Intenzioni chiare e inequivocabili

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- Cristo Santo, Maia! -

-Non imprecare davanti al bambino! - squittii affranta al mio ex marito.

-Papà ha detto una parolaccia? -

-Non è una parolaccia - rispose Ale.

Sbuffai. Il parcheggio era pieno e nella mezzora precedente non ero stata colpita da alcuna illuminazione in merito all'ubicazione della mia auto. Mi colpirono invece le frecciatine di Ale, come previsto.

-Voi due avviatevi alla tua auto, io cerco la mia e vi raggiungo direttamente a casa tua. -

Ale mi guardò come fossi un cucciolo che ha appena cagato sul tappeto. Quello sguardo era uno dei motivi per cui avevo abbandonato senza rimpianto il tetto coniugale.

Quando finalmente se ne andò per la sua strada insieme a Lucas, ritrovai la pace interiore. Ma per trovare la macchina mi occorsero altri 10 minuti buoni.

Passai a prendere Mattia da scuola e poi giunsi in quella che era stata anche casa mia per 9 anni.

Quando entrammo Lucas si appese al collo del fratello, facendoci sbiancare all'idea che tanto entusiasmo facesse saltare qualche punto della cicatrice che gli attraversava il pancino. Ma mio figlio era diventato una specie di Rambo, e pareva immune a qualunque fastidio.

Con un messaggio veloce avvertii delle dimissioni tutti coloro che mi vennero in mente. Promisi a J che l'indomani le avrei raccontato qualche dettaglio in più.

Ale, messo da parte il suo astio per la mia incuranza nei riguardi del parcheggio dell'auto, mi invitò a restare a cena. Accettai senza riserve: volevo stare con i miei bambini e vederli tornare a rotolarsi sul pavimento come serpenti colti da un attacco epilettico. Raccomandammo a entrambi di non fare la lotta e di porre attenzione alla cicatrice di Lucas. Non si staccarono l'uno dall'altro fino all'ora dei cartoni, dopo cena.

-È un record - commentò Ale. Non capii, e il mio sguardo allibito glielo comunicò.

-Si sono rivisti 4 ore fa e non hanno ancora litigato. - Gli concessi un sorriso benevolo.

-Domani torneranno a menarsi come dei ninja posseduti dal demonio -lo rassicurai.

-Certo che sì - ammise. - È così che fanno certe coppie. Battibeccano quotidianamente ma si vogliono bene. -

-Non ci provare - risposi. - I nostri non erano battibecchi, Ale. Erano discussioni a senso unico durante le quali tu mi rendevi partecipe del tuo disappunto in merito a qualcosa che avevo fatto nel modo sbagliato e io ti rendevo edotto del mio menefreghismo in merito a qualunque tuo giudizio sul mio operato. -

Abbassò lo sguardo sul bicchiere e si scolò l'ultimo goccio di Coca Cola rimasto sul fondo.

-Se mi avessi detto che ti faceva stare così male... -

-Non sarebbe cambiato niente. Lo fai anche adesso che ci siamo lasciati. Io ti dò sui nervi, cazzo! -

-Non è così. Mi manchi, io ero felice con te, Maia. -

-Oh per favore! Tu eri felice i primi anni, e lo ero anch'io. Poi siamo invecchiati e non ci siamo più sopportati. Capita, Ale. Ma non si può portare avanti un matrimonio su basi che non esistono più. Io non ho nessuna intenzione di modificare il mio modo di interpretare o fare le cose solo perchè non seguono alla perfezione il tuo fottuto schema mentale. Cazzo, ti infastidiva anche il modo in cui caricavo la lavastoviglie! -

Scosse la testa, contrariato ma non rassegnato.

-Ci siamo davvero separati solo perchè preferivo separare le tazze dai bicchieri? - chiese.

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora