I giorni successivi furono frenetici e stancanti: tutte le mattine ci trovavamo in palestra dove andavamo in cerca dell'assoluta perfezione in ogni presa, sia al palo che ai teli. Le linee dovevano essere perfette, la simmetria maniacale, l'esecuzione impeccabile. Sentivo i muscoli recuperare forme che non sentivo così gonfie e toniche da qualche anno. Lottammo tutte e cinque contro un'ondata di acido lattico per i primi tre giorni.
Ogni allenamento veniva ripreso con una telecamera e rivisto per valutare passo passo l'efficacia delle figure acrobatiche e la corretta esecuzione: cominciai seriamente a considerare l'idea di farci mandare da Falchi un supervisore, qualcuno che potesse correggerci in tempo reale durante l'esecuzione delle coreografie, ma J mi convinse che nessun occhio poteva essere critico quanto quello di coloro che quelle performance le avevano ideate. Quindi procedemmo con quel programma massacrante. Per consentire a me e a J di andare a ritirare i bambini da scuola iniziavamo gli allenamenti alle 5 del mattino.
In linea di massima io e Jennyfer pranzavamo a casa di sua madre insieme ai bambini, entusiasti della compagnia e della novità; poi, non senza capricci, suppliche e minacce, riportavo da me Mattia e Lucas dove, dopo un'ulteriore dose di capricci, suppliche e minacce, facevamo i compiti.
Di solito, a quel punto, ero già sfinita fisicamente ed emotivamente. Ale si era offerto di passare a prendere i bambini ogni giorno nel tardo pomeriggio, ma avevo rifiutato, convinta di poterli tenere e gestire fino all'ora di cena. Non avrei mai ammesso, con Ale, di aver così clamorosamente sbagliato le mie previsioni.
Nel giro di pochi giorni, comunque, io e J ci rendemmo conto che la cosa migliore era trovarsi nuovamente dopo i compiti: in tre i bambini erano meno impegnativi.
Quando tutto filava liscio io e Jennyfer sfruttavamo le ore pomeridiane per aggiornare i social e tutti i nostri canali digitali e non. Il regolamento della battle impediva, pena l'eliminazione dalla competizione, di divulgare qualsivoglia anticipazione in merito alle esibizioni, ma eravamo tutti autorizzati e anzi, incoraggiati, a raccogliere consensi e aumentare il pubblico in vista della finale con televoto.
Il contrappasso della vendita in ambito internazionale dei diritti televisivi nonché il coinvolgimento del pubblico portava infatti nuove criticità da considerare: noi eravamo la sola crew italiana e questo poteva garantirci una buona fetta di consensi in patria, ma d'altra parte avevamo a che fare anche con crew americane, russe e cinesi il cui pubblico era senza dubbio più numeroso.
Delegammo quindi la promozione del nostro lavoro in ambito internazionale a Lorella, Noemi e Miriam, le nostre ballerine più giovani e che meglio si orientavano fuori dagli italici confini. Accettarono la consulenza dello staff di Falchi per procedere nella maniera più efficace possibile, mentre io e J avevamo, di fatto, dato carta bianca a loro per il reclutamento di un pubblico internazionale. Il tempo era davvero poco ormai, ma quantomeno Russia, America e Cina contavano non meno di due crew ciascuna e questo contribuiva in parte a diluirei voti della concorrenza.
Il lavoro, già di per sé travolgente, a quel punto aumentò inaspettatamente e in maniera inarrestabile.
L'efficacia della promozione internazionale superò ogni rosea speranza, portando una quantità ingestibile di richieste di interviste, servizi fotografici e nuovi sponsor.
Non potendo ancora contare sul dono dell'ubiquità né su quello della duplicazione, fummo costrette ad accumulare tutte queste partecipazioni nei weekend, prediligendo quelli che potevano svolgersi a distanza, in rete o con delega a qualche partner italiano per lo svolgimento in sedi per noi raggiungibili.
Il mio inglese era appena sufficiente, quello di Jennyfer al limite della decenza, mentre quello delle nostre ragazze giovani era fluente: il risultato fu che risultammo tutte e cinque in un qualche modo simpatiche al pubblico americano e giapponese, insopportabili a quello inglese, molto apprezzabili a quello russo e quasi osannate da quello sudamericano.
Almeno, questo era quello che dicevano i sondaggi.
La battle divenne un evento mediatico, qualcosa di fastidiosamente vicino a un reality show.
- È marketing -mi rispose una volta Falchi, quando mi lamentai della mole assurda di lavoro che ci stava franando addosso a causa dell'eccessiva esposizione dello show e della crew. - Il mio staff sta già smistando il lavoro per voi, stiamo programmando le vostre agende in modo da lasciare spazio agli allenamenti senza cedere il passo alla vostra presenza nei media internazionali. -
E lo spazio per le nostre vite?
Ma non espressi quel dubbio a voce alta. D'altro canto non potei non constatare con amarezza quanto quello che stava accadendo stesse suffragando i dubbi che Ale mi aveva sollevato qualche settimana prima in merito alla gestione dei bambini e del nuovo lavoro.
Per mia fortuna avevo così poco tempo libero che evitavo attentamente di sprecarlo per quell'attività sopravvalutata che l'uomo ha battezzato con il verbo "pensare".
Ale, dovetti dargliene atto, non affondò il dito nella piaga: la notte i bambini dormivano da lui e ogni mattina li portava a scuola, cenavano da lui tutti i giorni tranne la domenica e li teneva anche il sabato pomeriggio. Io mi facevo il mazzo per ritirare i bambini da scuola e tenerli fino a ora di cena da lunedì a giovedì. Il venerdì dormivano da me e restavano fino al pranzo del sabato. Tornavano da me la domenica sera. Ogni volta che ne avevamo la possibilità, cosa che grazie a Dio accadde quasi sempre, io e J affrontavamo le giornate in condivisione, pasti compresi, e con la sola esclusione dello svolgimento dei compiti e della notte. Suppongo che, di fatto, ci siamo tenute in piedi l'una con l'altra.
Vedevo Marco ogni sera in cui non avevo i bambini da me.
In pratica mi nutrivo dalla madre di Jennyfer, facevo la mamma a casa mia e dormivo da Marco. Se avessi avuto il tempo e la lucidità di fermarmi a pensare al modo in cui stavo gestendo il momento avrei provato un profondo senso di vergogna per il mio martellante bisogno degli altri.
Fu quindi un gran bene che mi fossero mancati sia il tempo che la lucidità.
Di quel treno di giornate lunghissime e colme di fatiche ricordo con nitidezza solo poche sequenze.
Delle altre mi è rimasta nel cuore solo la collaborazione discreta ma fondamentale di un Ale stranamente poco polemico e la comprensione affettuosa anche se a tratti preoccupata di Marco.
Il mio chirurgo preferito non sbuffò mai per quelle notti trascorse principalmente a dormire, per le levatacce alle 4 del mattino che, anche se fingeva di no, svegliavano anche lui, né per la mia quasi totale indisponibilità a vederlo di giorno. Ogni sera in cui era possibile mi apriva la porta di casa sua, così come la dispensa e il getto di una doccia rigenerante. Ma vedevo che mi guardava con preoccupazione. Con ferma convinzione mi impedii di pensare che stesse meditando di piantarmi in asso, finché un giorno, sul tavolo della sua cucina, accanto alla tazza che ogni sera mi preparava affinché la trovassi al risveglio, mi fece trovare anche due confezioni di integratori e un'impegnativa a mio nome per degli esami del sangue. A matita, sull'impegnativa, scrisse poche parole formali, che mi commossero e mi fecero affrontare una nuova giornata di fatiche con un umore che definire stellare sarebbe stato riduttivo.
Sei troppo pallida. Se non sei anche troppo magra è solo grazie alla mamma di Jennyfer. Trova il tempo di fare il prelievo. Quello di procurarti gli integratori adeguati lo trovo io.
E poco sotto, discrete ma eleganti, altre due parole.
Ti amo.
Non me lo aveva ancora detto a voce, ma quella dichiarazione scritta valeva quanto una serenata. Cercai per casa un foglio e una matita. Gli lasciai il mio buongiorno.
Doc, se pensi che io possa portare la tua dichiarazione d'amore in farmacia per prendere un misero appuntamento ti sbagli di grosso. Io questa la metto in cassaforte: ora vado a comprarne una. Fammi trovare una nuova impegnativa stasera, ok? Farò il prelievo, promesso.
Ti amo anch'io.
Uscii da casa sua pensando a quanto fosse meraviglioso sentirmi amata da qualcuno che si preoccupava per me senza farmi sentire in colpa per questo.
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La sindrome dell'eroe
Romance🏆🏆VINCITRICE WATTYS2023🏆🏆 🥇🥇 PREMIO SPECIALE WEBTOON STUDIOS🥇🥇 Avete fame? O più... voglia di qualcosa di buono? Oggi lo chef vi propone una ricetta sfiziosa, adatta a palati romantici che non disdegnano un po' di sapore speziato, piccante m...