBTOON STUDIOS🥇🥇 Avete fame? O più... voglia di qualcosa di buono? Oggi lo chef vi propone una ricetta sfiziosa, adatta a palati romantici che non disdegnano un po' di sapore speziato, piccante m...