(Maia) Anziché il contrario

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Per quanto poco, avevo comunque dormito molto più di Marco.

Per questo motivo mi sentii una merda quando, poco dopo le nove del mattino, ricevette una chiamata dall'ospedale, dove si recò nonostante fosse ancora in ferie. Intuii di conseguenza l'urgenza inaspettata della richiesta, ma non vidi la tensione salire negli atteggiamenti di Marco.

Prima di andare via mi dedicò dieci minuti buoni per dirmi ciò che già sapevo, ma che sentito da lui acquisiva molta più autorevolezza: per Lucas poca acqua alla volta, cibo leggero, niente dolci. Se avesse ricominciato a vomitare con frequenza lo avrei dovuto portare immediatamente in ospedale, previo preavviso sul suo cellulare. Idem in caso di comparsa di dolori forti non accompagnati da scariche intestinali.

Mentre mi snocciolava queste raccomandazioni Lucas ancora dormiva e Marco si sciacquava la faccia con acqua gelata e si infilava dentro la biancheria e gli abiti comodi che si era portato da casa. Feci in tempo a preparargli un caffè che buttò giù senza zucchero e a ficcargli in mano un panino con la marmellata.

Quando fu pronto constatai, con un certo sgomento, che il suo aspetto sciupato gli conferiva un nuovo fascino; un po' come le rock star degli anni 80. Io non ebbi il coraggio di guardarmi allo specchio prima delle undici, quando mi decisi a mettere tutti nostri vestiti in lavatrice: l'odore acido del vomito di Lucas mi serrava lo stomaco. Quando Marco fosse tornato a prendere il suo borsone avrebbe trovato tutto pulito al suo interno.

Controvoglia, chiamai Ale per aggiornarlo e mi arresi all'idea che sarebbe passato per vedere Lucas. Gli dissi di portare Mattia: li avrei tenuti con me per quel giorno.

- Quando torna il papi? -

La vocina di Lucas era decisamente più squillante rispetto alla sera prima. Si era alzato quatto quatto, forse un po' disorientato vista l'assenza di suo fratello.

- Ehi, buongiorno. Papà e Mattia arrivano tra poco, ok? Come ti senti? -

Lucas entrò in bagno e si mise a fare pipì. Non mi rispose, non mi abbracciò, quasi mi ignorò. In realtà faceva così quasi ogni mattina: raramente cercava le coccole o era espansivo appena alzato. D'abitudine si faceva prendere in braccio da Ale per alzarsi dal letto. Se al risveglio suo papà non era presente, si alzava da solo. Il rapporto tra Lucas e suo padre era particolarmente profondo. Non mi feriva sapere di non essere il genitore alfa per lui: avevo accetttato quella condizione da un paio di anni.

Ovviamente dovetti ricordargli di lavarsi le mani, una volta sceso dal water. Si diresse a piccoli passi verso la cucina. Quando si sedette gli chiesi di nuovo come si sentiva.

- Bene. Ho fame. -

Sospirai. Dieta leggera. Sapevo che sarebbe stata dura convincerlo a rinunciare alla marmellata e alla cioccolata. Piagnucolò un po', ma meno del previsto, nell'accettare il fatto che avrebbe fatto colazione con tre fette biscottate senza nulla sopra. In realtà ne mangiò una e mezza, accompagnata da mezzo bicchiere d'acqua in piccoli sorsi.

Lavarlo fu più complesso: Lucas era davvero poco collaborativo, ma portai pazienza, consapevole che doveva sentirsi ancora piuttosto provato dalla sera prima.

Quando fu pronto si buttò sul divano: stava senza dubbio meglio, ma non ancora bene.

In via del tutto eccezionale, gli accesi un po' di tv nonostante fosse mattina: evento rarissimo e riservato esclusivamente ai momenti di malattia e convalescenza.

Io ebbi il tempo di lavarmi, vestirmi, e cambiare il lettino di Lucas.

Ale e Mattia arrivarono a cavallo del mezzogiorno e non appena suo fratello mise rumorosamente piede in casa, Lucas si ravvivò.

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora