(Maia) Prova con le donne

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Jennyfer non era mai stata una donna indifesa. Aveva avuto qualche battuta d'arresto, alla vigilia della separazione con Ricky, ma tutte di breve durata e non particolarmente profonde.

Con la gravidanza passò dal "non indifesa" a "pericolosa e potenzialmente nociva".

Ho letto su internet tutta una polemica sul fatto che "donna con le palle" debba essere considerata un'espressione sessista e offensiva. Forse è vero. Ma facciamo finta di no. Ecco. Io due palle grosse come quelle che aveva metaforicamente messo su Jennyfer non le ho viste mai nemmeno negli anni successivi.

Lei non si è offesa quando gliel'ho detto, dopo il parto. Ha mantenuto una certa ferocia anche durante l'allattamento, ma poi ha recuperato le sembianze quasi umane degli abitanti del pianeta Terra più evoluti.

Fatto sta che in quel periodo, quello in cui io e Marco orbitavamo nello stesso continente senza scopare come ricci ma evitandoci come due poli magnetici negativi, J non era in grado di tollerare la mia intenzione di tenere le gambe chiuse.

« Dovresti uscire con quel produttore... come si chiama... quello che ci ha fatto firmare il contratto con Mediaset! »

Sospirai, leggendo la scaletta della prima puntata del talent che avremmo iniziato a condurre da lì a trenta giorni.

« Troppo giovane » tagliai corto.

« Ha la tua età, cretina. »

« Sì, appunto. Voglio un uomo che mi faccia sentire più giovane di quel che sono. Quindi deve essere più grande di me.»

Non alzai lo sguardo dal programma dello show per evitare di incontrare quello di J.

« Allora spiegami per quale dannato motivo non sei uscita con il socio di Falchi. »

Soffocai una risatina. « Perchè quello era troppo vecchio. C'è un limite, J. »

Lei mi strappò i fogli dalle mani e non potei più evitare i suoi occhi da Medusa.

« Troppo vecchio un cazzo, ha undici anni più di te! »

« E sono troppi. »

« Ma tu ti sei bevuta proprio il cervello. Ha l'età di Marco! »

Inspirai molto lentamente.

« Sì, beh, Marco non li dimostra. Lui sì. »

Si alzò dal tavolo indispettita, aprendo il frigo e tirandone fuori una lattina di Coca Cola.

« Come vanno le nausee? » le chiesi, un po' preoccupata.

« Meglio, ma le bollicine mi aiutano. Anche Christan si è convertito a questa roba analcolica. O almeno finge di averlo fatto quando è in casa. »

Le sorrisi e le accarezzai il pancino. Era bellissimo, perfettamente tondo, come era accaduto con Bianca. Le mie gravidanze, invece, mi avevano regalato una pancia a siluro davvero poco armonico. J era bellissima. E d'altra parte anche gli oleandri sono fiori meravigliosi, ma pericolosi.

« Che combina Christian in questi giorni? Non è mai in casa » le chiesi, con il tono più disinteressato possibile.

« Vuoi sapere se è con Marco? »

« No. »

« Bugiarda. »

Sbuffai. « Smettila, dico solo che è un po' che non lo vedo... »

« Marco o Christian? »

« La smetti? Non voglio vedere Marco. »

« Ma vuoi sapere cosa fa e con chi. »

Le presi la lattina dalle mani e me la scolai, desiderando si trasformasse in una birra. Non fui esaudita.

« Non te l'ho affatto chiesto. »

« Comunque sì, Christian è spesso con Marco. E no, non si scopa nessuno. E infine sì, si sta ancora struggendo per te. »

Avvertii l'immediato bisogno di una dose massiccia di alcol. Ma ero nella casa sbagliata e con la donna sbagliata.

« Non si strugge. Sta solo aspettando l'occasione di affondare l'uccello in una vagina nuova. E quando lo farà non lo dirà né a te né a Christian. »

Jennyfer si sporse verso di me, spostando la lattina vuota.

« Sei tu, quella che dovrebbe trovare un uccello da affondare tra le cosce, Maia. E poi dovresti dimenticarti del corpo attaccato all'arnese di carne, tornare da Marco, e scoparci fino al giorno del decesso di uno di voi due, cazzo! »

Discorso già affrontato.

« Ne abbiamo già parlato e no, non è mia intenzione pareggiare i conti in modo così immaturo, Jennyfer. Non servirebbe a niente, non cambierebbe il modo in cui mi ha lasciata e il modo in cui ha affrontato la nostra lontananza in quei sei mesi. »

Vidi la mia amica spazientirsi, come era accaduto in tutte le precedenti occasioni in cui avevamo intavolato quell'argomento che proprio non ci consentiva di mantenere la nostra consueta sintonia.

« Ok, allora trovati un uccello da affondare tra le cosce, dimenticati del corpo attaccato all'arnese di carne e poi non tornare da Marco ma cercatene un altro, e poi un altro e poi un altro finché inciampi in quello giusto. »

« No. »

Sbuffò. « Come sei noiosa. »

La baciai sulla guancia. « Gli unici uccelli che sono disposta a vedere girare per casa mia sono quelli dei miei figli. E ogni tanto mi pacerebbe avessero una vagina anche loro, te lo assicuro. Non ne posso più dei dannati Pokémon. »

Vidi Jennyfer illuminarsi. « Giusto. Basta uomini. Prova con le donne! »

Senza speranza

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora