(Maia)Non sono affatto sostituibile - Parte 1

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Mi svegliai lentamente, prendendomi tutto il tempo di cui avevo bisogno e forse anche qualche minuto in più, perché il tocco di quelle mani tra i miei capelli era quanto di più rilassante avessi conosciuto da quando avevo messo al mondo Mattia.

Avessi potuto ritagliare quel momento, piegarlo con cura e metterlo da parte in un cassetto per i giorni futuri, lo avrei fatto. Avrei voluto poterlo tirare fuori nei giorni grigi, quelli in cui la vita sembra impegnata e concentrata nell'unico compito di far crollare ogni certezza e stropicciare ogni speranza.

Per questo attesi il più a lungo possibile prima di interrompere quell'attimo che avrebbe meritato di sopravvivere allo scorrere del tempo.

Ma il mio corpo si ribellò alla prolungata immobilità e divenne indispensabile distendere il collo.

Sospirai pigramente, allontanando la testa dal petto di Marco e offrendo sollievo a tutto ciò che si era indolenzito.

Non sentii più il tocco tra i capelli, e me ne dispiacqui.

- Riposata? - mi chiese.

Io invece avevo ben altre curiosità. Avevo il segno della sua maglietta sulla guancia? Mi si era seccata la saliva ai lati della bocca? Avevo respirato troppo rumorosamente? La mia faccia assomigliava al muso di un bulldog inglese o ricordava di più l'aspetto stropicciato che assumono i fazzoletti di stoffa dopo un pomeriggio trascorso nelle tasche dei pantaloni dei miei figli?

- Sì - risposi, semplicemente, desiderosa di ricambiare il suo tocco ormai interrotto e affondare, finalmente, le mie mani tra i suoi capelli.

- Sembri pensierosa. -

- Sto pensando, in effetti. -

- A cosa stai pensando? -

Mi presi un secondo per dare forma ai miei pensieri.

- A quanto sia opportuno, adesso, assecondare un paio di bisogni che mi tormentano. -

- Credo sia sempre opportuno porre fine ai propri tormenti. -

Ricordo che lo disse in tono serio, come se parlasse anche a sé stesso. Cosa probabilmente nient'affatto distante dalla realtà.

- Mi dica, dottore, lei è solito porre fine ai suoi tormenti indipendentemente dai rischi che ciò comporta? -

Mi sorrise, e quando sentii di nuovo la sua mano tra i capelli ebbi l'assoluta certezza che non sarei potuta uscire da quella casa senza scoprire che sapore aveva la sua bocca.

- Sono solito soppesare attentamente ogni rischio. Ma non sempre agisco di conseguenza. -

- E com'è andata nelle occasioni in cui ha agito senza riguardo per i rischi? -

- In ogni singola occasione in cui è accaduto fuori da una sala operatoria, la controparte è finita versando un quantità variabile di lacrime. -

Una frase che aveva tutto il sapore dell'avvertimento, e che decisi di ignorare completamente nell'istante in cui Marco passò dall'accarezzarmi i capelli all'accarezzarmi il viso.

- Lo sa, dottore, lei mi sta rendendo piuttosto complesso il compito di rispettare le sue prescrizioni. -

- Me ne rendo conto. -

- E non ritiene di dover fare qualcosa al riguardo? -

- In effetti, sì. Dovrei proprio. -

Attesi. Attesi che la sua mano si allontanasse dal mio viso. Attesi che smettesse di guardarmi come se volesse divorarmi. Attesi che decidesse di congedarmi educatamente ribadendo il concetto in base al quale ogni suo svago doveva essere inderogabilmente passeggero. Attesi che fosse lui a prendere la decisione di darci un taglio, perché io non avevo né l'intenzione né la volontà di stroncare sul nascere qualcosa che a mio avviso meritava più di quello che gli avevamo concesso fino a quel momento.

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora