(Maia) Miscele, miscugli, scopate.

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Marco si arrotolò le maniche della camicia fin sopra il gomito. Adoravo quando lo faceva. Se n'era accorto? O lo faceva in modo naturale? Non aveva importanza, per me erano in assoluto le braccia più sexy del locale. Della città. Del pianeta, forse.

In effetti faceva caldo in quel discopub o come cavolo avrei dovuto catalogarlo, e mentre lui si era potuto liberare della giacca e scoprire le braccia, io, che tra l'altro avevo bevuto più di lui, rischiavo di prendere fuoco sotto quell'abito di maglina. Alzai le maniche e mi sventolai con un tovagliolo usato.

Jennyfer sembrava meno insofferente, ma il colorito delle guance tradiva un certo disagio.

- C'è un clima tropicale qua dentro - mi lamentai, raccogliendomi i capelli con le mani e scoprendo il collo.

- Andiamo in bagno a toglierci qualche strato - propose J, e la guardai come se le fossero cresciute due corna sulla fronte. Anche i ragazzi aggrottarono le sopracciglia. - Che c'é? Se potessi strapparmi le collant in questo istante lo farei. E se non erro anche tu hai avuto la mia stessa pessima idea di indossare una canotta sotto l'abito. -

Senza collant gli stivali sarebbero risultati meno comodi, ma erano morbidi e avrei potuto sopportarlo. L'abito mi avrebbe pizzicato la pelle senza un sottile strato di cotone a difenderla? Decisi che vista la temperatura valeva la pena scoprirlo.

- Se volete andiamo a prendere una boccata d'aria fuori - disse Christian, divertito.

Guardai lui, poi J.

Al diavolo.

- Andiamo a toglierci di dosso il superfluo - conclusi alzandomi e afferrando la borsa. Gli abiti di troppo andavano pur messi da qualche parte.

Christian e Marco ci guardarono allontanarci scuotendo la testa, più divertiti che dubbiosi.

Come in ogni locale che si rispetti, la coda della toilette delle donne era interminabile. Sbuffai.

- Maia... -

Jennyfer stava guardando il cellulare, sembrava preoccupata.

- Che succede? -domandai. Lei alzò lo sguardo allungandomi il cellulare. Quando lo presi lei si portò le mani sulla bocca. Iniziai a preoccuparmi seriamente anche io.

Sul dispaly vidi la bacheca personale di facebook di Jennyfer. Impiegai qualche secondo prima di registrare l'anomalia: J era stata taggata in un post, probabilmente di una follower dato che il nome della ragazza e la sua foto profilo non mi erano famigliari. Il post era di fatto uno screenshot e, sebbene il volto della foto fosse oscurato, riconobbi il corpo sinuoso della mia amica con indosso solo un completo intimo. Riconobbi anche quest'ultimo: gliel'avevo visto indosso in un paio di occasioni speciali. Un Victoria's Secret difficile da dimenticare. Soprattutto su un corpo come quello di Jennyfer.

Inghiottii un paio di volte scorrendo i i commenti, ormai numerosi. Difficile capire se la fazione di coloro che avevano riconosciuto la mia amica fosse più o meno numerosa di coloro che rinnegavano quella possibilità. Di certo tutti erano piuttosto accaniti e determinati a far valere la propria opinione. Presi dalla borsetta il mio cellulare.

Anche io ero stata taggata, più volte, sia nei commenti che nel post stesso.

Non dissi nulla, avevo il cervello che viaggiava troppo velocemente per dar voce ai miei pensieri accavallati. Per prima cosa scrissi alle altre ragazze della crew, raccomandandomi di non commentare né condividere il post.

Poi presi un respiro profondo e misi entrambi i cellulari nella borsetta.

Alzai lo sguardo su J e vidi il panico dilagare nel suo.

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora