(Marco) Non farti pregare PT2

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Mi risvegliai quattro ore dopo, alle 8.30 di domenica mattina. E Maia era accanto ame. A letto. Addormentata. E con indosso un pigiama scozzese.

- Ma che cazz... Maia! -

Lei aprì gli occhi appesantiti.

- Che c'è? - mi chiese, forse un po' confusa.

- È domenica. Tu ti alleni la domenica mattina - le ricordai.

Si stiracchiò con calma prima di rispondermi.

- Ho scritto alle ragazze che oggi abbiamo una giornata libera dagli allenamenti. Ci occuperemo solo del lavoro d'ufficio, dei social e del marketing. Il tutto senza orari stabiliti. Ci facciamo il culo da venti giorni. Nessuna ha protestato. -

Le baciai una tempia. Io di certo non avrei protestato.

- Non giudicarmi -disse all'improvviso. Non avevo idea di cosa le fosse passato per la testa.

- Non ti giudico -mi limitai a rispondere. Maia si girò e mi parve preoccupata.

- Ero stanca, Marco. Mi sarei allenata di merda. Davvero. -

- Guarda che non ti devi giustificare con me. -

La preoccupazione non lasciò il suo sguardo corrucciato.

- È che... avevi ragione tu. Sei ore di sonno è proprio il minimo indispensabile per affrontare qualunque cosa. -

Le sorrisi, ma la ruga tra le sue sopracciglia non si distese.

- Non credo presenterò reclamo per la nottata insonne. Il servizio clienti è stato di altissimo livello - cercai di rassicurarla, ma non sapevo su cosa.

Maia liberò una lacrima. Mi presi un attimo per cercare di capire cosa diavolo mi fossi perso in quelle quattro ore, senza riuscirci.

Mi appoggiai su un gomito e le misi una mano sulla guancia.

- Maia, ma che succede? -

- Sono solo una ballerina, Marco. Non devo fare molto nella mia vita, a parte arrampicarmi su un palo, saettare con dei teli e fare qualche capriola su un palco... -

Mi impegnai per indovinare dove volesse arrivare. Ancora una volta, non ci riuscii.

- È arte Maia. È la tua arte, la tua strada, la tua passione. Ti viene benissimo, tra l'altro. -

Un piccolo singhiozzo soffocato le morì in gola.

- Ma tu come fai? -mi chiese.

Niente, non capivo.

- A far che? -

Si prese un paio di secondi per cercare di trovare le parole migliori per esprimere il suo pensiero.

- A essere sempre pronto. A non essere mai troppo stanco. A non scrivere a qualche genitore disperato alle quattro di notte che ehi... ho dormito troppo poco per salvare vostro figlio...-

Ah, il senso del dovere. L'altra faccia del senso di colpa. Cristo, ma quanti inutili fastidi aveva coltivato durante il matrimonio? E con quale sfrontato accanimento si ostinavano a sopravvivergli!

Cercai di non sorridere nel concludere che il suo ex marito era un ottimo fertilizzante per tutti quei fastidi.

- Mi è capitato di essere molto stanco, Maia. Ma in genere mi organizzo in base alla reperibilità. Tutto qui. -

Tutto qui un cazzo.

Mi resi conto con immediatezza di averle trasmesso un messaggio completamente distorto. Quindi proseguii molto prima che i circuiti celebrali di Maia mettessero in atto una serie di collegamenti che avrebbero portato a un suo probabile crollo emotivo.

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora