(JENNYFER) Sgualdrina del mio cuore.

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Come se l'essermi fatta mettere incinta da un oncologo pediatrico egoista, maschilista e narcisista non fosse già di per sé una scelta discutibile quanto una nuotata in una vasca di squali, presi anche la decisione di affidare il frutto della metà del mio patrimonio genetico a quelle due teste di minchia della mia migliore amica e del chirurgo pediatrico che, oltre a essere egoista, maschilista e narcisista quanto il mio oncologo, era pure particolarmente scoglionato.

Ma Maia avrebbe tenuto in braccio, nel giorno del loro Battesimo, tutti i marmocchi passati presenti e futuri che fossero usciti dalla mia vagina, e su questo non si discuteva.

Infatti Christian non discusse, ma fu altrettanto inamovibile nella sua scelta di affidare la sua metà di patrimonio genetico a Marco, garantendo che sarebbe stata la prima e ultima volta perché "non commetterò due volte lo stesso errore". E queste sì, che sono motivazioni.

Ma Cristo raga, ma con che gente stavo scegliendo di invecchiare?

Comunque, ve la faccio breve.

Anzi no, ve la racconto per bene, che sono stata zitta fino ad ora.

Dunque, Maia arrivò quasi puntuale e notai con sollievo che mi aveva assecondata: era figa e non troppo scomoda. Mentre io già facevo i conti con una detestabile ritenzione idrica gravidica, lei godeva ancora di una condizione fisica impeccabile grazie al massacro cui ci eravamo sottoposte in tutti quei mesi di spettacoli e allenamenti.

La vidi scandagliare gli invitati con lo sguardo non appena mise piede in casa.

- Non è ancora arrivato - la rassicurai.

- C'è un sacco di gente, vedo, ma l'unica personcina che mi interessa oggi è qua dentro - rispose, accarezzandomi la pancia, ancora sostanzialmente piatta.

- Sì, come no, ci crediamo tutti. Senti un po', voi due scriteriati oggi dovete riuscire a parlarvi, ok? Chiudetevi in terrazza e ditevi quello che dovete dirvi. Non pretendo ne usciate avvinghiati, ma tu ne devi uscire meno inacidita. Gli altri, che io ho invitato solo ed esclusivamente per fare da sfondo al vostro incontro e per raccattare regali, li terrò alla larga io. E siccome ho speso parecchio per il rinfresco, vedi di non deludermi: se noto che eviti Marco io vi chiudo tutti e due in un armadio e non vi faccio uscire finché non ho partorito. Questo è quanto. Il piano è abbastanza cristallino? -

Vidi la bocca di Maia spalancarsi di più ad ogni mia frase, finché temetti che la mascella si sarebbe staccata dal resto del teschio. Sbatté gli occhi in fretta un paio di volte prima di rispondermi.

- Stai diventando più cinica di Christian. Ti proibisco di continuare a frequentarlo, ragazzina! -

Sorrisi e la abbracciai.

- Sono felice che tu sia venuta, sgualdrina del mio cuore! - la liberai dalla mia stretta. - Ora vai a bere qualcosa, tu che non sei incinta e puoi scolarti quello che ti pare! -

La vidi fermarsi a salutare Christian, le ragazze della crew e un paio colleghi dell'ospedale che, supposi, aveva conosciuto anche lei durante il ricovero di Lucas.

Guardai l'orologio, impaziente forse quanto Maia di vedere con che faccia da schiaffi fosse tornato Marco da Rochester.

Come tutte le dive che si rispettino, si presentò per ultimo, con una ventina di minuti di ritardo.

Fece il suo ingresso con Christian, che gli aveva aperto la porta.

Ed eccolo: sempre uguale. La sua permanenza negli States non aveva apportato modifiche sostanziali né ai suoi capelli biondi, né alla sua barba ordinata, né al suo portamento sicuro... sì, insomma, capii subito che a Maia si sarebbero bagnate le mutande con sconcertante facilità.

Scossi la testa, rassegnata alla capitolazione della mia amica ai piedi di quel chirurgo scassaminchia, che aveva guardato la moglie suicidarsi con la stessa frequenza con cui passano la pubblicità durante le trasmissioni della De Filippi, che aveva lasciato il figlio con la stessa noncuranza con cui abbandoni le cipolle in frigo, che aveva chiavato a destra e a manca con la stessa partecipazione emotiva della sottoscritta a una partita di poker, ma che si era prontamente indignato per la paura di Maia di fronte a una senza dubbio infondata ma comunque inaspettata minaccia di perdere l'affidamento dei figli.

Ebbene, se il Sultano della medicina chirurgica era ancora convinto che non esistesse donna in grado di metterlo al suo posto beh... avrebbe fatto bene a calare le braghe perché avevo un luogo sicuro in cui fargli infilare la sua convinzione per conservarla al riparo dalla luce del sole.

Andai incontro a Marco e a Christian, e non so di preciso quale espressione potessi essermi dipinta sulla faccia, ma parvero entrambi vagamente spaventati. Con giusta ragione, tra l'altro.

- J, sei splendente - mi salutò Marco. Non gli credetti nemmeno per un istante: avevo un pessimo colorito e le nausee, ne ero consapevole e col cavolo che ero splendente.

- Ciao Marco. Maia si sta aggirando per casa come un fantasma, indecisa su quale strategia preferire tra una fuga rocambolesca dalla terrazza e un attacco frontale che potrebbe causare solo scintille. Ora, voglio essere chiara, e non mi farò problemi ad abusare della mia condizione gravidica, né dell'incolumità fisica del padre del mio nuovo figlio, nel caso tu dovessi decidere che dovrei restare fuori da questa storia: sei salito su un aereo riempiendo la tua valigia di un rancore che non hai diritto di vestire, hai proseguito la tua permanenza a Rochester asserragliandoti dietro un mutismo immaturo che non avevi motivo di coltivare e, infine, stai mantenendo un atteggiamento recriminatorio e accusatorio totalmente privo di fondamento. Stai vestendo i panni di un uomo tradito o raggirato senza che sia accaduta né l'una né l'altra cosa. Bene, sono passati più di sei mesi, ora ritorna in te, vai di là, parla con Maia, e sappi che se la fai piangere di nuovo renderò la vita impossibile a Christian che di conseguenza la renderà impossibile a te, e tu sai quanto siamo bravi entrambi in questo genere di torture medievali. -

La mascella di Marco fece più o meno la stessa fine di quella di Maia, poco prima.

- Sono un po' spiazzato... - rispose, forse con una punta di ironia.

- Vai in terrazzo. Ti prego, dammi retta subito. Così la facciamo finita in fretta. -

Mi voltai. Trovai Maia, la presi per un braccio senza darle spiegazioni e la accompagnai in terrazza. Non appena si rese conto che Marco era già lì, si girò e mi guardò con rimprovero.

- Ora comportatevi da persone normali, Cristo! - raccomandai loro, prima di chiudere le porte a vetri e tirare le tende.

Feci quindi un grosso sospiro, e andai a festeggiare la mia gravidanza sperando che tra i regali si celasse un costosissimo olio contro le smagliature.

SPAZIO AUTRICE

C'è da chiedersi cosa farebbe Maia senza Jennyfer, vero?

Meno male che ha un'amica come lei, dura da schiacciare sassi, ma sincera e affidabile.

Meglio non farla incazzare, comunque.

E adesso vediamo come se la cavano, da soli, Maia e Marco. Avranno bisogno di una baby sitter?

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora