(Maia) Un elegante antagonismo

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Ricordo che ero felice, quella sera. Mi sentivo particolarmente attraente, sorridevo senza sforzo, trovavo sempre conforto nel calore delle mani di Marco e anche lo sguardo di Jennyfer era luminoso. Per la prima mezz'ora pensai che la serata sarebbe proseguita in quella perfetta sintonia, e che sarebbe finita a letto con Marco.

Poi andò tutto a puttane, e lo sfascio iniziò quando J mi diede una gomitata per attirare la mia attenzione.

La guardai in cerca di risposte e lei si limitò a indicarmi l'entrata del locale con il mento.

Il mio ex marito aveva appena fatto la sua gloriosa entrata, accompagnato da Ricky e da altri amici che, in quel momento, per me erano poco più di qualche ombra sfocata sullo sfondo della nostra esistenza.

- Ma dove diavolo sono i nostri figli? - chiesi a Jennyfer, senza guardarla.

Con la coda dell'occhio colsi la testa di Marco voltarsi in direzione di Ale. Non dubitai nemmeno per un secondo che avrebbe riconosciuto il mio ex marito all'istante.

- Non lo so proprio.-

Mi presi qualche secondo per valutare il da farsi.

Evitare di incrociare Ale e Ricky era fuori discussione: il locale era spazioso ma le occasioni per vedersi non sarebbero mancate. Tra l'altro, io non avevo nulla da nascondere e, vista l'evoluzione degli ultimi giorni, nemmeno Jennyfer. Quei due, invece, quella sera avrebbero dovuto tenere i bambini. Chi si stava occupando di loro? E perché non eravamo state informate del cambio di programma?

Mi voltai verso Marco.

- Ti dispiace se vado a parlare con Ale? Vorrei sapere dove sono Mattia e Lucas. -

Marco non mi parve turbato. Nemmeno scocciato. Mi tranquillizzai.

- Tranquilla. Vuoi che ti accompagni? -

Era una proposta inaspettata, ma decisi di declinare. Era un confronto durante il quale preferivo essere accompagnata da J che, tra l'altro, era motivata dai miei stessi dubbi.

Raggiungemmo i ragazzi quando avevano appena scelto il loro tavolo, ma non si erano ancora accomodati. Fortunatamente, erano abbastanza distanti da quello in cui ci eravamo sedute con Christian e Marco.

- Ehi - richiamai l'attenzione di Ale, sfiorandogli un braccio. Colsi nella sua espressione autentica sorpresa, nel vedermi. Sapevo che a un paio di passi da me si stava svolgendo una scena molto simile tra J e Ricky.

- Maia, ciao. Che ci fai qui? -

Che ci faccio IO qui?

- La domanda corretta è: che fai tu qui, Ale? Dove sono Lucas e Mattia? -

Si strinse nelle spalle, estremamente tranquillo e a suo agio.

- Da mia sorella, le ho chiesto un favore. Abbiamo deciso di uscire all'ultimo, è il compleanno di Frank. -

- Perché non me l'hai detto? -

- Ho suonato da te, ma eri già uscita. Ho immaginato fossi fuori con Jennyfer, dato che anche Ricky non l'ha trovata e ha portato Bianca dalla nonna. È forse un problema? -

Lo è?

Chiaramente non era un problema. I bambini erano più che al sicuro. Sospirai.

- No, anzi, con le zie sono in ottime mani. Ti lascio alla tua serata... -

- Siete solo tu e Jennyfer? Possiamo aggiungere due posti. -

Senza alcun motivo, provai un certo imbarazzo.

- Non siamo sole, no. Ma grazie dell'invito Ale. -

Vidi la sua bocca piegarsi in una minuscola smorfia. Un lampo, ma che non mi sfuggì. Si voltò a dare un'occhiata ai compagni di tavolo, ormai accomodati, poi mi invitò a seguirlo un po' più in disparte. Lo assecondai.

- Posso sapere se conosco il tizio con cui esci? -

Cominciai a innervosirmi.

- Non ti sei mai preoccupato di farmi conoscere le tizie con cui sei uscito tu in questi due anni, mi pare.

- Puoi rispondere con un "sì", con un "no" o con un "fatti i cazzi tuoi"?

Sospirai. Non volevo guastarmi la serata per una discussione inutile con il mio ex marito. Cercai di rispondere nella maniera più diplomatica possibile.

- Sai chi è, ma non lo conosci. Ed è seduto a pochi metri da qui, insieme a un amico. Siamo in quattro. -

Ale fece vagare lo sguardo nella sala, ma non individuò il nostro tavolo dato che i suoi occhi non si soffermarono mai in un punto preciso prima di tornare a guardare me. Io, invece, non spostai mai gli occhi da lui.

- È il chirurgo che ha operato Lucas - dissi.

Ale parve spiazzato. Aggrottò la fronte e si grattò una tempia.

- Cristo, Maia. -

- Che c'è? -

Lo stavo provocando: non c'era proprio nulla di strano o di inappropriato nella mia rivelazione. E Ale lo sapeva bene quanto me.

Scosse appena la testa, rassegnato.

- Niente. Quindi è per lui che hai fatto tardi domenica scorsa? Ed è da lui che hai dormito l'altra notte? -

L'agenda umana!

- Sì, sempre da lui. Tu invece che fai tutte le domeniche? A parte prendere nota dei miei spostamenti, intendo. -

Vidi la mascella di Ale contrarsi furiosamente, ma il suo sguardo ora era fisso in un punto al di sopra della mia spalla. Non capii cosa avesse calamitato la sua attenzione finché la voce di Marco sgretolò i miei interrogativi.

- Tutto bene? -

Mi voltai sorpresa, e il suo braccio intorno al mio fianco mi diede la misura di quanto stava accadendo: Marco e Ale si scambiarono uno sguardo carico di antagonismo. Un antagonismo elegante, per quanto possibile. Beh, quei due lo resero possibile.

Con la sua consueta compostezza Ale sfoderò un sorriso formale ma non glaciale e allungò la mano verso Marco.

- Dottor Mancini, buonasera. -

Marco ricambiò sorriso e stretta di mano.

- Buonasera. Non volevo interrompervi, ma avevo perso di vista Maia. -

- È tutto ok -intervenni, rispondendo al mio chirurgo preferito. - Stavo tornando al tavolo. -

Mi voltai verso Ale. Fu improvvisamente meno semplice sostenere il suo sguardo.

- Buona serata, Ale.-

- Anche a voi. -

Tornammo al nostro tavolo senza parlare e quando mi fui accomodata buttai fuori l'aria come se fossi stata in apnea per troppo tempo. J era già al suo posto, di fronte a Christian.

- Non hai motivo di viverla con quell'ansia addosso - mi fece notare J.

- Non ho l'ansia! -

- Eri così rigida che avrei potuto usarti come mazza da baseball- mi provocò Marco.

- Mi sono irrigidita perché sei arrivato tu! -

- Perché? -

Già, perché?

Feci spallucce.

- Non lo so, è importante? -

- Francamente no -disse Christian, e gliene fui grata. - Vogliamo ordinare qualcosa da bere ora che sappiamo che tutti i pargoli hanno un tetto sulla testa?-

Ordinammo, e dopo il primo sorso di vino mi sentii decisamente meglio.

SPAZIO AUTRICE

Toh, i narcisisti maschi alfa si sono incontrati, ma non scontrati.
Manterranno le distanze?
Che dite?


La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora