(Marco)Toccare il fondo. Poi grattarlo.

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Christian mi aveva mentito, perché evidentemente io non avevo il talento di Jennyfer nell'annusare le palle del mio amico.

Salii con Christian in macchina senza nemmeno sapere dove mi avrebbe portato, e Jennyfer si fece trovare già al tavolo del locale.

- Siediti, ascolta e poi sbronzati. In quest'ordine - mi disse, e giuro che se avessi avuto un crocefisso con me lo avrei tirato fuori per impugnarlo e difendermi dal suo sguardo assassino. Inutile dire che obbedii senza proferire parola.

- Tu, Marco, non hai ancora capito un bel cazzo di niente - nel dirlo, mi allungò uno shottino che buttai giù senza fare domande. - Dirle quello che avresti dovuto dirle prima di partire e fare quello che avresti dovuto fare prima di lasciarla, non è sufficiente. Le cose sono cambiate, Maia è cambiata, e tu hai avuto il tuo ruolo in tutto questo. Non è necessariamente il ruolo del cattivo, ma forse è il ruolo del coglione. - Mi allungò il secondo shottino. Buttai giù anche quello. - Tu te ne sei andato, e lei ha avuto nuovamente la conferma di non aver bisogno di uno stronzo col cazzo nelle mutande per tirare avanti e realizzarsi. Quindi, Marco, adesso c'è qualcuno che ha l'ego più gonfio del tuo. Anzi, sono in due, perché anche quella merda del suo ex è ben felice di saperti a rigirarti tra le lenzuola in perfetta solitudine. - Terzo shottino. Nessuna domanda. Mi bruciava lo stomaco. Non abbastanza. - Adesso tu prenderai la colossale sbronza che avresti dovuto prenderti anche prima, ti sentirai la merda che è giusto che tu ti senta, ti dispererai come si deve e ti ridurrai come il povero stronzo quale sei stato. Perché non stai ancora abbastanza male, Marco. Non stai abbastanza male da riuscire a farti perdonare da lei, e adesso io, che voglio a lei molto più bene di quanto ne vorrò mai a te, ti aiuterò rotolarti nella merda che le hai lanciato addosso prima di partire per Rochester. E forse, se lei sentirà quello stesso odore di merda addosso a te, ti perdonerà. Ma tu la devi smettere di cercare di stare a galla. Puoi mantenere il tuo solito livello di eccellenza solo sul lavoro. Prima e dopo no. Quindi niente straordinari inutili a riempire il vuoto della tua esistenza. Tu esci dall'ospedale, vai a casa, bevi, guardi Barbara D'Urso in Tv e piangi per Maia. E inizi a far schifo già da stasera, Marco. Perché hai tre giorni per toccare il fondo che stai evitando di toccare. Venerdì sera vieni allo spettacolo programmato in centro, resti alla cena di gala che seguirà e gratterai quel cazzo di fondo davanti a Maia. Sono solo quattro giorni di profonda sofferenza, niente che in fondo tu non abbia causato ad altri in misura decisamente superiore, se non erro. -

Quarto shottino. Un po' mi girava la testa. Ero ancora troppo lontano dalla sbronza per non intendere perfettamente ogni parola di Jennyfer.

- Perché lo fai? - le chiesi, perché in fondo, ero davvero un coglione.

- Perché ti sei innamorato di lei per la donna che è, e non per la donna che credevi che fosse, o per quella che ti aspettavi fosse o perché è figa da svenire. Ma smettila di considerarla come un trofeo. Hai fatto un lavoro fin troppo eccellente nello stimolare la sua autostima, e lo hai fatto lasciandola. Ora trova il modo di accrescere la sua autostima cercando di riprendertela. E continua ad amarla come hai fatto fino a qualche giorno prima di partire, altrimenti tornerò a darti istruzioni sul come è giusto che tu soffra. -

Quinto shottino, e finalmente mi si stava annebbiando un po' il cervello.

- Non funzionerà - sentenziai.

- Oh sì, invece. Ma presentati sobrio alla cena, altrimenti ti spacco la faccia. -

Sesto shottino. Jennyfer si alzò.

- Christian starà con te, perché lui saprà farti star male, ma io rischio di ucciderti. Fermati quando te lo dice lui, perché domani hai vite da salvare. Questo è il piano. Io lo farò funzionare, tu devi solo stare di merda. Non è difficile. Ti aiutiamo noi, stronzo. -

Se ne andò.

- Te l'avevo detto che è peggio di John Wick - mi disse Christian.

- Non voglio farla incazzare mai più, giuro. -

Lui rise.

- E pensa che ti vuole bene. Certo, non quanto ne vuole a Maia. Ma ti vuole bene. -

Buttai giù un altro shottino e smisi di contarli.

- Sì, beh, nessuno può distruggerti meglio di qualcuno che ti vuole bene. -

Non ricordo molto altro di quello che accade nelle ore successive. Ma la mattina Christian era ancora a casa mia, mi ficcò in mano due pasticche di aspirina e mi accompagnò al lavoro.

Avevo un mal di testa spaventoso, ma ero in grado di lavorare.

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora