(Maia) Sii figa, ma sii anche comoda

1.9K 122 47
                                    


Fissavo le ante spalancate dell'armadio nella speranza che fosse il vestito a scegliere me, anziché il contrario.

J era stata criptica come un romanzo di Dan Brown: sii figa ma sii anche comoda.

Mi sdraiai sul letto insoddisfatta.

Volevo essere felice per lei.

Volevo essere emozionata per lei.

Volevo essere concentrata esclusivamente sulla vita che le cresceva dentro, gioire per le ecografie che avrei preteso di vedere, piangere per il nome che avrei preteso di sapere in anticipo, bestemmiare per le bomboniere che avrei preteso di preparare.

Invece stavo bagnando il cuscino di lacrime ingrate: avrei rivisto Marco, e non riuscivo a concentrarmi su altro.

Che amica di merda. Sì, proprio un'amica di merda.

Mi rigirai sulla coperta decine di volte prima di cedere alla frustrazione e scrivere a J che, senza dubbio, era impegnata nella preparazione della festa.

Sono un'amica di merda.

Arriverò con il trucco

sfatto per il pianto.

E il broncio.

E sarò una pessima compagnia.

Forse mi ubriacherò e vomiterò sul tappeto

di Christian.

Sto a casa, è meglio.


J iniziò a digitare otto secondi dopo che le ebbi inviato la mia supplica.


Sii figa. Se non riesci

a essere comoda fa lo stesso.

Ma sii figa.

Questo è quanto.

Smettila subito, capito?

S

M

E

T

T

I

L

A

Ti aspetto.

Sbuffai. Ero agitata. Avevo paura di incrociare lo sguardo di Marco e vederci dentro lo stesso abisso di delusione e rabbia dell'ultima volta. Jennyfer mi aveva rassicurata: Christian aveva avvisato Marco che c'ero anche io ed eravamo entrambi preparati al fatto che ci saremmo rivisti. Ma come lo dovevo salutare? Anzi, lo dovevo salutare? Era il caso?

Beh, sì, era il caso.

Ma come?

Magari si sarebbe avvicinato lui, per primo.

Sì, come no. Ce lo vedevo proprio il Sovrano dell'impertinenza che mi veniva incontro.

Cercai in tutti i modi di figurarmi la scena di me che condividevo la stessa stanza con lui, in modo pacifico.

Magari potevo restare sul semplice.

Ciao, Marco. Bentornato.

Ma nella mia testa la sua risposta era più o meno sempre la stessa.

Bentornato un cazzo. Vaffanculo.

E sbuffai di nuovo. Forse avrei potuto rompere il ghiaccio prima di andare alla festa. Fare quello che non avevo fatto nei mesi precedenti. Potevo chiamarlo, o scrivergli.

Presi in mano il cellulare, pigiando sull'icona di whatsapp e poi sul nome di Marco.

Mi si aprì la schermata con i nostri ultimi scambi ormai vecchi di mesi.

Iniziai a piangere prima ancora di iniziare a rileggerli.

Ok, rompere il ghiaccio prima della festa non era una buona idea.

Guardai l'orologio e mi dichiarai ufficialmente in ritardo.

Poi guardai l'armadio e mi dichiarai ufficialmente sconfitta.

Ero più in paranoia di una quindicenne al primo appuntamento, e per una serata che non era nemmeno per me!

Mi alzai dal letto con l'intento di infilarmi dentro un paio di jeans e una camicetta, per fare esattamente il contrario di quanto aveva detto J: essere comoda, ma non figa.

Poi mi arrivò la notifica di whatsapp. Era J.

Mettiti il vestito verde bottiglia.

Non truccarti.

Lascia i capelli sciolti.

E smetti di piangere,

cretina: IO TI VEDO.

Le amiche non piangono mai da sole.

Obbedii: indossai il vestito verde bottiglia. Lasciai perdere il trucco. Pettinai i capelli. Smisi di piangere.


SPAZIO AUTRICE

Modalità paranoia ancora ON, ma sta per cambiare tutto.

Il prossimo capitolo prevede un POV inedito: quello di Jennyfer!

Vi va di entrare nella sua testa?

La sindrome dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora